La personalizzazione del danno non patrimoniale

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Qualora il giudice, al fine di soddisfare esigenze di uniformità di trattamento su base nazionale, proceda alla liquidazione equitativa del danno non patrimoniale in applicazione delle “tabelle” predisposte dal Tribunale di Milano, nell’effettuare la necessaria personalizzazione di esso in base alle circostanze del caso concreto, può certamente superare i limiti minimi e massimi degli ordinari parametri previsti dalla cd. tabella milanese; ciò può avvenire peraltro solo quando la specifica situazione presa in considerazione non rientri nell’ambito dell’ordinario e pur differenziato atteggiarsi delle varie possibili circostanze in astratto idonee ad orientare la liquidazione stessa tra il minimo ed il massimo del parametro tabellare, ma si caratterizzi  per la presenza di circostanze di cui il parametro stesso non possa aver già tenuto conto, in quanto elaborato in base all’oscillazione ipotizzabile nell’ambito delle diverse situazioni ordinariamente configurabili secondo l’id quod plerumque accidit; in tal caso il giudice deve dare adeguatamente conto in motivazione di tali circostanze e di come esse siano state considerate.

Lo ha affermato la Suprema Corte di Cassazione – sezione terza civile – con sentenza n.3505 del 23 febbraio 2016

La personalizzazione del danno non patrimoniale

La personalizzazione del danno non patrimoniale

Il caso

In data 9 aprile 1998 un genitore decedeva presso un Ospedale, nel corso di un’operazione chirurgica per l’amputazione dell’avampiede sinistro resasi necessaria a seguito dello schiacciamento riportato nell’incidente di cui era rimasto vittima il 1°  aprile 1998, quando era stato investito da un trattore di proprietà di una società, condotto dal futuro socio e assicurato per la responsabilità civile da una compagnia di assicurazioni.

Nel settembre 2000 le figlie della vittima agivano per il risarcimento dei danni (sia in proprio che a titolo ereditario) nei confronti della società proprietaria del trattore e dei suoi soci, della compagnia di assicurazione, della Azienda U.L.S.S. territorialmente competente e del medico anestesista. La convivente more uxorio del deceduto interveniva nel giudizio per ottenere a sua volta il risarcimento dei danni subiti.

Il Tribunale di Treviso – sezione distaccata di Conegliano, accoglieva parzialmente le domande. La Corte di merito, successivamente adita dalle danneggiate accoglieva solo parzialmente l’appello. Da qui il ricorso per cassazione.

I motivi del ricorso per cassazione

Con il primo motivo del ricorso principale viene denunziata «violazione dell’art. 1226 c.c. (richiamato dall’art. 2056 c.c.) in relazione alla mancata applicazione dei valori numerici delle tabelle di Milano sui danni da morte (art. 360 n. 3 c.p.c.)».

Con il secondo motivo del medesimo ricorso principale si deduce «insufficiente e contraddittoria motivazione sul procedimento estimatorio che ha contenuto l’entità del risarcimento dei ccdd.. danni parentali da morte in una somma inferiore a quella minima prevista nella pur citata Tabella di Milano ed. 2011 in relazione alla morte di un genitore per due figlie non ancora trentenni (art. 360 n. 5 c.p.c.)».

Con tali motivi – evidentemente connessi e quindi da esaminare congiuntamente – le ricorrenti si dolgono della liquidazione, da parte della corte di appello, del danno non patrimoniale loro derivato dalla morte del genitore in soli ulteriori € 32.000,00 (all’attualità) rispetto alla somma di € 66.000,00 (oltre interessi e rivalutazione monetaria) già riconosciuta in primo grado a ciascuna di esse.

Deducono:

  • a) che tale importo sarebbe inferiore a quello minimo previsto dalle tabelle per la liquidazione dei danni non patrimoniali elaborate dall’Osservatorio per la Giustizia Civile di Milano per l’anno 2011 (€ 154.350,00), che pure la corte aveva dichiarato di intendere applicare;
  • b) che le circostanze di fatto da quest’ultima richiamate ai fini della individuazione del quantum concreto del risarcimento non potevano costituire sufficienti e logiche ragioni idonee a giustificare la sostanziale disapplicazione, anche nel valore minimo, della indicata previsione tabellare;
  • c) che non si era tenuto conto dell’età del vittima (circa 56 anni), e di altre circostanze che avrebbero deposto in favore del forte legame tra questa e le figlie.

L’esame dei primi due motivi del ricorso principale: la liquidazione del danno non patrimoniale in un importo inferiore al “minimo tabellare

Secondo gli Ermellini, la determinazione del risarcimento del danno non patrimoniale, da parte della corte di appello, è avvenuta in un importo inferiore al minimo previsto dalle cd. tabelle milanesi del 2011 (ciò anche a voler considerare la rivalutazione sulla somma liquidata originariamente dal tribunale), che pure la corte stessa ha espressamente dichiarato intendere applicare, in conformità alla ormai consolidata giurisprudenza della Suprema Corte (a partire da Cass., Sez. 3, Sentenza n. 12408 del 7 giugno 2011; cfr., ad es., tra le più recenti, ex multis: Sez. 3, Sentenza n. 20895 del 15 ottobre 2015; Sez. L, Sentenza n. 13982 del 7 luglio 2015; Sez. 3, Sentenza n. 12717 del 19 giugno 2015; Sez. 3, Sentenza n. 24205 del 13 novembre 2014; Sez. 3, Sentenza n. 4447 del 25 febbraio 2014).

Ciò avrebbe peraltro richiesto – secondo i giudici di piazza Cavour – adeguata motivazione, in considerazione della situazione di fatto emergente dalla sentenza impugnata e delle circostanze dedotte e dimostrate dalle parti in sede di merito, per non incorrere nel vizio di violazione di legge denunziato.

Ed infatti, secondo l’orientamento della Corte regolatrice, appena richiamato, «nella liquidazione del danno biologico, quando manchino criteri stabiliti dalla legge, l’adozione della regola equitativa di cui all’art. 1226 c.c. deve garantire non solo una adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l’uniformità di giudizio a  fronte di casi analoghi,  essendo intollerabile e non rispondente ad equità che danni identici possano essere liquidati in misura diversa  sol perché esaminati da differenti Uffici giudiziari; garantisce tale  uniformità di trattamento il riferimento al criterio di liquidazione predisposto dal Tribunale di Milano, essendo esso già ampiamente diffuso sul territorio nazionale – e al quale la S. C., in applicazione dell’art. 3 Cost., riconosce la valenza, in linea generale, di parametro di conformità della valutazione equitativa del danno biologico alle disposizioni di cui agli artt. 1226 e 2056 c. c. -, salvo che non sussistano in concreto circostanze idonee a giustificarne l’abbandono; l’applicazione di diverse tabelle, ancorché comportante liquidazione di entità inferiore a quella che sarebbe risultata sulla base dell’applicazione delle tabelle di Milano, può essere fatta valere, in sede di legittimità, come vizio di violazione di legge, solo in quanto la questione sia stata già posta nel giudizio di merito» (Sez. 3, Sentenza n. 12408 del 7 giugno 2011).

Più di recente si è ulteriormente precisato che «le “tabelle” del Tribunale di Milano assumono rilievo, ai sensi dell’art. 1226 c.c., come parametri per la valutazione equitativa del danno non patrimoniale alla persona; ne consegue che la loro erronea applicazione da parte del giudice dà luogo ad una violazione di legge, censurabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, n. 3), c.p.c.»  (Sez. 3, Sentenza n. 4447 del 25 febbraio 2014), e che «qualora il giudice, al fine di soddisfare esigenze di uniformità di trattamento su base nazionale, proceda alla liquidazione equitativa del danno non patrimoniale in applicazione delle “tabelle” predisposte dal Tribunale di Milano è tenuto ad esplicitare, in motivazione, se e come abbia considerato tutte le circostanze del caso concreto per assicurare un risarcimento  integrale del pregiudizio subito da ciascun danneggiato»  (Sez. 3, Sentenza n. 9231 del 17 aprile 2013; nel medesimo senso, ancor più di recente, si veda Sez. 3, Sentenza n. 21782 del 27 ottobre 2015).

La personalizzazione del danno non patrimoniale

Dunque – proseguono i giudici di legittimità – è certamente da ammettersi la possibilità che la liquidazione del danno non patrimoniale, nell’opera di necessaria personalizzazione di esso in base alle circostanze del caso concreto, sia effettuata anche con il superamento dei limiti minimi e massimi degli ordinari parametri previsti dalla cd. tabella milanese. Ma è altrettanto vero che tale deroga – se non intende del tutto privarsi di significato la richiamata opzione della giurisprudenza di legittimità per l’adozione di un tale uniforme parametro – deve poter avvenire solo quando la specifica vicenda presa in considerazione non rientri nell’ambito dell’ordinario e pur differenziato atteggiarsi  delle varie possibili situazioni in astratto idonee ad orientare la liquidazione stessa tra il minimo ed il massimo del parametro tabellare, ma se ne discosti, per la presenza di circostanze di cui il parametro stesso, evidentemente costruito in base alla considerazione dell’oscillazione ipotizzabile nell’ambito delle diverse situazioni ordinarie configurabili secondo l’id quod plerumque accidit, non possa aver tenuto conto. E di tali circostanze, che impediscono di ritenere la specifica fattispecie concreta inquadrabile tra quelle ordinarie già considerate nell’ambito dell’area prevista tra i minimi e i massimi dei parametri tabellari, va dato adeguatamente conto in motivazione.

La motivazione della Corte di merito è del tutto insufficiente.

Per gli Ermellini, la motivazione della sentenza impugnata risulta sotto tale aspetto del tutto insufficiente: la corte di merito dichiara di voler applicare le tabelle milanesi del 2011, ma liquida un importo certamente inferiore al minimo previsto in tali tabelle, senza assolutamente indicare motivi idonei a giustificare, né in astratto né in concreto, tale deroga, e addirittura senza neanche espressamente chiarire l’intenzione di derogare il suddetto minimo. Richiama a sostegno della decisione, genericamente e del tutto apoditticamente (senza indicare l’incidenza che ciascuna di esse abbia avuto ai fini della concreta determinazione dell’importo finale della liquidazione), circostanze che: a) in parte appaiono del tutto irrilevanti ai fini della valutazione del danno non patrimoniale ordinariamente derivante alle figlie dalla perdita del padre (quali ad es.,l’avvenuta separazione dei genitori e l’avvio di una convivenza del padre more uxorio con una nuova compagna); b) in parte appaiono rientrare a pieno titolo nell’ambito del normale atteggiarsi di situazioni comunque di carattere ordinario, e quindi certamente idonee ad orientare la liquidazione nell’ambito dei parametri minimi e massimi della previsione tabellare, ma non a giustificarne il superamento (quali ad es. l’età di ventotto e trenta anni delle figlie al momento del decesso; la cessazione da molti anni della convivenza con il padre; la loro indipendenza economica; la mancanza di elementi sulla particolare intensità dei reciproci legami affettivi).

Il principio di diritto

La Suprema Corte, nel cassare la sentenza, rinvia alla Corte di Appello di Venezia, in diversa composizione, perché rivaluti la fattispecie sulla base del seguente principio di diritto: qualora il giudice, al fine di soddisfare esigenze di uniformità di trattamento su base nazionale, proceda alla liquidazione equitativa del danno non patrimoniale in applicazione delle “tabelle” predisposte dal Tribunale di Milano, nell’effettuare la necessaria personalizzazione di esso in base alle circostanze del caso concreto, può certamente superare i limiti minimi e massimi degli ordinari parametri previsti dalla cd. tabella milanese; ciò può avvenire peraltro solo quando la specifica situazione presa in considerazione non rientri nell’ambito dell’ordinario e pur differenziato atteggiarsi delle varie possibili circostanze in astratto idonee ad orientare la liquidazione stessa tra il minimo ed il massimo del parametro tabellare, ma si caratterizzi  per la presenza di circostanze di cui il parametro stesso non possa aver già tenuto conto, in quanto elaborato in base all’oscillazione ipotizzabile nell’ambito delle diverse situazioni ordinariamente configurabili secondo l’id quod plerumque accidit; in tal caso il giudice deve dare adeguatamente conto in motivazione di tali circostanze e di come esse siano state considerate.

In particolare, il giudice di rinvio dovrà provvedere ad applicare correttamente i parametri di cui alle cd. tabelle milanesi più recenti, motivando adeguatamente sulla personalizzazione dell’importo da riconoscere alle danneggiate ed eventualmente, ed espressamente, sulla ricorrenza delle circostanze che, in base al principio di diritto sopra enunciato, eventualmente giustifichino il superamento dei limiti minimi o massimi di essi, naturalmente entro i limiti della domanda originaria.

Una breve riflessione

La sentenza in rassegna enuncia un interessante principio in tema di personalizzazione del danno non patrimoniale. Dopo aver chiarito il ruolo, uniformemente riconosciuto, delle tabelle di Milano, la Corte regolatrice evidenzia come il giudice non debba ritenersi vincolato ai minimi ed ai massimi ivi previsti, ben potendo discostarsene.

Epperò, qualora il giudice intenda procedere ad una liquidazione inferiore ai minimi oppure superiore ai massimi, deve assolvere in maniera più stringente ad un onere motivazionale. E non sarà facile assolvere a tale onere motivazionale atteso che, per potersi discostare dagli anzidetti tetti (minimo e massimo), il giudice dovrà dare contezza della sussistenza di circostanze di cui il parametro stesso (massimo e minimo tabellare) non possa aver già tenuto conto, in quanto elaborato in base all’oscillazione ipotizzabile nell’ambito delle diverse situazioni ordinariamente configurabili secondo l’id quod plerumque accidit.

In definitiva, per poter liquidare somme, a titolo di danno non patrimoniale, inferiori al minimo o superiori al massimo, occorre motivare sulla ricorrenza di situazioni eccezionali (extra ordinem) che, in quanto tali, non sono state considerate nei parametri di redazione delle tabelle milanesi.

avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)

managing partner at clouvell (www.clouvell.com)

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