Corte di Cassazione – sezione prima civile – sentenza n. 17400 del 1° settembre 2015

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Svolgimento del Processo e Motivi della Decisione

Rilevato che la signora (Omissis) ha chiesto al Tribunale di Lecco l’attribuzione di una quota del trattamento pensionistico spettante al defunto coniuge, (Omissis), con il quale aveva contratto matrimonio concordatario il l giugno 2005; che il defunto, già percettore di due pensioni (una erogata da Enasarco e l’altra dall’Inps), aveva contratto, con la signora (Omissis), un precedente matrimonio concordatario, i cui effetti erano cessati in base alla sentenza n. …/2000 dello stesso Tribunale;

che, in contraddittorio con la (Omissis) – che chiedeva l’attribuzione dell’87,8% del trattamento pensionistico del defunto – e l’Inps (contumace), il Tribunale ha statuito attribuendo la quota dell’87,5% alla (Omissis) e la residua (12,5%) alla (Omissis);

che l’impugnazione della (Omissis) è stato parzialmente accolta dalla Corte d’appello di Milano, che ha rideterminato le quote, riservando il 65% alla signora (Omissis) e la restante (35%) alla (Omissis);

che la sentenza della Corte territoriale è stata notificata, su istanza della (Omissis), a tutte le parti e, precisamente, al difensore della (Omissis), avv. (Omissis), in assenza di elezione di domicilio in appello, presso la cancelleria della Corte, in data 15 novembre 2011 (ed alla parte personalmente in data 24 novembre successivo), oltre che all’Inps ed Enasarco;

che avverso la sentenza di appello, qualificata come non notificata (p. 2 del ricorso) ha proposto ricorso per cassazione la sig. (Omissis), con impugnazione affidata a due mezzi;

che la signora (Omissis) ha resistito con controricorso e proposto «controricorso incidentale condizionato» affidato a due mezzi;

che gli enti previdenziali non hanno svolto difese scritte.

Considerato che il ricorso è inammissibile, così come eccepito dalla controricorrente, in quanto l’impugnazione risulta essere stata proposta oltre la data consentita quando la sentenza da impugnare risulti essere stata notificata – contrariamente a quanto recita il ricorso, a p. 2 – sia al difensore della ricorrente (presso la cancelleria dell’Ufficio giudiziario a quo) sia alla parte personalmente, rispettivamente in data 15 e 24 novembre 2011, mentre l’odierna impugnazione è stata portata alla notifica solo il 7 marzo 2012, ossia ben oltre il termine breve di sessanta giorni, previsto dall’art. 325, secondo coma, c.p.c.;

che, infatti, il difensore della ricorrente – come risulta dall’intestazione della sentenza impugnata in questa sede – non aveva eletto domicilio in Milano, ma presso il suo studio di Lecco, onde la ritualità della notificazione della sentenza, da parte della difesa avversaria, presso la cancelleria della Corte territoriale secondo la regola contenuta nell’art. 82, secondo coma, del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37 (I procuratori, i quali esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati, devono, all’atto della costituzione nel giudizio stesso, eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l’autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso. In mancanza della elezione di domicilio, questo di intende eletto presso la cancelleria della stessa autorità giudiziaria.), valida anche per le autorità giudiziarie distrettuali;

che, infatti, la Corte (a Sezioni unite) superando un contrasto interpretativo ha stabilito (Sentenza n. 10143 del 2012) che l’art. 82 del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37 – secondo cui gli avvocati, i quali esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati, devono, all’atto della costituzione nel giudizio stesso, eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l’autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso, intendendosi, in caso di mancato adempimento di detto onere, lo stesso eletto presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria adita – trova applicazione in ogni caso di esercizio dell’attività forense fuori del circondario di assegnazione dell’avvocato, come derivante dall’iscrizione al relativo ordine professionale, e, quindi, anche nel caso in cui il giudizio sia in corso innanzi alla corte d’appello e l’avvocato risulti essere iscritto all’ordine di un tribunale diverso da quello nella cui circoscrizione ricade la sede della corte d’appello, ancorché appartenente allo stesso distretto di quest’ultima. Tuttavia, a partire dalla data di entrata in vigore delle modifiche degli artt. 125 e 366 cod. proc. civ., apportate dall’art. 25 della legge 12 novembre 2011, n. 183, esigenze di coerenza sistematica e d’interpretazione costituzionalmente orientata inducono a ritenere che, nel mutato contesto normativo, la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria, innanzi alla quale è in corso il giudizio, ai sensi dell’art. 82 del r.d. n. 37 del 1934, consegue soltanto ove il difensore, non adempiendo all’obbligo prescritto dall’art. 125 cod. proc. civ. per gli atti di parte e dall’art. 366 cod. proc. civ. specificamente per il giudizio di cassazione, non abbia indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine;

che, nella specie, la sentenza impugnata è stata depositata in data 12 settembre 2011 e, quindi, prima dell’entrata in vigore della menzionata legge 12 novembre 2011, n. 183 (onde l’assenza di riferimento all’indirizzo PEC, come peraltro non risulta neppure dalla sentenza e dallo stesso ricorso per cassazione, tardivo);

che, di conseguenza, il ricorso principale va dichiarato inammissibile;

che il ricorso incidentale condizionato all’accoglimento del principale (di conseguenza tardivo al pari del principale) deve essere dichiarato inefficace;

che le spese, tra le parti principali, seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo; mentre quelle con l’ente previdenziale presente all’udienza (l’Inps) devono essere compensate.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso principale e inefficace l’incidentale condizionato e condanna la ricorrenti al pagamento delle spese processuali che liquida, in favore della resistente (Omissis), nella misura di € 2.200,00, di cui € 200,00 per esborsi oltre spese forfettaria e accessori di legge. Compensa le spese tra la ricorrente principale e l’Inps.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della l sezione civile della Corte di cassazione, il 7 luglio 2015

 

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