Sulla responsabilità del subvettore nel C.M.R. (Convenzione di Ginevra)

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Qualora il vettore abbia affidato di sua iniziativa l’esecuzione totale o parziale del trasporto di cose ad altro vettore – che viene così ad assumere la qualifica di subvettore – rimane integra in relazione al contratto di subtrasporto la costruzione dello stesso in termini di contratto a favore di terzi. Ne deriva che il destinatario, quale beneficiario del contratto, è legittimato ad esercitare nei confronti del subvettore diritti derivanti dalla sua sostituzione al mittente, compreso quello di esigere il risarcimento del danno per la perdita o l’avaria delle cose trasportate. Di conseguenza,  il combinato disposto degli artt. 3 e 13 CMR (contratto internazionale delle merci su ruota approvata con legge 6 dicembre 1960, n. 1621 e poi, a seguito di talune modifiche, con legge 27 aprile 1982, n. 242), e segnatamente la norma in base alla quale il vettore risponde, come se fossero propri, degli atti e delle omissioni dei suoi dipendenti e di tutte le altre persone dei cui servizi si avvale per l’esecuzione del trasporto, non è preclusivo della praticabilità delle tutele offerte dalla disciplina del contratto a favore di terzo in relazione al contratto di subtrasporto e conseguentemente l’azione volta a far valere le inadempienze del subvettore non è esperibile nei soli confronti del vettore, ma anche direttamente nei confronti del subvettore, in pieno parallelismo con la disciplina del codice civile, ove il riconoscimento al destinatario della qualità di terzo in relazione al contratto di subtrasporto non preclude la perdurante operatività della regola di cui all’art. 1228 cod. civ.

Lo ha ribadito la Suprema Corte di Cassazione – sezione terza civile – con sentenza n. 14665 del 14 luglio 2015

Sulla responsabilità del subvettore nella C.M.R. (Convenzione di Ginevra)

Sulla responsabilità del subvettore nella C.M.R. (Convenzione di Ginevra)

Il caso

Una società convenne innanzi al Tribunale di Trento il subvettore che aveva effettuato il trasporto di beni per conto del vettore, chiedendone la condanna al pagamento della somma di euro 144.404,52, pari ai danni da essa subiti per la perdita della merce oggetto di un trasporto internazionale da Barcellona all’Albania.

Premesso di agire quale cessionaria del credito vantato dal destinatario, espose l’attrice, a sostegno della domanda, che nel novembre del 2005 la società vettore aveva incaricato la ditta subvettore di trasferire dei capi di abbigliamento dalla Spagna a Tirana, ove era ubicata l’impresa alla quale il carico era diretto; che tuttavia il 26 novembre 2005 il conducente dell’autoarticolato aveva denunciato ai Carabinieri di S. Michele all’Adige il furto della mercanzia, avvenuto in un’area di servizio dell’autostrada.

Resistette il convenuto, segnatamente deducendo che incaricata del trasporto non era lei ma il vettore del quale l’attore era socio.

Il giudice adito rigettò la domanda, ritenendo fondata l’eccezione di difetto di titolarità passiva del rapporto dedotto in giudizio in capo al convenuto.

Con la sentenza impugnata, depositata in data 13 maggio 2011, la Corte d’appello di Trento ha respinto il gravame proposto dalla società attrice.

Da qui il ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

Le motivazioni del giudice di merito

Nel motivare il suo convincimento il giudice di merito ha osservato quanto segue:

  • a) la lettera di vettura indicava, quale unico soggetto, il vettore della quale il convenuto era socio;
  • b) nella stessa veniva precisato che il trasporto era sottoposto, nonostante eventuali clausole contrarie, alla Convenzione di Ginevra relativa al contratto internazionale delle merci su ruota, c.d. CMR, approvata con legge 6 dicembre 1960, n. 1621 e poi, a seguito di talune modifiche, con legge 27 aprile 1982, n. 242;
  • c) il richiamo comportava che il rapporto doveva intendersi disciplinato dalla sola Convenzione, con esclusione di qualsivoglia altra normativa;
  • d) l’art. 3 di tale atto dispone che “il vettore risponde, come se fossero propri, degli atti e delle omissioni dei suoi dipendenti e di tutte le altre persone dei cui servizi si avvale per l’esecuzione del trasporto”;
  • e) nella fattispecie il subvettore era carente di legittimazione passiva;
  • f) le prove offerte da parte attrice al fine di dimostrare che il vettore non era la società risultante dal contratto non potevano essere ammesse, perché l’art. 9 della Convenzione consentiva di fornire la prova contraria, rispetto a quanto risultante dalla lettera di vettura, ma limitatamente alle “condizioni del contratto” e al “ricevimento della merce”, laddove nella fattispecie la contestazione riguardava l’individuazione di una delle parti contraenti.

I motivi di ricorso

Di tale decisione si duole quindi il ricorrente che, con il primo motivo di ricorso, lamenta, ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 6, paragrafo primo, lett. K della Convenzione di Ginevra, secondo cui la lettera di vettura deve contenere l’indicazione che, nonostante qualsiasi, contraria clausola, il trasporto é da essa disciplinato.

Le critiche si appuntano, in particolare, contro l’affermazione del giudice di merito secondo cui l’inserimento di tale disposizione nella lettera di vettura comporterebbe l’applicabilità, in via esclusiva, della disciplina comunitaria al contratto di trasporto laddove, secondo l’esponente, la menzionata previsione non escluderebbe affatto che la normativa nazionale sia applicabile per complementare, integrare e colmare le lacune della CMR.

Con il secondo mezzo l’impugnante denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 4 e 9 CMR, secondo cui una eventuale irregolarità della lettera di vettura non pregiudica né l’esistenza, né la validità del contratto di trasporto, che resta sottoposto alle disposizioni della Convenzione.

Sostiene che nella fattispecie incaricato del trasporto era il subvettore e che per un mero errore materiale nella lettera di vettura era stato indicato come vettore la ditta albanese, della quale il convenuto aveva solo noleggiato il veicolo. Evidenzia quindi che nel giudizio di gravame l’appellante aveva richiamato la documentazione in atti dimostrativa di siffatta svista, ma la Corte d’appello aveva respinto la censura, erroneamente escludendo che l’effettiva identità del vettore rientrasse tra le condizioni del contratto suscettibili di prova contraria ex art. 9 CMR. E invece dai documenti prodotti, inerenti alla denuncia del furto e ai contatti intercorsi con Toro Assicurazioni, emergeva in maniera inconfutabile che il vettore effettivo era l’odierno convenuto.

Con il terzo motivo si deduce violazione degli artt. 3 e 13, comma 1, CMR, secondo cui, in caso di accertata perdita della merce, il destinatario è autorizzato a far valere in suo nome, nei confronti del vettore, i diritti derivanti dal contratto di trasporto, senza specificare se vettore possa essere considerato il vettore effettivo, il subvettore o il vettore contrattuale.

In tale contesto, erroneamente la Corte d’appello avrebbe desunto dall’affermata responsabilità del vettore anche per gli atti e le omissioni dei propri dipendenti e degli altri soggetti di cui lo stesso si avvale per l’esecuzione del contratto, la carenza di legittimazione passiva del subvettore nel giudizio intentato dal destinatario della merce perduta, senza considerare che sia il contratto di trasporto nazionale, regolato dal codice civile, sia quello internazionale, disciplinato dalla Convenzione di Ginevra, si atteggiano come contratto a favore di terzo.

Perché la Suprema Corte accoglie il ricorso.

Per gli Ermellini occorre muovere dalla considerazione che l’art. 13 della Convenzione di Ginevra del 19 maggio 1956, relativa al contratto di trasporto internazionale di merci su strada (c.d. CMR), attribuisce, al pari dell’art. 1689 cod. civ., la titolarità del diritto all’indennizzo, in ragione della incidenza del pregiudizio conseguente alla perdita, ovvero al deterioramento delle cose trasportate. Ne deriva che, sia con riferimento alla disciplina codicistica, sia con riferimento alla disciplina dettata dalla Convenzione di Ginevra, il contratto di trasporto viene a configurarsi come contratto a favore di terzi. In tale contesto l’adesione manifestata dal destinatario con la richiesta di riconsegna della merce trasportata corrisponde alla dichiarazione del terzo di voler beneficiare della stipulazione in suo favore: in particolare, la sostituzione del destinatario al mittente, nei diritti derivanti dal contratto (tra i quali pacificamente rientra quello al risarcimento del danno per la perdita o l’avaria del carico), avviene nel momento in cui, arrivate le cose a destinazione o scaduto il termine, legale o convenzionale per il loro arrivo, lo stesso ne richieda la riconsegna (cfr. Cass. civ. 30 gennaio 2014, n. 2075; Cass. civ. 17 giugno 2013, n. 15107; Cass. civ. 4 giugno 2007, n. 12963; Cass. civ. 4 ottobre 1991, n. 10392).

Se tutto questo è vero – prosegue la Suprema Corte – non v’è ragione per escludere che il destinatario abbia qualità di terzo in relazione, altresì, al contratto di subtrasporto.

Il principio di diritto ribadito dalla Suprema Corte

E invero, qualora il vettore abbia affidato di sua iniziativa l’esecuzione totale o parziale del trasporto di cose ad altro vettore – che viene così ad assumere la qualifica di subvettore – rimane integra in relazione al contratto di subtrasporto la costruzione dello stesso in termini di contratto a favore di terzi. Ne deriva che il destinatario, quale beneficiario del contratto, è legittimato ad esercitare nei confronti del subvettore diritti derivanti dalla sua sostituzione al mittente, compreso quello di esigere il risarcimento del danno per la perdita o l’avaria delle cose trasportate (cfr. Cass. civ. 28 settembre 2009, n. 20756; Cass. civ. 7 maggio 1999, n. 4593).

Il contratto di trasporto e la Convenzione di Ginevra

Siffatti principi, enunciati con riferimento al contratto di trasporto regolato dalle norme codicistiche, si prestano a operare anche con riferimento a quello regolato dalla Convenzione di Ginevra, non ostandovi diposizioni di segno contrario, né, tanto meno, ragioni di ordine logico.

Secondo gli Ermellini, l’errore giuridico in cui è incorso il giudice di merito è stato invero quello di ritenere il comb. disp. degli artt. 3 e 13 CMR – e segnatamente la norma in base alla quale il vettore risponde, come se fossero propri, degli atti e delle omissioni dei suoi dipendenti e di tutte le altre persone dei cui servizi si avvale per l’esecuzione del trasporto – preclusivo della praticabilità delle tutele offerte dalla disciplina del contratto a favore di terzo in relazione al contratto di subtrasporto e conseguentemente esperibile nei soli confronti del vettore l’azione volta a far valere le inadempienze del subvettore, laddove è vero il contrario, in pieno parallelismo con la disciplina del codice civile, ove il riconoscimento al destinatario della qualità di terzo in relazione al contratto di subtrasporto non preclude la perdurante operatività della regola di cui all’art. 1228 cod. civ.

Una breve riflessione

La sentenza in argomento appare molto interessante perché fissa dei principi in materia di trasporto relativamente alla Convenzione di Ginevra, e segnatamente in relazione al contratto internazionale delle merci su ruota, c.d. CMR, approvata con legge 6 dicembre 1960, n. 1621 e poi, a seguito di talune modifiche, con legge 27 aprile 1982, n. 242.

In buona sostanza, entrambi i giudici di merito avevano ritenuto che la CMR escludesse una responsabilità diretta del subvettore in confronto del destinatario delle merci, e ciò sul presupposto (erroneo) che la norma (della CMR) in base alla quale il vettore risponde, come se fossero propri, degli atti e delle omissioni dei suoi dipendenti e di tutte le altre persone dei cui servizi si avvale per l’esecuzione del trasporto fosse preclusiva della praticabilità delle tutele offerte dalla disciplina del contratto a favore di terzo in relazione al contratto di subtrasporto e che di conseguenza fosse esperibile nei soli confronti del vettore (e non anche del subvettore) l’azione volta a far valere le inadempienze del subvettore stesso.

La Suprema Corte pone al centro del principio la norma contenuta nell’articolo 1228 del codice civile a mente della quale “salva diversa volontà delle parti, il debitore che nell’adempimento dell’obbligazione si vale dell’opera di terzi, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro”.

Tale disposizione viene richiamata dai giudici di piazza Cavour per ribadire che il riconoscimento al destinatario della qualità di terzo in relazione al contratto di subtrasporto non preclude la perdurante operatività della regola di cui all’art. 1228 cod. civ.

Come dire, ci troviamo di fronte ad una disciplina che, semmai, rafforza le garanzie del destinatario della merce piuttosto che limitarne la portata. Le norme che recepiscono la Convenzione di Ginevra, pertanto, non vanno interpretate in senso restrittivo, ma in linea con la interpretazione che il codice civile italiano dà al contratto a favore dei terzi ed al trasporto.

D’altronde, sarebbe veramente iniquo e contrario ai principi generali escludere a priori qualsiasi forma di responsabilità del subvettore in confronto del destinatario che ha richiesto la riconsegna della merce. La norma, nella lettura offerta dalle decisioni dei giudici di merito, sarebbe in contrasto con la Carta costituzionale e con i principi di diritto internazionale.

avv. Filippo Pagano (f.pagano@clovuell.com)

managing partner at clouvell (www.clouvell.com)

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