Corte Suprema di Cassazione – sezione seconda civile – sentenza n. 21703 del 26 ottobre 2015

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

(Ricorrente Omissis) propone ricorso per revocazione o per correzione, ai sensi dell’art. 391-bis c.p.c., contro la sentenza n. 18438/14 di questa Corte, con la quale, tra l’altro, è stato respinto il ricorso proposto avverso il decreto n. 98/13 emesso della Corte d’appello di Perugia, adita dalla (ricorrente Omissis) e da altri ai sensi della legge n. 89/01.

La suddetta sentenza ha respinto il ricorso della (ricorrente Omissis), rilevando che il suo nominativo non figurava tra quelli dei soggetti ricorrenti nell’ambito del giudizio presupposto.

A sostegno del ricorso per revocazione/correzione, la circostanza che nel ricorso ordinario per cassazione contro il decreto della Corte perugina il nome di (ricorrente Omissis) era stato trascritto come “(nome errato ricorrente Omissis)”, erede di (Omissis), per mero errore materiale. Lo dimostra, si sostiene, il fatto che a) il codice fiscale riportato nel ricorso corrisponde a quello dell’odierna ricorrente; b) nel corpo di tale atto è correttamente riportato il suo nominativo; c) la procura speciale ad esso allegata conferma la corretta indicazione dei dati anagrafici della (ricorrente Omissis).

Nel merito della domanda, deduce che le ragioni che hanno condotto all’accoglimento del ricorso per cassazione proposto da (altra ricorrente del giudizio presupposto Omissis) sono comuni alla posizione della (ricorrente Omissis), quale vedova di (Omissis), non essendo stata specificamente contestata la qualità di erede spesa nel procedimento ex lege n. 89/01.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze non ha svolto attività difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorso è infondato.

In tema di impugnazioni civili, mentre l’errore del giudice che si estrinseca nell’erronea manifestazione della volontà — di tipo ostativo — è rimediabile in sede di correzione, l’errore vizio rileva o come errore di valutazione (o vizio logico), denunciabile ai sensi dell’art. 360, primo comma n. 5, c.p.c., ovvero come errore revocatorio, consistente, ove commesso dalla Corte di Cassazione, nell’erronea percezione degli atti di causa (e in particolare nella supposizione di un fatto la cui verità è incontestabilmente esclusa oppure nella supposizione dell’inesistenza di un fatto la cui verità sia positivamente stabilita), sempre che l’evento su cui cade l’errore non abbia costituito un punto controverso in ordine al quale la sentenza impugnata per revocazione abbia pronunziato (artt. 391-bis e 395, primo comma n. 4, c.p.c.) (Cass. n. 7647/05).

Correzione e revocazione della sentenza di cassazione ai sensi dell’art. 391-bis c.p.c. si basano, dunque, sul comune presupposto di un errore, rispettivamente, materiale o di calcolo ovvero di percezione del fatto, nei limiti in cui questo è conoscibile dalla Corte stessa. Errore nell’un caso di tipo redazionale, che non incide sul contenuto concettuale della decisione, ma si concretizza in una divergenza fra l’ideazione e la sua materiale rappresentazione grafica (ed allora si dà correzione: cfr. Cass. n. 17977/05); nell’altro cagionato da una vista che, a sua volta, produce l’affermazione o la negazione, contraria al vero, di elementi decisivi per risolvere una data questione (nel qual caso è esperibile il rimedio della revocazione: cfr. Cass. n. 3494/13).

In entrambi i casi, tuttavia, l’errore è ascrivibile in maniera diretta ed esclusiva alla Corte di cassazione, restandone del tutto estranea la parte.

1.1. – Nella fattispecie, invece, l’errore denunciato risiede nello stesso ricorso per cassazione, e solo di riflesso si è propagato alla sentenza, inducendo in essa una falsa rappresentazione (lo scambio di cognome tra “(cognome errato Omissis)” e “(ricorrente Omissis)”) che non avrebbe potuto verificarsi altrimenti.

Le osservazioni svolte nel presente ricorso tendono a dimostrare sia la natura materiale dell’errore commesso dalla difesa della (ricorrente Omissis), sia la possibilità che questa Corte ne scoprisse l’esistenza attraverso il raffronto di diversi elementi processuali. Ne deriva che, non diversamente dalla critica all’interpretazione di un motivo o di un qualsivoglia altro atto processuale, anche dette censure allegano verso la sentenza impugnata un vizio di valutazione che non è né ostativo né percettivo, ma di esclusiva natura logica.

E come tale esso si colloca al di fuori dello schema dell’art. 391-bis c.p.c. sopra delineato.

2. – Il ricorso va dunque respinto.

3. – Nulla per le spese, non avendo il Ministero dell’Economia e delle Finanze svolto attività difensiva.

4. – Rilevato che dagli atti il processo risulta esente dal versamento del contributo unificato, non si applica l’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12.

P. Q. M.

la Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 22.7.2015.

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