Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone nel condominio: quando sussiste il reato ex art.659 c.p.

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In tema di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, laddove l’attività di disturbo si verifichi all’interno di un edificio condominiale, perché possa essere integrato il reato di cui all’articolo 659 codice penale non basta che i rumori arrechino disturbo o siano idonei a turbare la quiete e le occupazioni dei soli abitanti gli appartamenti inferiori o superiori rispetto alla fonte di propagazione, ma occorre una situazione fattuale di rumori atti a recare disturbo ad una più consistente parte degli occupanti il medesimo edificio, poiché solo in questo caso può ritenersi integrata la compromissione della quiete pubblica.

Lo ha ribadito la Suprema Corte di Cassazione – sezione terza penale – con sentenza n. 49983 del 9 aprile 2015, depositata il 18 dicembre 2015.

Il caso

Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone nel condominio: quando sussiste il reato ex art.659 c.p.

Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone nel condominio: quando sussiste il reato ex art.659 c.p.

Con sentenza del 31 gennaio 2014 il Tribunale di Catania dichiarava una imputata colpevole dei reati di cui agli artt. 659 e 674 cod. pen. alla stessa ascritti ai capi A) e B) e per l’effetto, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e ritenuta la continuazione, alla pena, condizionalmente sospesa, di € 300,00 di ammenda oltre al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile.

Il ricorso per cassazione

Per l’annullamento della sentenza propone ricorso l’imputata a mezzo del proprio difensore, articolando tre distinti motivi:

  • con il primo lamenta inosservanza ed erronea applicazione della legge penale per avere il Tribunale affermato la responsabilità dell’imputata in ordine al reato di cui all’art. 659 cod. pen. in assenza delle condizioni previste dalla legge (assenza del disturbo di una pluralità di persone);
  • con il secondo motivo la difesa lamenta altra inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, nonchè manifesta illogicità della motivazione relativamente alla affermazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 674 cod. pen. in quanto nessuna delle cose asseritamente lanciate dall’imputata sul sottostante balcone di casa della vicina era idonea a recare molestia e non vi erano nemmeno elementi atti a dimostrare la natura delle cose lanciate;
  • con il terzo motivo la difesa lamenta inosservanza della legge processuale (art. 192 cod. proc. pen.) e manifesta illogicità in punto di valutazione delle prove a carico dell’imputata, connesse alle dichiarazioni dei testi escussi in dibattimento.

Il primo motivo del ricorso

Il primo motivo, con il quale si lamenta l’inosservanza della legge penale in punto di affermazione della responsabilità per il reato di disturbo delle occupazioni delle persone, viene accolto. Come premessa fattuale la Corte regolatrice ricorda che all’imputata viene mossa la contestazione di cui all’art. 659 cod. pen. “perché mediante schiamazzi o altri rumori disturbava il riposo e le occupazioni delle persone, segnatamente disturbava altra persona, abitante in appartamento sottostante, sbattendo sedie, trascinando mobili, battendo tappeti sulla ringhiera dei balconi”. Le risultanze della istruzione dibattimentale hanno dimostrato – proseguono gli Ermellini – come emerge dalla sentenza impugnata, le circostanze contestate, nel senso che i testi escussi hanno riferito di rumorosi e continui trascinamenti violenti, nell’arco delle giornate, di mobili e sedie oltre a rumori provocati dallo sbattere continuo e violento di tappeti sulle ringhiere dei balconi dell’appartamento dell’imputata sovrastante quello della vicina persona offesa.

L’errore in cui cade il Tribunale.

Epperò, secondo i giudici di piazza Cavour, erra il Tribunale nel ritenere configurabile il reato delineato dall’art. 659 cod. pen. quando a subire il disturbo delle proprie occupazioni sia una persona soltanto, a nulla rilevando, ai fini della integrazione della fattispecie né la persistenza, né il livello dei rumori prodotti, né la provenienza di essi.

Il principio di diritto.

Invero – prosegue la Corte regolatrice – come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, per potersi ritenere integrata la fattispecie di cui all’art. 659 c.p., è indispensabile, indipendentemente dal livello dei rumori e dunque dal superamento del limite della normale tollerabilità, che il frastuono segnalato abbia l’attitudine a propagarsi in modo tale da essere idoneo a disturbare una pluralità indeterminata di persone. Tale conclusione, per i giudici di legittimità, è coerente non solo con il dato normativo (la norma parla di “disturbo del riposo o delle occupazioni delle persone”, riferendosi, quindi, ad una pluralità di soggetti passivi potenzialmente destinatari dei rumori molesti) ma soprattutto con la natura del bene giuridico protetto, individuabile nella quiete pubblica e non nella tranquillità del singolo soggetto che si dolga della rumorosità prodotta da altri (così tra le tante Sez. 1^ 20.5.1994 n. 7753, De Nardo, Rv. 198766; idem 29.11.2011 n. 47298, lori, Rv. 251406; idem Sez. 1^ 14.10.2013 n. 45616, Virgillito ed altro, Rv. 257345).

L’articolo 659 c.p. ed il condominio

Gli Ermellini ribadiscono, dunque, che laddove l’attività di disturbo, come talvolta accade, si verifichi all’interno di un edificio condominiale (così come è accaduto nel caso in esame), perché possa essere integrato il reato non basta che i rumori arrechino disturbo o “siano idonei a turbare la quiete e le occupazioni dei soli abitanti gli appartamenti inferiori o superiori rispetto alla fonte di propagazione, ma occorre una situazione fattuale di rumori atti a recare disturbo ad una più consistente parte degli occupanti il medesimo edificio, poiché solo in questo caso può ritenersi integrata la compromissione della quiete pubblica” (così, testualmente, Sez. 1^ 45616/13 cit.). Da qui l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata in ordine a tale reato perché il fatto non sussiste nella sua oggettività giuridica.

Una breve riflessione

La sentenza in rassegna è di notevole interesse non solo per l’addetto ai lavori, ma anche e soprattutto per chi abita all’interno di un condominio. Situazioni come quelle oggetto della vicenda in esame si verificano spesso. La Corte di Cassazione, enunciando il principio di diritto soprarichiamato, pone una linea di demarcazione tra il penalmente rilevante ed il penalmente irrilevante: senza voler ritenere legittimo l’arrecare disturbo ai vicini, ciononostante, non sempre una simile condotta, sia pur sussistente, è idonea ad integrare il reato ex art. 659 c.p.

Significativa è poi, in tema di disturbo all’interno del condominio, la specificazione che la linea di demarcazione non riguarda il numero dei condomini “disturbati” (ovverossia, se il disturbo riguarda un solo condomino non vi è il reato, mentre se riguarda due o più condomini il reato v’è). Vi è il reato solo se il disturbo riguarda una consistente parte degli occupanti il medesimo edificio.

Ciò ovviamente non significa che si può disturbare una minoranza di condomini o solo un condomino. Significa solo che in tal caso il fatto non è penalmente rilevante, ma continuerà ad avere rilievo sul piano civilistico.

avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)

managing partner at clouvell (www.clouvell.com)

 

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