Le Sezioni Unite e la pregiudizialità della questione di giurisdizione rispetto alla questione di competenza

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«La pregiudizialità della questione di giurisdizione rispetto alla questione di competenza – in quanto fondata sulle norme costituzionali relative al diritto alla tutela giurisdizionale (24, primo comma), alla garanzia del giudice naturale precostituito per legge (25, primo comma), ai principi del “giusto processo” (111, primo e secondo comma), alla attribuzione della giurisdizione a giudici ordinari, amministrativi e speciali ed al suo riparto tra questi secondo criteri predeterminati (artt. 102, primo e secondo comma, 103, VI disp. trans. e fin.) – può essere derogata soltanto in forza di norme o principi della Costituzione o espressivi di interessi o di valori di rilievo costituzionale, come, ad esempio, nei casi di mancanza delle condizioni minime di legalità costituzionale nell’instaurazione del “giusto processo”, oppure della formazione del giudicato, esplicito o implicito, sulla giurisdizione».

«Nel caso in cui avverso una sentenza (di primo grado) – con la quale il giudice ordinario adito abbia esaminato e deciso sia una questione di giurisdizione, dichiarando espressamente la giurisdizione del giudice ordinario, sia una questione di competenza, declinando la propria competenza ed indicando il diverso giudice ritenuto competente – sia stato proposto regolamento di competenza, da qualificarsi come “facoltativo”, la Corte di cassazione, non essendosi formato il giudicato sulla giurisdizione secondo il disposto di cui all’art. 43, terzo comma, primo periodo, cod. proc. civ., può rilevare d’ufficio il difetto di giurisdizione del giudice ordinario adito ai sensi dell’art. 37 cod. proc. civ., in forza dei concorrenti principi di pregiudizialità della questione di giurisdizione rispetto alla questione di competenza, di economia processuale, di ragionevole durata del processo e di attribuzione costituzionalmente riservata alla Corte di cassazione di tutte le questioni di giurisdizione e di competenza, nonché del rilievo che la statuizione sulla sola questione di competenza potrebbe risultare inutiliter data a séguito di un esito del processo d’impugnazione sulla questione di giurisdizione nel senso del difetto di giurisdizione del giudice ordinario».

«In materia di imposta comunale sugli immobili (I.C.I.), istituita e disciplinata dal d. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, e successive modificazioni, imposta da qualificarsi come tributo e non come entrata patrimoniale pubblica extratributaria, la controversia promossa dal contribuente – ai sensi dell’art. 3 del R. D. 14 aprile 1910, n. 639, nel testo sostituito dall’art. 34, comma 40, del d. Lgs. 10  settembre 2011, n. 150, e disciplinata dall’art. 32 dello stesso d. Lgs. n. 150 del 2011 – avverso l’ingiunzione fiscale, emessa dal comune in pendenza del giudizio tributario promosso contro l’avviso di accertamento ai sensi dell’art. 68 del d. Lgs. n. 546 del 1992 e quindi sostanzialmente equivalente all’iscrizione dell’imposta nel ruolo notificata al contribuente, è assimilabile alla controversia avente ad oggetto l’impugnazione del ruolo, con la conseguenza che la controversia medesima, alla luce del combinato disposto degli artt. 2, comma 1, primo periodo, e 19, comma 1, lettera d), del d. Lgs. 546 del 1992, e 15 del d. Lgs. n. 504 del 1992, è attribuita alla giurisdizione del Giudice tributario».

Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione – Sezioni Unite Civili – con sentenza n. 29 del 5 gennaio 2016

Le questioni affrontate

Le Sezioni Unite e la pregiudizialità della questione di giurisdizione rispetto alla questione di competenza

Le Sezioni Unite e la pregiudizialità della questione di giurisdizione rispetto alla questione di competenza

Con la citata sentenza, la Suprema Corte ha espresso tre principi enunciati nelle rispettive massime sopra riportate relativamente a:

a) La pregiudizialità della questione di giurisdizione rispetto alla questione di competenza;

b) Il rilievo officioso del difetto di giurisdizione da parte della Corte di Cassazione innanzi alla quale sia stato proposto regolamento (facoltativo) di competenza;

c) La giurisdizione in materia di opposizione a ingiunzione fiscale per il pagamento dell’imposta comunale sugli immobili (ICI).

In particolare, le Sezioni Unite respingono la “proposta” contenuta nella ordinanza di rimessione con cui veniva sollecitata opportunamente – ai sensi dell’art. 374, secondo comma, cod. proc. civ., in presenza di non univoci orientamenti della Corte, «il riesame del dibattuto rapporto di pregiudizialità tra la questione di giurisdizione e quella di competenza [sembrando] condivisibile l’opinione risalente, un tempo maggioritaria, che la competenza rivesta carattere prioritario: giacché l’accertamento della spettanza della giurisdizione – o anche, in radice, dell’esistenza stessa della giurisdizione, in ipotesi di assoluta carenza di azione – non può che essere decisa dal giudice in astratto competente per materia, valore e territorio a conoscere della controversia, sulla base della prospettazione della domanda. In virtù del principio che ogni giudice è competente a decidere della propria competenza, sembra evidente – prosegue l’ordinanza di rimessione – che tale accertamento sia pregiudiziale rispetto a qualunque altra questione, di rito o di merito, costituendo un riflesso del principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge (art. 25 Cost.)», sollecitando altresì, in particolare, «un’eventuale rivisitazione critica dell’indirizzo più recente: muovendo dal rilievo che la questione della giurisdizione, pur se in astratto preliminare in rapporto alla competenza, che ne rappresenta una frazione – principio richiamato nella ratio decidendi riprodotta nelle relative massime e su cui si dovrebbe consentire, ove a decidere fosse ab initio la Corte di legittimità, deputata a dirimere in via definitiva il riparto di giurisdizione e di competenza – non si traduce in pregiudizialità giuridica qualora sia invece il giudice di primo grado (potestativamente adito dalla parte attrice) ad esaminarla; e che dovrebbe invece astenersene, ove riconosca di non essere stato correttamente individuato: riservandone la cognizione, unitamente al merito, al diverso giudice da lui ritenuto competente».

Viceversa, per le Sezioni Unite, in un ordinamento giurisdizionale connotato da più giurisdizioni – ciascuna con proprie e specifiche attribuzioni giurisdizionali – , il diritto alla tutela giurisdizionale, la garanzia del “giudice naturale” e gli stessi princípi del «giusto processo», da svolgersi secondo il canone della «ragionevole durata» (art. 111, primo e secondo comma), per risultare pienamente ed effettivamente realizzati, esigono la massima certezza quanto all’individuazione del giudice legittimato alla cognizione della controversia relativamente alla quale si chiede tutela: innanzitutto, del giudice – ordinario, amministrativo, speciale appunto – al quale è attribuita, secondo Costituzione, tale cognizione (potestas judicandi) e, soltanto in seconda e definitiva approssimazione, del giudice al quale è concretamente attribuita, secondo l’ordinamento processuale di ciascun ordine giurisdizionale stabilito con legge ordinaria, la cognizione medesima (potestas decidendi).

E detta certezza è costituzionalmente assicurata – proseguono le Sezioni Unite – dalla Corte di cassazione, alla quale, appunto, «la Costituzione (art. 111) e l’ordinamento processuale attribuiscono la funzione di giudice ultimo della legittimità (sent. n. 50 in pari data) ed, in particolare, come la Suprema Corte ha affermato in altre sue precedenti pronunzie (sent. n. 50 e 109 del 1963), la funzione regolatrice della giurisdizione nonché delle competenze degli organi giudiziari» (così la Corte costituzionale nella sentenza n. 51 del 1970, n. 3. del Considerato in diritto; cfr. anche, ex plurimis, la sentenza n. 59 del 1993, n. 3. del Considerato in diritto, laddove si afferma che «le norme sui conflitti [di giurisdizione] servono proprio a stabilire quale sia il giudice naturale e se, in particolare, vi sia o meno giurisdizione [….]», nonché la sentenza n. 86 del 1982, n. 6. del Considerato in diritto, laddove si afferma, tra l’altro, che «le leggi ordinarie non possono [….] disporre delle funzioni costituzionalmente riservate alla Corte di cassazione (in base al secondo e terzo comma dell’art. 111) [ora settimo e ottavo comma]»).

Per le Sezioni Unite, tutte le osservazioni che precedono conducono univocamente alla conclusione che ogni giudice adito, anche nei casi in cui egli stesso – o la parte – dubiti della sua competenza, deve sempre verificare innanzitutto, anche d’ufficio (previa eventuale sollecitazione del contraddittorio sul punto ai sensi dell’art. 101, secondo comma, cod. proc. civ.), in conformità con le richiamate norme costituzionali e con l’art. 37 cod. proc. civ., la sussistenza della propria giurisdizione (il cui esito – è utile sottolineare – sarebbe sempre opportuno esplicitare chiaramente, ai fini dell’eventuale accertamento circa la formazione del giudicato sulla giurisdizione), e solo successivamente, in caso affermativo, della propria competenza, nel rispetto delle regole poste dall’art. 38 dello stesso codice di rito.

Contrariamente opinando – conclude la Corte – la previa decisione della questione di competenza potrebbe risultare del tutto inutiliter data – e, quindi, collidente, tra l’altro, con i principi di economia processuale, del “giusto processo” e della sua “ragionevole durata” – ove il giudice adito fosse poi – com’è possibile in determinate fattispecie processuali, quali quella di specie (cfr. in particolare, in fra, n. 5., lettera E) – dichiarato privo di giurisdizione.

Una sentenza che merita di essere letta per intero per le questione giuridiche prospettate e risolte e, non ultimo, per il riferimento alle norme del diritto internazionale ed eurounitario.

avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)

managing partner at clouvell (www.clouvell.com)

 

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