Corte Suprema di Cassazione – sezione terza penale – sentenza n.3875 del 26 gennaio 2016

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RITENUTO IN FATTO

1. (imputato Omissis) ricorre personalmente per cassazione impugnando la sentenza indicata in epigrafe con la quale la Corte di appello di Napoli, a seguito di giudizio di rinvio, ha, su appello proposto dal ricorrente avverso la sentenza del tribunale di Napoli del 15 maggio 2013, rideterminato la pena di anni cinque di reclusione ed euro 60.000,00 di multa in ordine al reato di cui all’articolo 73, commi 1 e 1-bis, d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309 per avere illecitamente trasportato ingenti quantitativi di sostanza stupefacente del tipo marijuana, di cui grammi 1146,60 netti, composti da fogli e di infiorescenze, con principio attivo del 19,8% equivalente anni 227,03 di THC puro e al numero di 9081 dosi medie singole e grammi 8,42 netti, 1 principio attivo del 17%, equivalente a grammi 1,43 di Delta 9 THC pur e al numero di 57 dosi medie singole. In Portici, accertato il 3 ottobre 2012 e con la recidiva nel quinquennio.

2. Per la cassazione dell’impugnata sentenza, il ricorrente solleva un unico motivo di impugnazione, con il quale denuncia la violazione della legge penale in relazione all’articolo 133 cod. pen. (articolo 606, comma 1, lettera b), codice di procedura penale) sul rilievo che la Corte territoriale non avrebbe dato conto dei criteri legali ai quali si è attenuto nella scelta, tra il minimo e massimo, della pena edittale determinata in quanto, se è vero che il giudice di merito gode di un’ampia discrezionalità nella determinazione della pena, egli comunque è tenuto ad indicare le ragioni e i criteri legali in relazione alla gravità complessiva del fatto e alla capacità a delinquere dell’imputato. Nello specifico, il ricorrente deduce che la Corte di appello ha irrogato, senza dare conto dei criteri seguiti, una pena eccessiva e sproporzionata incorrendo pertanto nell’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale.

3. Il difensore del ricorrente ha fatto pervenire istanza di rinvio per legittimo impedimento rappresentando l’impossibilità di partecipare all’udienza pubblica del 26 gennaio 2016, essendo impegnato, in concomitanza, a svolgere le proprie funzioni di Giudice di pace presso la sede di Roma, ove terrà udienza.

Ha comunque prodotto memoria con la quale ribadisce la censura già formulata con il ricorso osservando che la sentenza impugnata non avrebbe dato conto dei criteri legali di applicazione della pena previsti dall’articolo 133 codice penale disattendendo il principio di diritto secondo il quale l’irrogazione di una pena base pari o superiore alla media edittale richiede una specifica motivazione in ordine ai criteri soggettivi ed oggettivi elencati nell’articolo 133 codice penale valutati ed apprezzati tenendo conto della funzione rieducativa, retributiva e preventiva della pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Va preliminarmente precisato che l’istanza difensiva va disattesa non essendo la stessa in alcun modo documentata e trattandosi di processo urgente con imputato detenuto, i cui termini massimi di scadenza della custodia cautelari sono prossimi (3 ottobre 2016).

2. Il ricorso è fondato.

La Corte territoriale ha liquidato la fase rescissoria del giudizio di rinvio dedicando alla questione circa la determinazione della pena sei righe, affermando che “stante l’ambito limitato della valutazione rimessa a questa Corte, non deve che individuarsi la pena base da applicare nella specie ai sensi della pre vigente disciplina e operare sulla stessa l’aumento della metà previsto per il tipo di recidiva contestato e la riduzione di 1/3 per il rito. Pena base congrua la Corte reputa quella di anni cinque di reclusione ed euro 60.000,00 di multa, che aumenta ad anni sette di reclusione ed euro 90.000,00 di multa per la recidiva ed euro 60.000 per il rito”.

L’operazione di rideterminazione della pena si è dunque risolta nella formulazione di un calcolo aritmetico del tutto svincolato, salvo il nudo riferimento alla congruità, dai parametri legali e dagli obblighi motivazionali che sono previsti e richiesti nei casi di irrogazione della sanzione penale.

In tal modo, la Corte territoriale ha pesantemente disatteso il principio di diritto, che va ribadito, secondo il quale l’irrogazione di una pena base pari o superiore, come nella specie, alla media edittale richiede una specifica motivazione in ordine ai criteri soggettivi ed oggettivi elencati dall’art. 133 cod. pen., valutati ed apprezzati tenendo conto della funzione rieducativa, retributiva e preventiva della pena (Sez. 3, n. 10095 del 10/01/2013, Monterosso, Rv. 255153).

Va ricordato, sul punto, come la discrezionalità giudiziale in materia di commisurazione della pena sia una discrezionalità cd. guidata, ossia vincolata, non già assolutamente libera e affrancata da specifici parametri di riferimento, perché, ai sensi dell’art. 132, comma 1, cod. pen., se è vero che il giudice applica la pena discrezionalmente nei limiti fissati dalla legge, è anche vero che “esso deve indicare i motivi che giustificano l’uso di tale potere discrezionale”, secondo i parametri legislativamente disegnati dall’art. 133 cod. pen.

La giurisprudenza di questa Corte è consolidata nel ritenere che, in tema di determinazione della pena, quanto più il giudice intenda discostarsi dal minimo edittale, tanto più ha il dovere di dare ragione del corretto esercizio del proprio potere discrezionale, indicando specificamente, fra i criteri oggettivi e soggettivi enunciati dall’art. 133 cod. pen., quelli ritenuti rilevanti ai fini di un tale giudizio (Sez. 6, n. 35346 del 12/06/2008, Bonarrigo ed altri, Rv. 241189) e ciò in sintonia con la giurisprudenza costituzionale sull’art. 27, comma 3, Cost. Sicché, nella determinazione della pena, quanto più il giudice si avvicina al massimo edittale, tanto più stringente deve essere per lui l’obbligo di motivazione circa l’esercizio del potere discrezionale conferitogli dalla legge.

3. In assenza di un’adeguata motivazione in tale senso ed in presenza (anche) dell’errato calcolo circa la riduzione della pena di 1/3 “secco” per il rito abbreviato (1/3 di sette anni è pari a quattro anni ed otto mesi e non a cinque anni, fatto salvo l’ulteriore errore di calcolo, che va chiarito, perché l’aumento della recidiva della metà su cinque anni è pari a due anni e sei mesi e l’aumento sulla pena base porta al risultato finale di anni sette e mesi sei e non di anni sette), la sentenza impugnata va annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli perché il Giudice del rinvio colmi il deficit motivazionale, attenendosi al seguente principio di diritto: quando il Giudice del merito irroga una pena base pari o superiore a quella media edittale stabilita per il reato ritenuto in sentenza, ha l’obbligo di indicare specificamente i criteri soggettivi ed oggettivi desunti dall’art. 133 cod. pen., ai quali si è attenuto per la commisurazione della pena stessa, obbligo motivazionale che si intensifica in misura sempre maggiore quanto più il Giudice, distaccandosi dal limite edittale medio, si avvicina al limite edittale massimo stabilito per il reato in ordine al quale l’imputato ha riportato la condanna e criteri che vanno valutati ed apprezzati tenendo conto della funzione rieducativa, retributiva e preventiva della pena.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli per la determinazione della pena.

Così deciso il 26/01/2016

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