In caso di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, il rigetto dell’impugnazione preclude l’applicazione del disposto di cui all’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002, e cioè in tale ipotesi non sorge l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 22646 depositata il giorno 11 settembre 2019.
Il caso.
In un giudizio dinnanzi la Suprema Corte, i giudici di legittimità, dopo aver rigettato le domande del ricorrente ammesso al gratuito patrocinio, ed aver precisato che la competenza sulla liquidazione dei compensi al difensore per il ministero prestato nel giudizio di cassazione spetta, ai sensi dell’art. 83 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, al giudice che ha pronunciato la sentenza passata in giudicato a seguito dell’esito del giudizio di cassazione (Cass., Sez. VI, 31 maggio 2018, n. 13806; Cass. sez. III, 13 maggio 2009, n. 11028; Cass. Sez. I, 12 novembre 2010, n. 23007), hanno affermato il principio di cui in massima, e cioè che “essendovi stata ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato, il rigetto dell’impugnazione preclude l’applicazione del disposto di cui all’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002 (Cass., Sez. Lav., 5 giugno 2017, n. 13935; Sez. VI, 22 marzo 2017, n. 7368; Cass., Sez. Lav., 2 aprile 2014, n. 18523)”.
La Suprema Corte non condivide il più recente e diverso orientamento
In particolare, gli Ermellini non condividono, sul punto, il più recente e diverso orientamento espresso dalla Suprema Corte, laddove statuisce che il versamento dell’ulteriore contributo di cui all’art. 13, comma 1- quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 opera anche in caso di ammissione della parte al patrocinio a spese dello Stato nel giudizio civile (Cass., Sez. I, 5 aprile 2019, n. 9660).
Detto (diverso) arresto – per il Suprema Collegio estensore della sentenza in epigrafe indicata – “valorizza la circostanza che il raddoppio del contributo unificato è obbligazione ex lege che prescinde dalle condizioni soggettive della parte, laddove l’ammissione al gratuito patrocinio non è causa di esenzione dal contributo; valorizza, inoltre, l’evento della revoca del provvedimento ammissivo al gratuito patrocinio, in caso di mutamento della condizione soggettiva del beneficiario, nel qual caso la mancata previsione del raddoppio nel provvedimento conclusivo del giudizio di impugnazione potrebbe rivelarsi pregiudizievole per il successivo recupero del credito; la suddetta pronuncia fa leva, infine, sull’argomento secondo cui avverso la pronuncia sfavorevole assunta dal giudice della causa sarebbe sempre possibile ricorrere in sede di riscossione”.
Tali argomentazioni non appaiono però convincenti per i giudici della Suprema Corte atteso che “la prenotazione a debito costituisce presupposto della successiva annotazione in sede amministrativa per il recupero a futura memoria di una voce di spesa nei confronti di chi di ragione. Questo recupero, in caso di revoca del provvedimento di ammissione conseguente a mutamento della condizione soggettiva del beneficiario, non può avvenire a carico del beneficiario per le spese del giudizio in corso”.
Le ragioni della non condivisione dell’opposto orientamento.
Per i Giudici della Suprema Corte, in primo luogo la revoca presuppone un provvedimento di revoca del giudice della causa (salva, nel caso di specie, la competenza del giudice delegato ai fallimenti nel caso di specie a termini dell’art. 144 d.P.R. n. 115/2002, cit.), provvedimento che dovrebbe essere assunto nel corso del giudizio e in limine con la decisione finale.
In secondo (e più rilevante) luogo, l’eventuale revoca del beneficio non potrebbe operare retroattivamente in danno del beneficiario a termini dell’art. 136, comma 3, d.P.R. n. 115/2002, cit., salvo che si verifichi la fattispecie delittuosa di cui all’art. 125 d.P.R. cit. di falsa attestazione finalizzata all’ottenimento del gratuito patrocinio.
La previsione del raddoppio del contributo comporterebbe, pertanto, – proseguono i Giudici di Piazza Cavour – l’onere dell’annotazione a debito nei registri del campione civile, quale formalità finalizzata a garantire il recupero delle spese civili anticipate, che non potrebbe trovare applicazione retroattiva in caso di revoca delle condizioni soggettive, circostanza, peraltro, evidenziata da Cass. n 9660/2016, cit., ove osserva che il foglio notizie con l’iscrizione della prenotazione a debito, ove perdurino le condizioni che hanno dato origine all’ammissione al gratuito patrocinio, va chiuso.
Infine, i Giudici di Piazza Cavour non condividono nemmeno “l’argomento secondo cui la questione della insussistenza dei presupposti potrebbe essere sollevata in sede di riscossione, posto che – prescindendosi dalla preclusione che comporta la definitività della statuizione del giudice che attesti i requisiti del raddoppio del contributo – l’affermazione secondo cui l’eventuale erroneità della indicazione di sussistenza dei presupposti per il versamento del raddoppio del contributo unificato possa essere segnalata in sede di riscossione si porrebbe in contrasto con l’art. 6 della CEDU, con riguardo ai tempi ragionevoli del processo e al principio dell’esame equo della propria controversia e con l’art. 47 della Carta Fondamentale dell’Unione Europea (Cass., Sez. Lav., 5 giugno 2017, n. 13935; Cass., Sez. VI, 5 ottobre 2017, n. 23281; Cass., Sez. I, 30 ottobre 2018, n. 27699)”.
Il principio di diritto
Da qui il principio di diritto espresso: in caso di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, il rigetto dell’impugnazione preclude l’applicazione del disposto di cui all’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002, e cioè in tale ipotesi non sorge l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
Una breve riflessione.
Sentenza interessante quella in rassegna, in quanto il principio espresso rappresenta uno scostamento da altro più recente ed opposto orientamento dello stesso Giudice di legittimità.
Le ragioni prospettate sono comunque condivisibili ed appaiono, rispetto a quelle poste a base dell’opposto orientamento, maggiormente coerenti all’impianto normativo della disciplina del DPR 115/2002.
Ci auguriamo che il contrasto si risolva senza il ricorso alle Sezioni Unite.
Avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)
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