Cartella esattoriale: non impugnarla non allunga i termini di prescrizione

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In tema di riscossione di crediti previdenziali, il subentro dell’Agenzia delle Entrate quale nuovo concessionario non determina il mutamento della natura del credito, che resta assoggettato per legge ad una disciplina specifica anche quanto al regime prescrizionale, caratterizzato dal principio di ordine pubblico dell’irrinunciabilità della prescrizione; pertanto, in assenza di un titolo giudiziale definitivo che accerti con valore di giudicato l’esistenza del credito, continua a trovare applicazione, anche nei confronti del soggetto titolare del potere di riscossione, la speciale disciplina della prescrizione prevista dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, invece che la regola generale sussidiaria di cui all’art. 2946 c.c. (Cass. n. 31352 del 04/12/2018), e ciò in conformità alla natura di atto interno all’amministrazione attribuita al ruolo (Cass. n. 14301 del 19/06/2009).

Lo ha ribadito la Suprema Corte di Cassazione con ordinanza n.7409 del 13 marzo 2020.

Il caso

Cartella esattoriale: non impugnarla non allunga i termini di prescrizione

La questione che viene in rilievo è la seguente: un contribuente non impugna la cartella esattoriale. Essa riporta dei crediti che soggiacciono al termine di prescrizione quinquennale.

La tesi dell’INPS
Secondo l’Amministrazione tributaria, poichè la cartella non sarebbe stata impugnata, l’originario termine di prescrizione quinquennale sarebbe diventato decennale, dovendosi equiparare la cartella non impugnata alla sentenza.

Il principio della Suprema Corte
La Suprema Corte, con la sentenza sopra indicata, non è di questo avviso. Secondo i Giudici di Piazza Cavour “soccorre, in particolare, il principio di diritto enunciato da questa Corte a Sezioni Unite (Sez. U. nr. 23397 del 2016), secondo il quale «La scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo la L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10,) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato.

L’avviso di addebito
Lo stesso vale – ad avviso della Suprema Corte – per l’avviso di addebito dell’INPS, che, dall’1 gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (D.L. n. 78 del 2010, art. 30, conv., con modif., dalla L n. 122 del 2010).

Il subentro dell’Agenzia delle Entrate quale concessionario non determina il mutamento della natura del credito.
In linea con il richiamato principio, e con riferimento al preteso effetto novativo derivante dalla formazione del ruolo, questa Corte è intervenuta affermando che «In tema di riscossione di crediti previdenziali, il subentro dell’Agenzia delle Entrate quale nuovo concessionario non determina il mutamento della natura del credito, che resta assoggettato per legge ad una disciplina specifica anche quanto al regime prescrizionale, caratterizzato dal principio di ordine pubblico dell’irrinunciabilità della prescrizione; pertanto, in assenza di un titolo giudiziale definitivo che accerti con valore di giudicato l’esistenza del credito, continua a trovare applicazione, anche nei confronti del soggetto titolare del potere di riscossione, la speciale disciplina della prescrizione prevista dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, invece che la regola generale sussidiaria di cui all’art. 2946 c.c. (Cass. n. 31352 del 04/12/2018), e ciò in conformità alla natura di atto interno all’amministrazione attribuita al ruolo (Cass. n. 14301 del 19/06/2009)».

Avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)
Managing partner at clouvell (https://www.clouvell.com)

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