Avvocato “fuori circoscrizione”, posta elettronica certificata e domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria.

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A partire dalla data di entrata in vigore delle modifiche degli artt. 125 e 366 cod. proc. civ., la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria, innanzi alla quale è in corso il giudizio, ai sensi dell’art. 82 del r.d. n. 37 del 1934, consegue soltanto ove il difensore, non adempiendo all’obbligo prescritto dall’art. 125 cod. proc. civ. per gli atti di parte e dall’art. 366 cod. proc. civ. specificamente per il giudizio di cassazione, non abbia indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine.

Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione – sezione prima civile – con sentenza n. 17400 del 1° settembre 2015

Avvocato "fuori circoscrizione", posta elettronica certificata e domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell'autorità giudiziaria.

Avvocato “fuori circoscrizione”, posta elettronica certificata e domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria.

Il caso

Una vedova ha chiesto al Tribunale l’attribuzione di una quota del trattamento pensionistico spettante al defunto coniuge con il quale aveva contratto matrimonio concordatario nel 2005.

Il defunto, già percettore di due pensioni (una erogata da Enasarco e l’altra dall’Inps), aveva contratto un precedente matrimonio concordatario, i cui effetti erano cessati in base ad una sentenza del 2000 dello stesso Tribunale.

In contraddittorio con la prima moglie, che chiedeva l’attribuzione dell’87,8% del trattamento pensionistico del defunto – e l’Inps (contumace), il Tribunale ha statuito attribuendo la quota dell’87,5% alla prima moglie e la residua (12,5%) alla seconda moglie.

L’impugnazione della seconda moglie è stato parzialmente accolto dalla Corte d’appello di Milano, che ha rideterminato le quote, riservando il 65% alla prima moglie e la restante (35%) alla seconda.

La sentenza della Corte territoriale è stata notificata, su istanza della prima moglie, a tutte le parti e, precisamente, al difensore della seconda moglie, in assenza di elezione di domicilio in appello, presso la cancelleria della Corte, in data 15 novembre 2011 (ed alla parte personalmente in data 24 novembre successivo), oltre che all’Inps ed Enasarco.

Avverso la sentenza di appello, qualificata come non notificata (p. 2 del ricorso) ha proposto ricorso per cassazione la seconda moglie, con impugnazione affidata a due mezzi.

La prima moglie ha resistito con controricorso e proposto «controricorso incidentale condizionato» affidato a due mezzi, mentre gli enti previdenziali non hanno svolto difese scritte.

Per la Suprema Corte il ricorso è inammissibile, così come eccepito dalla controricorrente, in quanto l’impugnazione risulta essere stata proposta oltre la data consentita quando la sentenza da impugnare risulti essere stata notificata – contrariamente a quanto recita il ricorso, a p. 2 – sia al difensore della ricorrente (presso la cancelleria dell’Ufficio giudiziario a quo) sia alla parte personalmente, rispettivamente in data 15 e 24 novembre 2011, mentre l’odierna impugnazione è stata portata alla notifica solo il 7 marzo 2012, ossia ben oltre il termine breve di sessanta giorni, previsto dall’art. 325, secondo coma, c.p.c.;

Precisano i giudici di piazza Cavour che il difensore della ricorrente – come risulta dall’intestazione della sentenza impugnata in sede di legittimità- non aveva eletto domicilio in Milano, ma presso il suo studio di Lecco, onde la ritualità della notificazione della sentenza, da parte della difesa avversaria, presso la cancelleria della Corte territoriale secondo la regola contenuta nell’art. 82, secondo coma, del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37 (I procuratori, i quali esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati, devono, all’atto della costituzione nel giudizio stesso, eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l’autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso. In mancanza della elezione di domicilio, questo di intende eletto presso la cancelleria della stessa autorità giudiziaria.), valida anche per le autorità giudiziarie distrettuali.

La composizione del contrasto ad opera delle sezioni unite.

Infatti, la Corte (a Sezioni unite) superando un contrasto interpretativo ha stabilito (Sentenza n. 10143 del 2012) che l’art. 82 del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37 – secondo cui gli avvocati, i quali esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati, devono, all’atto della costituzione nel giudizio stesso, eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l’autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso, intendendosi, in caso di mancato adempimento di detto onere, lo stesso eletto presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria adita – trova applicazione in ogni caso di esercizio dell’attività forense fuori del circondario di assegnazione dell’avvocato, come derivante dall’iscrizione al relativo ordine professionale, e, quindi, anche nel caso in cui il giudizio sia in corso innanzi alla corte d’appello e l’avvocato risulti essere iscritto all’ordine di un tribunale diverso da quello nella cui circoscrizione ricade la sede della corte d’appello, ancorché appartenente allo stesso distretto di quest’ultima.

La modifica dell’articolo 125 c.p.c. e la indicazione della pec.

Precisano gli Ermellini che, a partire dalla data di entrata in vigore delle modifiche degli artt. 125 e 366 cod. proc. civ., apportate dall’art. 25 della legge 12 novembre 2011, n. 183, esigenze di coerenza sistematica e d’interpretazione costituzionalmente orientata inducono a ritenere che, nel mutato contesto normativo, la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria, innanzi alla quale è in corso il giudizio, ai sensi dell’art. 82 del r.d. n. 37 del 1934, consegue soltanto ove il difensore, non adempiendo all’obbligo prescritto dall’art. 125 cod. proc. civ. per gli atti di parte e dall’art. 366 cod. proc. civ. specificamente per il giudizio di cassazione, non abbia indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine.

E poiché, nella specie, la sentenza impugnata è stata depositata in data 12 settembre 2011 e, quindi, prima dell’entrata in vigore della menzionata legge 12 novembre 2011, n. 183, il ricorso principale viene dichiarato inammissibile.

Una breve riflessione

La sentenza in rassegna affronta una problematica molto attuale, figlia della introduzione del processo civile telematico e dell’obbligo di comunicazione della pec da parte del difensore.

La pec assolve alla precipua funzione di notificazione degli atti giudiziari e di comunicazione degli avvisi e provvedimenti da parte della cancelleria. Viene dunque meno, a seguito della entrata in vigore della relativa normativa, la esigenza, per il difensore, di eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l’autorità giudiziaria presso la quale si svolge il giudizio.

Certamente, la sentenza della Suprema Corte è coerente con l’impianto sistematico della nuova normativa. Tuttavia, una norma di “raccordo” avrebbe evitato la possibilità di soluzioni interpretative per ciò solo mutevoli in un campo molto delicato come quello afferente alla decorrenza del termine breve per proporre le impugnazioni.

Del resto, la soluzione della Suprema Corte, corretta e coerente, impone però alla parte processuale di dover notificare la sentenza (ai fini della decorrenza del termine breve dell’impugnazione) esclusivamente a mezzo pec, non potendo ricorrere allo strumento tradizionale (a mezzo ufficiale giudiziario presso la cancelleria) in mancanza di elezione di domicilio nel circondario dell’ufficio giudiziario da parte dell’avvocato di controparte

Dunque, a parere di chi scrive, pur potendo fare affidamento sulla più favorevole interpretazione della Suprema Corte, prudenza professionale potrebbe consigliare di eleggere ugualmente il domicilio anche in presenza della indicazione della pec da parte del difensore dominus della causa. Ciò, almeno, fino a quando una norma non eliminerà l’attuale incertezza.

avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)

managing partner at clouvell (www.clouvell.com)

 

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