Violazione dell’obbligo di mantenimento e revoca dell’affidamento condiviso

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La violazione dell’obbligo di mantenimento verso i figli non configura un’ipotesi di automatica inidoneità dall’affidamento condiviso, che costituisce la regola, potendo questo essere escluso, nell’interesse del minore, soltanto alla ricorrenza di particolari situazioni da valutarsi in concreto. In tale ipotesi, deve essere valutato il comportamento tenuto dal genitore inadempiente ed in particolare le ragioni per cui non sono stati effettuati i pagamenti, l’incidenza di tale comportamento sul rapporto genitore-figlio e se ciò possa costituire o meno sintomo di un generale disinteresse per il figlio stesso.  (Massima redazionale)

Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione con ordinanza n.21282 del 20 ottobre 2015

Violazione dell'obbligo di mantenimento e revoca dell'affidamento condiviso

Violazione dell’obbligo di mantenimento e revoca dell’affidamento condiviso

Il caso

In un procedimento di separazione tra due coniugi, la Corte d’Appello confermava la sentenza del Tribunale di primo grado, che aveva pronunciato l’affidamento condiviso della figlia a favore dei genitori.

Ricorre per cassazione la madre, che pure deposita memoria difensiva, in assenza di attività difensiva da parte del padre.

Sostiene la ricorrente che il marito non provvedeva al mantenimento della figlia, e precisa che soltanto una volta egli avrebbe fatto un versamento che essa stessa non accettò; per di più il marito avrebbe ammesso di trovarsi in difficoltà economiche, ciò che costituirebbe prova del mancato mantenimento della figlia.

Precisa la Corte di legittimità che un’eventuale violazione dell’obbligo di mantenimento verso i figli non configurerebbe automatica inidoneità dall’affidamento condiviso, che costituisce la regola, e può essere escluso, nell’interesse del minore, soltanto alla ricorrenza di particolari situazioni da valutarsi in concreto.

Secondo gli Ermellini, la sentenza impugnata precisa che l’odierno intimato affermava di trovarsi in difficoltà economiche e lo provava, con riferimento a procedure esecutive immobiliari; forniva prova che in varie occasioni egli effettuò versamenti alla moglie, da essa non ritirati, sicché dovette far ricorso al giudice per farsi autorizzare ad effettuare i versamenti su libretto postale.

La critica alla sentenza di appello

E tuttavia il giudice a quo – sempre a parere dei giudici di piazza Cavour – avrebbe dovuto approfondire l’analisi del comportamento del genitore ed in particolare se questi avesse corrisposto regolarmente il contributo per la figlia (e non del tutto saltuariamente). Avrebbe dovuto, altresì, esaminare le ragioni per cui eventualmente non effettuò i pagamenti, e l’incidenza che tale comportamento poteva avere nel rapporto con la figlia (se si trattasse cioè del sintomo di un generale suo disinteresse per la figlia stessa).

Da qui l’accoglimento del ricorso con rinvio alla Corte di appello territoriale in diversa composizione.

Una breve riflessione.

L’ordinanza in rassegna offre degli interessanti spunti di riflessione in materia di affidamento condiviso.

Il punto di partenza da cui occorre muovere è l’affermazione, contenuta nella ordinanza della Suprema Corte, in forza della quale un’eventuale violazione dell’obbligo di mantenimento verso i figli non configurerebbe automatica inidoneità dall’affidamento condiviso, che costituisce la regola, e può essere escluso, nell’interesse del minore, soltanto alla ricorrenza di particolari situazioni da valutarsi in concreto.

Come è noto, la legge n. 54 dell’8.02.2006, contenente “disposizioni in materia di separazione dei genitori ed affidamento condiviso dei figli”, ha novellato l’art. 155 c.c. (oggi sostituito dall’art. 337 ter c.c. avente analogo contenuto), stabilendo al primo comma che “anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”.

Il legislatore ha in tal modo precisato che pure nella disgregazione del nucleo familiare, ai minori spetta il diritto alla “bigenitorialità”, già previsto dall’art. 9 della Convenzione internazionale di New York del 20.11.1989 sui diritti dei minori, nonché il diritto alla conservazione da parte del minore di rapporti significativi anche con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.

ll comma 2° dell’art. 155 stabilisce, poi, che il Giudice nell’adottare i provvedimenti relativi alla prole “valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori […]. Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole”.

Nella valutazione dell’interesse morale e materiale della prole, il legislatore ha, pertanto, eliminato l’assoluta discrezionalità che esisteva precedentemente in materia ed ha imposto al Giudice uno specifico obbligo di motivazione non più solo in positivo sulla idoneità del genitore affidatario, ma anche in negativo o sulla inidoneità educativa del genitore che in tal modo si escluda dal pari esercizio della potestà genitoriale o, comunque, sulla non rispondenza all’interesse del figlio dell’adozione, nel caso concreto, del modello legale prioritario di affidamento (Cass. civ., Sez. I, 18.06.2008, n. 16593). La differenza tra l’affido condiviso e quello monogenitoriale si coglie, essenzialmente, nella maggiore elasticità e continuità di rapporti tra genitori e figli e nella corresponsabilizzazione dei genitori, i quali devono riuscire ad adottare, nella educazione dei figli minori, una linea comune e devono impegnarsi a realizzarla entrambi.

Ciò vale anche riguardo agli inadempimenti (pure di contenuto economico) da parte di uno dei due genitori.

In particolare, l’articolo 155 bis prima comma del codice civile recita: “Il giudice può disporre l’affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore. Ciascuno dei genitori può, in qualsiasi momento, chiedere l’affidamento esclusivo quando sussistono le condizioni indicate al primo comma”.

E si comprende perché, alla luce del chiaro dato normativo, come peraltro correttamente affermato in motivazione dai giudici di legittimità, un’eventuale violazione dell’obbligo di mantenimento verso i figli non configurerebbe automatica inidoneità dall’affidamento condiviso, che costituisce la regola, e può essere escluso, nell’interesse del minore, soltanto alla ricorrenza di particolari situazioni da valutarsi in concreto ed oggetto di compiuta motivazione.

Nel caso trattato dalla ordinanza in esame, la Suprema Corte ha espresso un convincimento in linea con i superiori principi, precisando che il giudice di merito non può però limitarsi ad un’analisi, per così dire, superficiale, ma deve approfondire gli aspetti relativi alle conseguenze, riguardo al figlio, del comportamento tenuto dal genitore inadempiente. In particolare, l’obbligo di motivazione deve riguardare:

  1. l’analisi del comportamento complessivamente tenuto dal genitore inadempiente;
  2. nel caso di omessa corresponsione dell’assegno, la gravità e la frequenza della omissione
  3. le ragioni della omissione;
  4. l’incidenza di tale comportamento nel rapporto con il figlio;
  5. se un tale comportamento sia sintomo di un generale disinteresse per il figlio.

Valutazione che, nel caso in esame, non è stata fatta. Non è escluso, pertanto, che, facendo applicazione dei superiori principi, in esito al giudizio di rinvio la Corte di merito possa disporre l’affidamento esclusivo alla madre.

avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)

managing partner at clouvell (www.clouvell.com)

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