Querela di falso ed omessa comunicazione al Pubblico Ministero

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Nel giudizio di appello relativo alla querela di falso è necessario che la pendenza del processo venga comunicata al P.M. presso il giudice “ad quem”, affinché egli sia posto in grado di intervenire, ai sensi dell’art. 221, co. 3, c.p.c., derivandone, in mancanza, la nullità del procedimento.

Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione – sezione prima civile – con sentenza n. 17542 del 3 settembre 2015

Querela di falso ed omessa comunicazione al Pubblico Ministero

Querela di falso ed omessa comunicazione al Pubblico Ministero

Il caso

Con atto di citazione notificato il 28.7.2010, una donna proponeva opposizione avverso un decreto ingiuntivo emesso su istanza dell’ex marito dal presidente del Tribunale di Tempio Pausania, e fondato su due scritture private contenenti una ricognizione di debito a favore di quest’ultimo.

In corso di causa, l’opponente proponeva querela di falso, ai sensi degli artt. 221 e ss. c.p.c., contro le suddette scritture, assumendo che le firme in calce ai documenti in questione sarebbero state da lei apposte su fogli in bianco, poi riempiti abusivamente dall’ex marito senza alcuna autorizzazione della querelante.

Il Tribunale di Tempio Pausania accoglieva la domanda dichiarando la falsità delle scritture private impugnate.

L’appello proposto dall’ex marito avverso tale decisione veniva, altresì, rigettato dalla Corte di Appello di Cagliari, sezione di staccata di Sassari.

Con tale decisione il giudice di seconde cure riteneva comprovata la disponibilità, da parte dell’ex marito, di fogli firmati in bianco dalla ex moglie, e reputava che costituisse onere dell’appellante dimostrare il rapporto fondamentale sottostante alla ricognizione di debito ex art. 1988 c.c., contenuta nelle scritture in questione, sì da consentire all’organo giudicante di escludere che vi fosse stato un abusivo utilizzo, da parte dell’appellante, di eventuali fogli sottoscritti in bianco dalla ex moglie. In difetto di tale dimostrazione, la falsità di dette dichiarazioni veniva, di conseguenza, confermata dal giudice del gravame. Da qui il ricorso per cassazione.

I motivi di ricorso

Col primo motivo il ricorrente rileva che al processo di appello non avrebbe partecipato – né sarebbe stato posto in condizioni di partecipare, non essendogli stata comunicata la pendenza del giudizio, il Pubblico Ministero presso il giudice di seconde cure, sebbene fosse stata proposta in corso di causa una querela di falso, per la quale la partecipazione di tale organo pubblico è obbligatoria ai sensi dell’art. 221, co. 3, c.p.c.

Perché la Suprema Corte accoglie il primo motivo.

Osserva la Suprema Corte che nel giudizio di appello relativo alla querela di falso, mentre non è necessario che il gravame sia proposto anche nei confronti del P.M. presso il giudice “a quo”, in quanto egli non può considerarsi parte nel processo e non è legittimato a proporre impugnazione, è – per contro – necessario che la pendenza del giudizio venga comunicata al P.M. presso il giudice “ad quem”, affinché egli sia posto in grado di intervenire, ai sensi dell’art. 221, co. 3„ c.p.c.

Le conseguenze della omissione della comunicazione al PM presso il giudice “ad quem“.

Ne discende – proseguono i giudici di Piazza Cavour – che il procedimento di appello, nel caso di omissione di tale comunicazione, deve ritenersi affetto da nullità (cfr., ex plurimis, Cass. 15504/2002; 18051/2004; 21092/2007; 22232/2014).

E poiché nel caso concreto, dall’esame della decisione impugnata, non si evince in alcun modo l’adempimento di tale obbligo da parte della Corte di Appello, e neppure l’indicazione dell’Ufficio in questione risulta dall’intestazione della medesima sentenza, la sentenza viene cassata con assorbimento dei restanti motivi di ricorso.

Il principio di diritto.

Nel disporre il rinvio, la Suprema Corte ha onerato il giudice di rinvio di fare applicazione del seguente principio di diritto: “nel giudizio di appello relativo alla querela di falso è necessario che la pendenza del processo venga comunicata al P.M. presso il giudice “ad quem”, affinché egli sia posto in grado di intervenire, ai sensi dell’art. 221, co. 3, c.p.c., derivandone, in mancanza, la nullità del procedimento“.

Una breve riflessione.

La sentenza in argomento riveste interesse per il giurista in quanto, sulla linea di una linea interpretativa, chiarisce quale sia la posizione del Pubblico Ministero nell’ambito del giudizio di querela di falso.

Come è noto, l’articolo 221 del codice civile di rito stabilisce, al terzo comma, che è obbligatorio l’intervento nel processo del pubblico ministero.

Dunque, la posizione della parte pubblica è sui generis: intervento obbligatorio non sta a significare che il PM deve intervenire, ma che deve essere messo in condizione di poter intervenire.

Da qui è facile comprendere i motivi per i quali i giudici di piazza Cavour hanno cassato la sentenza impugnata: non perché il PM non era intervenuto, ma perché non era stato messo in condizioni di intervenire.

La Corte di legittimità chiarisce inoltre che l’atto di appello non deve essere notificato al PM presso il giudice “a quo” in quanto costui non è una parte processuale, ma al PM presso il giudice “ad quem” deve essere data comunicazione, da parte della cancelleria, della pendenza del procedimento.

A margine non può non rilevarsi come sarebbe molto più semplice prevedere un onere a carico dell’appellante di informare il PM ed un termine decadenziale per il rilievo della omessa notifica (ad esempio, entro i termini per la precisazione delle conclusioni). E ciò per evitare che la parte soccombente possa “sfruttare” ex post una nullità di cui si era resa conto già nel corso del giudizio ma che non aveva eccepito nella speranza di un esito a sé favorevole.

avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)

managing partner at clouvell (www.clouvell.com)

 

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