Servizio sanitario nazionale, soggetti accreditati e regressione tariffaria: giurisdizione del giudice ordinario o del giudice amministrativo?

Download PDF

Sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie concernenti «indennità, canoni o altri corrispettivi», nelle quali sia contestata l’applicazione della cosiddetta “regressione tariffaria” nei rapporti, qualificabili come concessione di pubblico servizio, tra le Aziende Sanitarie e le case di cura o le strutture minori, quali laboratori o gabinetti specialistici, laddove la controversia abbia ad oggetto soltanto l’effettiva debenza dei corrispettivi in favore del concessionario, senza coinvolgere la verifica dell’azione autoritativa della P.A., posto che, nell’attuale sistema sanitario, il pagamento delle prestazioni rese dai soggetti privati accreditati viene effettuata nell’ambito di appositi accordi contrattuali, ben potendo il giudice ordinario direttamente accertare e sindacare le singole voci costitutive del credito fatto valere dal privato.

Lo ha ribadito la Suprema Corte di Cassazione – sezioni unite civili – con ordinanza n. 22094 del 29 ottobre 2015

Servizio sanitario nazionale, soggetti accreditati e regressione tariffaria: giurisdizione del giudice ordinario o del giudice amministrativo?

Servizio sanitario nazionale, soggetti accreditati e regressione tariffaria: giurisdizione del giudice ordinario o del giudice amministrativo?

Il caso

Una società, titolare di una casa di cura, che opera nel territorio di competenza della A.S.L. ed è istituzionalmente accreditata con il Servizio Sanitario Nazionale, ai sensi dell’art. 8-quater del d. Igs. 30 dicembre 1992, n. 502, ad erogare prestazioni sanitarie di ricovero ospedaliero nella branca della ortopedia e della traumatologia in forza di contratto per l’erogazione e l’acquisto di prestazioni di ricovero, con esclusione delle prestazioni in regime di “emergenza-urgenza”, ha richiesto ed ottenuto l’emissione di decreto ingiuntivo per il pagamento delle prestazioni spettanti nei confronti dell’Azienda Sanitaria.

In particolare, la ricorrente, nel corso dell’anno 2011, ha – di fatto – erogato prestazioni nella branca della ortopedia e della traumatologia nel circuito dell’emergenza-urgenza in favore di pazienti gravemente traumatizzati, inviati presso la struttura privata dal servizio “118” della A.S.L. di Lecce e dal presidio ospedaliero in assenza di disponibilità di posti letto presso la struttura pubblica.

L’Azienda sanitaria, nel proporre opposizione al decreto ingiuntivo, ha contestato la giurisdizione del giudice ordinario, sostenendo che essa invece appartenesse al giudice amministrativo.

La ricorrente chiede che la Corte di Cassazione voglia dichiarare che la cognizione del procedimento de quo appartiene al giudice ordinario, e ciò in quanto la controversia posta all’esame del Tribunale, diversamente da quanto sostenuto dall’opponente, non attiene al potere autoritativo della Pubblica Amministrazione, non riguarda la verifica dell’esercizio di siffatto potere, né coinvolge il rapporto concessorio, ma concerne unicamente il diritto soggettivo di essa ricorrente ad ottenere il pagamento del corrispettivo per le prestazioni sanitarie rese al di fuori degli obblighi contrattuali sottoscritti.

L’Azienda Sanitaria sostiene, di contra, che le prestazioni per le quali la ricorrente ha chiesto il corrispettivo sono erogate non in regime di “emergenza-urgenza” – contrattualmente escluse -, bensì in un momento successivo agli interventi d’urgenza operati nella e dalla struttura pubblica (nell’ambito dell’attività di pronto soccorso), e sono pagate previa fatturazione e comunque nel rispetto del limite del budget annuale assegnato per contratto alla struttura privata accreditata che, perciò, può rifiutare in limine il ricovero in caso di probabile incapienza del budget assegnato. Sotto altro profilo, sostiene l’azienda sanitaria, la fonte della disciplina dei rapporti tra essa e la Casa di cura è da ricercarsi esclusivamente nel contratto annuale di cui all’art. 8-quinquies del citato d. Igs. n. 502 del 1992 e all’art. 17 della legge della Regione Puglia 9 agosto 2006, n. 26 (Interventi in materia sanitaria), con la conseguenza che la richiesta di pagamento dei corrispettivi per dette prestazioni implica un’attività valutativa della Azienda Sanitaria Locale circa la loro qualificazione alla luce degli accordi contrattuali che accedono alla concessione.

Le Sezioni Unite dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario.

Ricordano gli Ermellini che, come costantemente affermato dalle Sezioni Unite, la giurisdizione deve essere determinata sulla base della domanda, con la specificazione che, ai fini del riparto della giurisdizione tra Giudice ordinario e Giudice amministrativo, rileva non già la prospettazione compiuta dalle parti bensì il petitum sostanziale, da individuare non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, quanto, soprattutto, in funzione della causa petendi, ossia dell’intrinseca natura della  situazione giuridica dedotta in giudizio in relazione ai fatti allegati (cfr., ex plurimis e fra le ultime, la sentenza n. 6916 del 2015.

Il principio di diritto

Ancora, secondo i giudici di piazza Cavour, sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie, quale quella di specie, concernenti «indennità, canoni o altri corrispettivi», nelle quali sia contestata l’applicazione della cosiddetta “regressione tariffaria” nei rapporti, qualificabili come concessione di pubblico servizio, tra le AUSL e le case di cura o le strutture minori, quali laboratori o gabinetti specialistici, laddove la controversia abbia ad oggetto soltanto l’effettiva debenza dei corrispettivi in favore del concessionario, senza coinvolgere la verifica dell’azione autoritativa della P.A., posto che, nell’attuale sistema sanitario, il pagamento delle prestazioni rese dai soggetti privati accreditati viene effettuata nell’ambito di appositi accordi contrattuali, ben potendo il giudice ordinario direttamente accertare e sindacare le singole voci costitutive del credito fatto valere dal privato (cfr., ex plurimis, l’ordinanza n. 2294 del 2014, la sentenza n. 10149 del 2012, le ordinanze nn. 1772 e 1773 del 2011).

E poiché nella specie, come emerge in modo molto chiaro dagli atti di causa e dalla domanda formulata con la promozione della controversia in questione, la Società opposta nel giudizio a quo chiede esclusivamente il corrispettivo di prestazioni che si assumono rese in esecuzione del «Contratto per la erogazione ed acquisto di prestazioni di ricovero da parte di strutture della ospedalità privata operanti in regime di accreditamento provvisorio/istituzionale per l’anno 2011», pacificamente stipulato dalle parti in data 3 giugno 2011 ai sensi dell’art. 8-quinquies del d. Igs. 30 dicembre 1992, n. 502, viene affermata la giurisdizione del Giudice ordinario a conoscere la controversia de qua.

Una breve riflessione

La questione sottoposta al vaglio delle Sezioni Unite della Suprema Corte riguarda una enorme mole di contenziosi, tutti afferenti alla richieste di pagamento da parte di soggetti che operano in regime di accreditamento con il servizio sanitario nazionale.

Ed in (quasi) tutti i giudizi incoati innanzi l’Autorità giudiziaria ordinaria aventi ad oggetto il pagamento di prestazioni, l’Azienda Sanitaria eccepisce il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo.

Ed è successo anche nel caso in rassegna.

A fronte di un principio chiaro e certamente condivisibile, quale quello ribadito dalle sezioni unite, si pone però, di fatto, il problema di individuare, senza margine di incertezza, il confine del riparto di giurisdizione nel caso concreto.

La linea di demarcazione segnata dalle sezioni unite è l’effettiva debenza dei corrispettivi in favore del concessionario senza che venga coinvolta la verifica dell’azione autoritativa della Pubblica Amministrazione.

A volte, però, tale linea di demarcazione non è così netta come potrebbe sembrare prima facie, almeno ex ante, ed è facile trovarsi di fronte ad una eccezione di controparte che reclama l’autonomia dell’azione autoritativa ed il carattere valutativo della stessa.

Come dire, il creditore agisce innanzi il giudice ordinario perché ritiene quei crediti dovuti. Dall’altro lato, la Pubblica Amministrazione, nel difendersi, allega però che la esigibilità dei pagamenti dipende da un valutazione dell’attività amministrativa.

In tale quadro, il giudice, per risolvere il “contrasto” sulla giurisdizione, dovrebbe avere un quadro completo. A volte, però, detto quadro è completo solo dopo il deposito delle memorie ex art. 183 c.p.c. e ciò comporta un allungamento dei tempi della giustizia, a prescindere dalla fondatezza o meno della eccezione di difetto di giurisdizione.

In conclusione, principi a parte, sarebbe molto più semplice che in materie come quelle vagliate dalla Suprema Corte fosse individuata una giurisdizione “esclusiva”, sia essa solo ordinaria o sia essa solo amministrativa,  e ciò a vantaggio della certezza dei rapporti.

Difatti, nonostante la chiarezza dei principi enunciati, ancor oggi capita di dover assistere alla translatio del procedimento dalla autorità giudiziaria ordinaria a quella amministrativa, e viceversa. E ciò non certo per non-conoscenza dei principi regolatori della giurisdizione, ma perché in moltissimi casi la linea di demarcazione della giurisdizione non è così netta e può generare errori. Errori che si traducono in un allungamento dei tempi di giustizia, con enorme danno del soggetto creditore.

avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)

managing partner at clouvell (www.clouvell.com)

Download PDF