Misure di degiurisdizionalizzazione: dal palazzo di giustizia alla sede arbitrale

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Misure di degiurisdizionalizzazione

Misure di degiurisdizionalizzazione

Misure di degiurisdizionalizzazione: il trasferimento alla sede arbitrale di  procedimenti  pendenti  dinanzi all’autorita’ giudiziaria. 

Si è parlato molto, in questi ultimi mesi, delle misure contenute nel decreto legge 12 settembre 2014, n. 132 intitolato “Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile” pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale  Serie Generale n.212 del 12.9.2014. Il decreto è stato convertito, con modifiche, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162.

Tra le misure ritenute più significative da molti viene annoverato il “trasferimento alla sede arbitrale di  procedimenti  pendenti  dinanzi all’autorita’ giudiziaria” previsto dall’articolo 1.

La norma prevede:

1.     “Nelle cause civili dinanzi al tribunale  o  in  grado  d’appello pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, che non hanno ad oggetto diritti indisponibili e che non vertono  in  materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale, nelle quali la causa  non e’ stata assunta in  decisione,  le  parti,  con  istanza  congiunta, possono richiedere di promuovere un procedimento  arbitrale  a  norma delle disposizioni contenute nel titolo VIII del libro IV del  codice di procedura civile”. Tale facolta’ e’ consentita altresi’ nelle cause vertenti su diritti che abbiano nel contratto collettivo di lavoro la propria fonte esclusiva, quando il contratto stesso abbia previsto e disciplinato la soluzione arbitrale. Per le controversie di valore non superiore a 50.000 euro in materia di responsabilita’ extracontrattuale o aventi ad oggetto il pagamento di somme di denaro, nei casi in cui sia parte del giudizio una pubblica amministrazione, il consenso di questa alla richiesta di promuovere il procedimento arbitrale avanzata dalla sola parte privata si intende in ogni caso prestato, salvo che la pubblica amministrazione esprima il dissenso scritto entro trenta giorni dalla richiesta “ (1).

2. Il giudice, rilevata la sussistenza delle condizioni di  cui  al comma 1, ferme restando le preclusioni e  le  decadenze  intervenute, dispone la trasmissione del fascicolo  al  presidente  del  Consiglio dell’ordine del circondario in cui ha sede  il  tribunale  ovvero  la corte di appello per la nomina del collegio  arbitrale per le controversie di valore superiore ad euro 100.000 e, ove le parti lo decidano concordemente, di un arbitro per le controversie di valore inferiore ad euro 100.000 Gli arbitri sono individuati, concordemente dalle parti o dal presidente del Consiglio dell’ordine, tra gli avvocati iscritti da almeno cinque anni nell’albo dell’ordine circondariale che non hanno subito negli ultimi cinque anni condanne definitive comportanti la sospensione dall’albo e che, prima della trasmissione del fascicolo, hanno reso una dichiarazione di disponibilita’ al Consiglio stesso (1).

2-bis  La funzione di consigliere dell’ordine e l’incarico arbitrale di cui al presente articolo sono incompatibili. Tale incompatibilita’ si estende anche per i consiglieri uscenti per una intera consiliatura successiva alla conclusione del loro mandato (1).

3.      Il procedimento prosegue davanti agli arbitri. Restano fermi gli effetti sostanziali e processuali prodotti dalla domanda giudiziale e il lodo ha gli stessi effetti della sentenza.

 4. Quando la trasmissione a norma del comma 2 e’ disposta in  grado d’appello  e  il  procedimento  arbitrale  non  si  conclude  con  la pronuncia del lodo entro centoventi  giorni  dall’accettazione  della nomina del collegio arbitrale,  il  processo  deve  essere  riassunto entro il termine perentorio dei successivi sessanta giorni. E’ in facolta’ degli arbitri, previo accordo tra le parti, richiedere che il termine per il deposito del lodo sia prorogato di ulteriori trenta giorni. Quando il processo e’ riassunto il lodo non puo’ essere  piu’  pronunciato.  Se nessuna  delle  parti  procede  alla riassunzione  nel  termine,  il procedimento si estingue e si applica l’articolo 338  del  codice  di procedura civile. Quando, a norma dell’articolo  830  del  codice  di procedura  civile,  e’  stata  dichiarata  la   nullita’   del   lodo pronunciato entro il termine di centoventi giorni  di  cui  al  primo periodo o,  in  ogni  caso,  entro  la  scadenza  di  quello  per  la riassunzione, il processo deve essere riassunto entro sessanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza di nullita’ (1).

5 Nei casi di cui ai commi 1, 2, 3 e 4, con decreto regolamentare del Ministro della giustizia, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, possono essere stabilite riduzioni dei parametri relativi ai compensi degli arbitri. Nei medesimi casi non si applica l’articolo 814, primo comma, secondo periodo, del codice di procedura civile(1).

5-bis . Con il decreto di cui al comma 5 sono altresi’ stabiliti i criteri per l’assegnazione degli arbitrati tra i quali, in particolare, le competenze professionali dell’arbitro, anche in relazione alle ragioni del contendere e alla materia oggetto della controversia, nonche’ il principio della rotazione nell’assegnazione degli incarichi, prevedendo altresi’ sistemi di designazione automatica (1).

 (1) La parte sottolineata è stata aggiunta o modificata in sede di conversione del decreto legge  ad opera delll’articolo 1, comma 1, della Legge 10 novembre 2014, n. 162.

Ad una più attenta lettura riteniamo che la norma non potrà avere la portata applicativa sperata. Vediamo perché.

  • Intanto la causa deve essere pendente.
  • Inoltre, la trasmissione è rimessa  alle parti che la eserciteranno con istanza congiunta.

Il che val quanto dire che almeno una parte ha il diritto di veto e quindi potrà impedire il trasferimento.

Ciò tanto è vero che – recita la norma – le parti “possono” richiedere l’instaurazione di un procedimento arbitrale.

Dalla lettura della norma sembrerebbe che il giudice, rispetto a tale potere rimesso alle parti, sia un semplice spettatore, sta lì in posizione di soggezione. Da un lato vi è il giudice spettatore; dall’altro vi sono le parti titolari di una sorta di diritto potestativo da esercitarsi congiuntamente. A carico della parte inerte non vi è alcuna sanzione per il caso di mancato esercizio del diritto.

Ed allora sorge spontaneo chiedersi: perché dover rinunciare alla imparzialità ed alle garanzie di un giudice rispetto ad un collegio di arbitri?

In attesa della emanazione del regolamento sulla riduzione delle tariffe degli arbitri (recentemente aumentate dallo stesso Governo), vi è da chiedersi quante istanze congiunte verranno avanzate nella prassi applicativa.

In moltissime cause (se non in tutte) vi è una parte che ha torto o sa di avere torto. Vi è una parte che dalle lungaggini giudiziarie tenta, anche in buona fede, di trarre un vantaggio. Perché mai dovrebbe trasferire la causa in sede arbitrale?

L’istituto del trasferimento potrebbe funzionare se tutte le parti di una causa perseguissero lo stesso interesse, ma non è quasi mai così. Una parte vorrebbe definire il giudizio al più presto ed avere una decisione; l’altra parte potrebbe non volere la stessa cosa. Potrebbe volere una decisione il più tardi possibile, in maniera  tale, ad esempio, di poter recuperare la somma che controparte pretende di avere e che sa dover dare.

Dalla riforma sembra che la giustizia amministrata dai giudici voglia abdicare ad una giustizia “privata”. Ma questa non è la strada giusta.

Le parti hanno interessi in conflitto e se vogliono giungere ad un accordo non hanno bisogno di ricorrere all’arbitrato.

Ed allora succederà questo: l’avvocato dovrà informare la parte di tale possibilità, e la parte vorrà essere anche informata sui costi del trasferimento della causa alla sede arbitrale.

Ed io so già la risposta di almeno una delle due parti. Perchè sarà preciso obbligo dell’avvocato informare la parte del prevedibile costo degli arbitri.

Forse, prima di emanare simili disposizioni, occorreva confrontarsi con i tanti avvocati ed operatori di giustizia che hanno a che fare con cittadini – utenti di giustizia- che “non arrivano a fine mese”.

Forse tale sistema andrà bene per i soggetti con disponibilità economica o che hanno interesse reciproco al raggiungimento di un accordo. Ma per il resto non credo che tal istituto avrà grande fortuna.

Una timida “apertura” si è avuta in sede di conversione con il prevedere che “per le controversie di valore non superiore a 50.000 euro in materia di responsabilita’ extracontrattuale o aventi ad oggetto il pagamento di somme di denaro, nei casi in cui sia parte del giudizio una pubblica amministrazione, il consenso di questa alla richiesta di promuovere il procedimento arbitrale avanzata dalla sola parte privata si intende in ogni caso prestato, salvo che la pubblica amministrazione esprima il dissenso scritto entro trenta giorni dalla richiesta“.

Norma che non può che essere vista con favore ma che, di fatto, troverà scarsa applicazione, in quanto statisticamente di numero limitate sono le controversie innanzi l’Autorità giudiziaria ordinaria in cui è parte una pubblica amministrazione. Forse la norma avrebbe dovuto prevedere un consenso tacito (per il caso di mancata risposta) anche riguardo “l’altra parte” privata.

avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)

managing partner at clouvell (www.clouvell.com)

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