Corte Suprema di Cassazione – sezione sesta civile – ordinanza n. 6518 del 4 aprile 2016

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Svolgimento del processo

1. E’ stata depositata in cancelleria relazione ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., datata 11.11.15 e regolarmente notificata ai difensori delle parti, relativa al ricorso avverso la sentenza della corte di appello di Catania n. 1293 del 6.10.14, del seguente letterale tenore:

«§ 1. – (ingiunto Omissis) ricorre, affidandosi ad un unitario complesso motivo, per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con cui è stato rigettato il suo appello avverso la sentenza del tribunale di Catania di declaratoria di inammissibilità dell’opposizione tardiva al decreto ingiuntivo nei suoi confronti conseguito dalla Soc. Coop. (Omissis). Quest’ultima non notifica controricorso.

§ 2. – Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio – ai sensi degli artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., essendo pure soggetto alla disciplina dell’art. 360-bis cod. proc. civ. – parendo potervisi rigettare.

§ 3. – Il ricorrente si duole di “violazione artt. 115 – 116 – 650 c.p.c. nonché degli artt. 2697 – 2727 – 2728 e ss. del c.c. con riferimento all’art. 360 c.p.c. n. 3 e 4”, perché la corte di merito avrebbe erroneamente omesso di qualificare – con riferimento all’opposizione tardiva proposta ex art. 650 cod. proc. civ. nel dicembre 2001 da esso ricorrente – la condizione del ricorrente, che all’epoca prestava servizio militare, come ostativa alla proposizione di tempestiva opposizione al decreto ingiuntivo, a tal fine quello stato integrando una presunzione assoluta o non avendolo la corte di merito valutato come circostanza da cui inferire l’impossibilità della tempestiva reazione.

§ 4. – Ai fini della legittimità dell’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo (prevista dall’art. 650 cod. proc. civ.) non è sufficiente l’accertamento dell’irregolarità o della nullità della notificazione dei provvedimento monitorio, ma occorre, altresì, la prova – il cui onere incombe sull’opponente – che a causa di detta irregolarità egli, nella qualità di ingiunto, non abbia avuto tempestiva conoscenza del suddetto decreto e non sia stato in grado di proporre una tempestiva opposizione (tra le tante; Cass. 14 maggio 2013, n. 11550; Cass. 21 giugno 2012, n. 10386; Cass. 28 settembre 2007, n. 20391; Cass. 15 luglio 2003, n. 11066). Nessuna presunzione assoluta è quindi prevista e allora occorre una allegazione precisa ed una dimostrazione puntuale dei fatti in cui l’impossibilità si sarebbe concretata.

§ 5. – Sul punto, in disparte che il ricorrente non indica – così violando i nn. 3 e 6 dell’art. 366 cod. proc. civ. – in ricorso quando (nel corso dei gradi precedenti, con specifica indicazione delle sedi processuali) e con quali espressioni avrebbe sottoposto le tesi della presunzione assoluta o almeno relativa ai giudici del merito, le argomentazioni in fatto e in diritto della corte di appello si sottraggono a censura e, soprattutto, le contestazioni dell’odierno ricorrente non sono idonee a superare l’orientamento sopra ricordato, anche ai sensi dell’art. 360-bis, co. 1, n. 1, cod. proc. civ. Correttamente va infatti escluso, da un lato, che il semplice espletamento del servizio di leva comporti l’interruzione dei collegamenti del militare con il mondo esterno e nella specie con la madre, che aveva ricevuto la comunicazione, nonché, dall’altro lato, che quel servizio impedisca l’esercizio del diritto di difesa, per l’ampiezza del termine previsto per l’opposizione: entrambi apprezzamenti di fatto che sfuggono, in via dirimente per la loro linearità logica ed assenza di qualunque vizio giuridico, a censura in questa sede di legittimità.

§ 6. – Né vengono indicate circostanze in base alle quali, per la peculiarità del servizio svolto nella pendenza del termine di impugnazione, almeno da allegare ai giudici del merito e poi da provare rigorosamente, sarebbe stato l’odierno ricorrente impossibilitato a prendere cognizione dell’atto notificatogli – mantenendo significativi contatti con i familiari che erano rimasti nel luogo di sua abituale residenza ed uno dei quali aveva ricevuto la notificazione dell’atto stesso – ed a reagirvi adeguatamente o tempestivamente. Deve quindi proporsi al Collegio l’applicazione del seguente principio di diritto: ai fini della legittimità dell’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo (prevista dall’art. 650 cod. proc. civ.) non è sufficiente l’accertamento dell’irregolarità o della nullità della notificazione del provvedimento monitorio, ma occorre, altresì, la prova – il cui onere incombe sull’opponente – che a causa di detta irregolarità egli, nella qualità di ingiunto, non abbia avuto tempestiva conoscenza del suddetto decreto e non sia stato in grado di proporre una tempestiva opposizione; pertanto, la mera circostanza della nullità della notifica del decreto ingiuntivo a militare di leva, in violazione dell’art. 146 cod. proc. civ., non è sufficiente a fondare l’ammissibilità di detta opposizione tardiva, ove non si alleghino tempestivamente e non si provino circostanze specifiche che, in relazione alle concrete modalità di espletamento del servizio, abbiano reso impossibile al militare mantenere contatti con il suo luogo di residenza abituale ed i suoi congiunti ivi rimasti e di prendere cognizione dell’atto per reagirvi adeguatamente.

§ 7. – Assorbito l’esame di ogni altro profilo, deve proporsi allora il rigetto del ricorso».

Motivi della decisione

2. Non sono state presentate conclusioni scritte, ma il difensore del ricorrente ha depositato memoria ed è comparso in camera di consiglio per essere ascoltato.

3. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella su trascritta relazione e di doverne fare proprie le conclusioni, non comportandone il superamento gli argomenti sviluppati nella memoria depositata dal ricorrente. Invero, egli non dimostra di avere allegato al giudice del merito i motivi specifici in base ai quali, pure ammessa la nullità della notifica, egli possa essere stato, a causa di quella, menomato nel diritto di difesa per essere stato privato, nel pure notevole termine a sua disposizione, della possibilità di contatti con la madre, che l’atto irritualmente a lui notificato si era comunque ricevuto. E, a ben guardare, neppure col ricorso per cassazione — le cui lacune di requisiti di contenuto-forma nessun atto ad esso successivo può integrare — viene addotto o allegato un motivo di segretezza idoneo a giustificare il totale isolamento dal mondo (tale cioè da avergli impedito sia di conoscere l’avvenuta notifica dell’atto che di proporre opposizione conferendo un mandato ad litem ad un professionista) che per i quaranta giorni necessari ad opporsi pare predicare o presupporre essersi protratto, privandolo del diritto di difesa, il ricorrente. Nessuna delle altre considerazioni di quest’ultimo valgono poi a scalzare gli altri argomenti svolti in relazione in ordine al rapporto indispensabile tra nullità e impossibilità concreta di dispiegamento dell’opposizione tempestiva (principio generale elaborato dalla giurisprudenza in ordine all’art. 650 cod. proc. civ.: ciò che esclude qualunque presunzione legale assoluta di inconoscibilità dell’atto nei casi di nullità della sua notificazione, quale pacificamente si configura l’attuale): e, conclusivamente, la valutazione di radicale infondatezza delle doglianze del (ingiunto Omissis) va confermata.

4. Così, ai sensi degli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ., il ricorso va rigettato, ma non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, non avendovi svolto attività difensiva l’intimata.

5. Deve, peraltro, trovare applicazione l’art. 13 comma 1 – quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione: ai sensi di tale disposizione, il giudice dell’impugnazione è vincolato, pronunziando il provvedimento che la definisce, a dare atto — senza ulteriori valutazioni discrezionali — della sussistenza dei presupposti (rigetto integrale o inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) per il versamento, da parte dell’impugnante integralmente soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lui proposta, a norma del comma 1-bis del medesimo art. 13.

P. Q. M.

La Corte rigetta il ricorso; ai sensi dell’art. 13, co, 1-quater, DPR. 115/02, come modif. dalla l. 228/12, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del co. 1-bis dello stesso art. 13. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 10 febbraio 2016.

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