Corte Suprema di Cassazione – sezione prima civile – sentenza n. 25174 del 14 dicembre 2015

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Svolgimento del processo

Con il decreto impugnato il Tribunale di Milano rigettò l’opposizione proposta dalla Banca (Omissis) avverso lo stato passivo del fallimento di (Omissis), dal quale il credito vantato dalla banca era stato escluso per mancanza di data certa dei contratti di fideiussione posti a fondamento della domanda.

Ritennero i giudici del merito che, essendo inammissibile perché tardiva la produzione delle registrazioni vidimate dei contratti controversi, permaneva l’inopponibilità al fallimento del credito vantato dalla banca.

Contro il decreto ha proposto ricorso la Banca (Omissis) sulla base di due motivi d’impugnazione.

Non ha spiegato difese Fallimento (Omissis).

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 99 legge fall., il quale, secondo la ricorrente, esige a pena di decadenza solo l’indicazione non anche la produzione dei documenti di cui la parte intende avvalersi nel giudizio di opposizione allo stato passivo.

Aggiunge che in materia di decadenza non è ammessa un’interpretazione non strettamente aderente al dato letterale del testo normativo.

Il motivo è infondato.

L’esigenza di stretta interpretazione delle norme in materia di decadenza impone di considerare che l’art. 99 comma 1 n. 4), allorché esige «l’indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti», distingua tra prove costituende e prove precostituite.

Per quanto attiene alle prove costituende, come ad esempio le testimonianze, non v’è dubbio che sia sufficiente la mera indicazione, essendo indiscusso che tali prove non sono «espletabili nella fase della verifica dello stato passivo, che ha natura sommaria » (Cass., sez. I, 2 dicembre 2011, n. 25872, m. 620453, Cass., sez. I, 25 febbraio 2011, n. 4708, m. 617279).

Diversamente deve ritenersi per i documenti, prove precostituite di cui il legislatore esige, a pena di decadenza, la già intervenuta produzione, come si desume dall’esplicito riferimento appunto ai «documenti prodotti» (Cass., sez. I, 6 novembre 2013, n. 24972, m. 628963).

2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione dell’art. 2969 c.c., lamentando che erroneamente i giudici del merito abbiano rilevato d’ufficio la supposta decadenza.

Il motivo è infondato.

Lo stesso art. 2969 c.c. prevede infatti che la decadenza possa essere rilevata d’ufficio quando si tratti di materia sottratta alla disponibilità delle parti. E in realtà l’art. 153 c.p.c., secondo una consolidata interpretazione dottrinale e giurisprudenziale, sottrae appunto alla disponibilità delle parti il rispetto dei termini qualificati come perentori (Cass., sez. I, 19 marzo 2004, n. 5539, m. 571314, Cass., sez. V, 20 novembre 2006, n. 24606, m. 594221).

Ne consegue che è rilevabile d’ufficio il termine previsto a pena di decadenza dall’art. 99 comma l n. 4) legge fall.

3. Al rigetto del ricorso non consegue pronuncia sulle spese in mancanza di difese del fallimento intimato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Roma, 11 novembre 2015

 

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