Il ricorso per cassazione avverso ordinanze in materia di sequestro preventivo

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Il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice.
Lo ha ribadito la Suprema Corte di Cassazione – sezione quinta penale – con sentenza n. 38734 depositata il 19 settembre 2019

Il ricorso per cassazione avverso ordinanze in materia di sequestro preventivo
Il ricorso per cassazione avverso ordinanze in materia di sequestro preventivo

Il caso
Il Tribunale del riesame confermava il decreto di sequestro preventivo di denaro per 5.600 euro e di un furgone, in relazione ai reati di furto aggravato, ai sensi dell’art 321/ 2cpp, ritenendone la confiscabilità.
Avverso l’ordinanza proponeva ricorso la difesa dell’indagato che, con unico articolato motivo deduceva il vizio di motivazione illogica, in quanto il Tribunale aveva confuso le esigenze di cautela sottese al sequestro preventivo con le finalità proprie del sequestro conservativo, avendo fatto riferimento alla necessità del sequestro per evitare la dispersione dei beni.
Sotto diverso profilo il ricorrente eccepiva che Il Tribunale era caduto in errore nel considerare superfluo il nesso di pertinenzialità tra il denaro sequestrato all’interno della casa di abitazione dell’indagato e di sua moglie ed i reati ascritti.
Anche per quanto riguarda il sequestro del furgone il provvedimento sarebbe illegittimo, in quanto non emergerebbe quella intrinseca e specifica strumentalità tra la cosa in sequestro e le attività delittuose ritenuta necessaria dalla giurisprudenza di questa Corte; neppure sarebbe stata presa in considerazione l’attualità della misura reale.

Le motivazioni della Suprema Corte
Nel ritenere parzialmente fondato il ricorso, la Suprema Corte premette che “dalla chiara disposizione di cui all’art 325 cpp e dall’interpretazione costantemente operatane da questa Corte si ricava che il ricorso per cassazione avverso ordinanze in materia di misure cautelari reali è proponibile solo per il vizio di violazione di legge. In tal senso è costante l’elaborazione di questo Giudice di legittimità, anche nella sua composizione più autorevole. Ex multis Sez. U, Sentenza n. 25932 del 29/05/2008 Cc. (dep. 26/06/2008) Rv. 239692, secondo la quale, il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice. (Conf. S.U., 29 maggio 2008 n. 25933, Malgioglio). Tale principio è stato in epoca più recente ribadito da Sez. 6, Sentenza n. 6589 del 10/01/2013 Cc. (dep. 11/02/2013 ) Rv. 254893, secondo la quale il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo, pur consentito solo per violazione di legge, è ammissibile quando la motivazione del provvedimento impugnato sia del tutto assente o meramente apparente, perché sprovvista dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e l’iter logico seguito dal giudice nel provvedimento impugnato. In senso conforme Sez. 3, Sentenza n. 4919 del 14/07/2016 Cc. (dep. 02/02/2017 )Rv. 269296;Sez. 2, Sentenza n. 18951 del 14/03/2017”.

Nella specie la motivazione è inconsistente
Orbene, applicando tali principi alla fattispecie in esame, la Suprema Corte perviene alla conclusione che “la giustificazione data dai Giudici triestini” appare “inconsistente sotto il profilo logico giuridico nel passaggio in cui ha fatto riferimento, per spiegare il ritenuto periculum in mora, alla necessità di intervenire in via cautelare prima della sentenza definitiva al fine di evitare che l’autoveicolo venga alienato ed il denaro disperso a causa delle cattive condizioni economiche in cui verserebbe l’indagato”.
Per gli Ermellini, difatti, “tale affermazione da un lato sembra confondere le finalità del sequestro conservativo ad istanza della parte civile ed a presidio delle obbligazioni civili nascenti da reato, di cui all’art. 316/2 cpp, con quelle del sequestro preventivo, e dall’altro è incongrua da sola a giustificare la ritenuta confiscabilità del denaro e del veicolo, presupposto sul quale è fondata l’ordinanza”.
D’altra parte – proseguono i Giudici di legittimità – improprio appare il riferimento alla pronunzia Sez. U, Sentenza n. 10561 del 30/01/2014 Cc. (dep. 05/03/2014) Rv. 258647 dalla quale si è tratta la conclusione per cui riguardo al denaro il sequestro preventivo finalizzato alla confisca è sempre sganciato dall’accertamento delle pertinenzialità. Difatti, chiariscono i Giudici di Piazza Cavour, la citata sentenza si riferisce all’ipotesi – tutt’affatto differente – del reato tributario commesso dal legale rappresentante di una persona giuridica e del profitto derivante da esso rimasto nella disponibilità dell’ente, e non potendo considerarsi questo soggetto estraneo al detto reato, riguardo al quale si è affermato che ne è legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta.
La motivazione appare però sussistente riguardo il sequestro del denaro
Precisa la Suprema Corte che “nonostante le suindicate singolarità motivazionali, l’ordinanza ha poi chiarito correttamente e plausibilmente la probabile derivazione del denaro sequestrato dagli illeciti addebitati all’attuale ricorrente, facendo riferimento al profitto derivante dalle azioni furtive che egli stesso aveva ammesso di aver compiuto, a causa delle cattive condizioni economiche, dando in tal modo dimostrazione del nesso di pertinenzialità tra il denaro trovato in possesso dell’indagato e i furti accertati nel corso delle indagini”.

Il sequestro del denaro e gli indizi della provenienza illecita delle cose sequestrate.
Le censure avanzate dal ricorrente non incidono su questa parte della motivazione che è resa, altresì, in armonia con il solido orientamento giurisprudenziale della Corte di legittimità che, in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto del reato costituito da somme di denaro, ha sottolineato la necessità di evidenziare la presenza di indizi della provenienza illecita delle cose sequestrate o del denaro direttamente dall’attività del soggetto agente, per evitare un’estensione indefinita della nozione di profitto tale da ricomprendere qualsiasi vantaggio patrimoniale indiretto o mediato che possa scaturire da un reato. Sez. 5, Sentenza n. 16008 del 12/02/2015 Cc. (dep. 16/04/2015) Rv. 263702. Conforme:Sez. 6, Sentenza n. 15923 del 26/03/2015 Cc. (dep. 16/04/2015) Rv. 263124.

Il sequestro del veicolo
A diverse conclusioni La Suprema Corte giunge quanto alle ragioni poste a sostegno del permanere del vincolo reale sul veicolo sequestrato, in quanto il Tribunale lo ha giudicato strumentalmente essenziale all’esecuzione dei furti e, pertanto, dotato di una pericolosità intrinseca. In tal senso è stato posto in evidenza che al suo interno erano stati trovati oggetti di provenienza illecita, che in più occasioni vi era stata occultata merce appena sottratta dal magazzino e che era stato, altresì, usato per la vendita dei telefonini rubati.

L’uso episodico del veicolo
Da tali considerazioni gli Ermellini traggono in via logica la conclusione che il veicolo in questione fosse stato utilizzato a più riprese nell’ambito delle attività furtive realizzate dall’indagato ma in maniera episodica, non emergendo elementi per ritenere che esso fosse intrinsecamente e necessariamente collegato ai plurimi furti perpetrati dall’indagato.

Il requisito della pertinenzialità
In proposito i Giudici di Piazza Cavour ricordano che “per l’adozione della misura cautelare del sequestro preventivo è necessaria la sussistenza della pertinenzialità del bene sequestrato, nel senso che il bene oggetto di sequestro deve caratterizzarsi per una intrinseca, specifica e strutturale strumentalità rispetto al reato commesso, non essendo sufficiente una relazione meramente occasionale. Sul punto si vedano Sez. 5, Sentenza n. 52251 del 30/10/2014 Cc. (dep. 16/12/2014 ) Rv. 262164; Sez. 6, Sentenza n. 17997 del 20/03/2018 Cc. (dep. 20/04/2018) Rv. 272906”.
E poiché il provvedimento confermativo del sequestro del veicolo risulta adottato con motivazione errata in diritto, poiché in disarmonia con l’interpretazione data dalla Corte di legittimità circa il necessario nesso di intrinseca strumentalità tra il bene e l’attività illecita esso viene pertanto sul punto annullato.

Una breve riflessione
La sentenza in rassegna è molto interessante sotto due connessi ma diversi profili.
Innanzitutto, richiama, ribadendolo, il consolidato principio in forza del quale il ricorso per cassazione avverso le misure cautelari reali può essere proposto esclusivamente per violazione di legge.
Sotto altro profilo, poi, chiarisce quale debbano essere i presupposti per l’adozione ed il mantenimento del sequestro preventivo nei casi in cui oggetto del vincolo siano somme di danaro o cose.
Se trattasi di somme di danaro è richiesta la sussistenza di indizi della provenienza illecita del denaro direttamente dall’attività del soggetto agente.
Se trattasi di cose (come nelle specie, autoveicolo) è necessaria, inoltre, la sussistenza della cd. pertinenzialità del bene sequestrato,” nel senso che il bene oggetto di sequestro deve caratterizzarsi per una intrinseca, specifica e strutturale strumentalità rispetto al reato commesso, non essendo sufficiente una relazione meramente occasionale”.

Avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)
Managing partner at clouvell (www.clouvell.com)

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