Interruzione della prescrizione: le sezioni unite estendono il principio della scissione della notificazione anche agli atti processuali con effetti sostanziali

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Quando un diritto non si può far valere se non con un atto processuale, la prescrizione è interrotta dall’atto di esercizio del diritto, ovvero dalla consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario per la notifica, non essendo necessario che l’atto giunga a conoscenza del destinatario entro il termine prescrizionale, operando anche in tale ipotesi il principio di scissione degli effetti della notificazione.

Lo ha stabilito la Corte Suprema di Cassazione – sezioni unite civili – con sentenza n. 24822 del 9 dicembre 2015

Il caso

Interruzione della prescrizione: le sezioni unite estendono il principio della scissione della notificazione anche agli atti processuali con effetti sostanziali

Interruzione della prescrizione: le sezioni unite estendono il principio della scissione della notificazione anche agli atti processuali con effetti sostanziali

La questione principale affrontata dalle sezioni unite riguarda il rigetto di un’azione revocatoria per prescrizione dell’azione.

In particolare, l’atto di citazione era stato consegnato all’ufficiale giudiziario per la notifica entro il termine prescrizionale, ma l’atto era stato recapitato al destinatario quando orami era decorso il predetto termine.

Ed allora, il problema affrontato riguarda l’estensione del principio della differente decorrenza degli effetti della notificazione per il notificante e per il destinatario.

Ricordano gli Ermellini che la portata della regola – che è stata introdotta nell’ordinamento dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 477 del 2002 e che, successivamente, è stata recepita dal legislatore nell’art. 149 c.p.c., – è stata circoscritta da numerose decisioni della Corte di Cassazione.

L’orientamento prevalente

Per Cass. n. 9303 del 2012, la regola della differente decorrenza degli effetti della notificazione non trova applicazione in tema di esercizio del diritto di riscatto dell’immobile locato da parte del conduttore ai sensi dell’art. 39 della legge 27 luglio 1978, n. 392.

Nella decisione è stato sottolineato il carattere ricettizio della dichiarazione di riscatto, affermando che “affinchè possa operare la presunzione di conoscenza della dichiarazione diretta a persona determinata stabilita dall’art. 1335 cod. civ., occorre la prova, il cui onere incombe al dichiarante, che la stessa sia stata recapitata all’indirizzo del destinatario, e cioè, nel caso di corrispondenza, che questa sia stata consegnata presso tale indirizzo”.

Ai fini dell’operatività della presunzione è stato quindi ritenuto insufficiente un tentativo di recapito ad opera dell’agente postale, tutte le volte in cui questo, ritenuto – sia pure a torto – il destinatario sconosciuto all’indirizzo indicato nella raccomandata, ne abbia disposto il rinvio al mittente, stante la mancanza, in casi siffatti, di ogni concreta possibilità per il soggetto al quale la lettera è diretta, di venirne a conoscenza. Si è segnatamente esclusa la possibilità di richiamare, in senso contrario, la disciplina del recapito delle raccomandate con deposito delle stesse presso l’ufficio postale e rilascio dell’avviso di giacenza, evidenziandosi come, in tal caso, sussista comunque la possibilità di conoscenza del contenuto della dichiarazione, tanto più che questa si ritiene pervenuta all’indirizzo indicato solo dal momento del rilascio dell’avviso di giacenza del plico”.

L’atto con il quale è esercitato il diritto potestativo di riscatto, quindi, si esercita attraverso una dichiarazione unilaterale ricettizia di carattere negoziale, idonea a determinare ex lege l’acquisto dell’immobile a favore del retraente.

Una tale dichiarazione produce i propri effetti solo una volta che sia pervenuta a conoscenza della controparte o, comunque, in base alla presunzione di cui all’art. 1335 c.c., nella sfera di normale conoscibilità della persona interessata.

Secondo la decisione, il principio della scissione soggettiva della notificazione, trovando la sua giustificazione nella tutela dell’interesse del notificante a non vedersi addebitato l’esito intempestivo del procedimento notificatorio per la parte sottratta alla sua disponibilità, è stato implicitamente circoscritto dalla stessa Corte Costituzionale ai soli atti processuali.

L’estensione della regola fuori da tale ambito sarebbe in contrasto con il principio generale di certezza dei rapporti giuridici che, ai fini dell’efficacia degli atti unilaterali ricettizi, richiede la conoscenza o conoscibilità dell’atto da parte della persona interessata.

Eguale regola è affermata da Cass. n. 15671 del 2011 secondo la quale la mera consegna all’ufficiale giudiziario dell’atto di accettazione della proposta di alienazione del fondo rustico non è idonea a interrompere il decorso del termine prescrizionale per l’esercizio del diritto di riscatto spettante all’affittuario, essendo a questo fine necessario che l’atto sia giunto a conoscenza, ancorché legale e non necessariamente effettiva, del soggetto al quale è diretto.

Cass. n. 13588 del 2009, seguendo l’indirizzo prevalente, ha affermato che la consegna all’ufficiale giudiziario dell’atto da notificare non è idonea ad interrompere il decorso del termine prescrizionale del diritto fatto valere. Ciò perchè ” il principio generale – affermato dalla sentenza n. 477 del 2002 della Corte costituzionale – secondo cui, quale sia la modalità di trasmissione, la notifica di un atto processuale si intende perfezionata, dal lato del richiedente, al momento dell’affidamento dell’atto all’ufficiale giudiziario, non si estende all’ipotesi di estinzione del diritto per prescrizione in quanto, perché l’atto, giudiziale o stragiudiziale, produca l’effetto interruttivo del termine, è necessario che lo stesso sia giunto alla conoscenza (legale, non necessariamente effettiva) del destinatario”.

Negli stessi termini Cass. n. 18759 del 2013. Secondo l’indirizzo prevalente, la scissione degli effetti per il mittente e per il destinatario si applica solo alla notifica degli atti processuali e non a quella degli atti sostanziali, né agli effetti sostanziali degli atti processuali. Questi ultimi, pertanto, producono i loro effetti soltanto dal momento in cui pervengono all’indirizzo del destinatario, a nulla rilevando il momento in cui siano stati consegnati dal notificante all’ufficiale giudiziario od all’ufficio postale.

La necessità di rimeditare l’orientamento tradizionale.

L’ordinanza soprarichiamata, sul presupposto che i valori costituzionali perseguiti con il principio della “scissione” sarebbero insensibili alla natura – processuale o sostanziale – degli effetti dell’atto notificato, proponeva una serie di argomenti a sostegno della necessità di rimeditare l’orientamento prevalente della giurisprudenza di legittimità, ampliando lo spazio di azione della regola della diversa decorrenza.

Il principio trova la sua giustificazione nella necessità di coordinare la garanzia di conoscibilità dell’atto da parte del destinatario con l’interesse del notificante a non vedersi addebitato l’esito intempestivo di un procedimento notificatorio parzialmente sottratto ai suoi poteri di impulso.

L’ordinanza de qua, poi, si sofferma sulla principale obiezione mossa all’estensione del principio di scissione degli effetti alla notificazione degli atti sostanziali. Nessuna lesione alla certezza del diritto, infatti, potrebbe provocare l’applicazione di una regola che presuppone per la sua piena operatività che il procedimento di notificazione sia portato a regolare compimento, con la piena garanzia di conoscenza (o, quanto meno, di conoscibilità legale) dell’atto da parte del destinatario.

Tale esigenza di certezza, peraltro, si pone in termini analoghi anche in relazione ai soli effetti processuali dell’atto notificato, in ordine ai quali la regola della scissione degli effetti costituisce ormai un punto fermo nel panorama dell’ordinamento positivo.

La posizione giuridica del destinatario, infatti, non risente di maggior incertezza solo perché la diversa decorrenza degli effetti venga fatta operare ai fini sostanziali anziché nell’ambito processuale.

La portata della sentenza della Corte costituzionale n. 477 del 2002.

Originariamente la notifica si perfezionava al momento della conoscenza o conoscibilità legale del destinatario: e questa conclusione era coerente, sia con la natura del procedimento di notificazione (attività che si perfeziona al momento in cui l’atto notificato è conosciuto o conoscibile dal destinatario), sia con la natura di atto recettizio dell’atto da notificare (ovviamente questa considerazione vale solo per gli atti recettizi).

L’incostituzionalità viene affermata sia sotto il profilo del diritto di difesa (e qui il riferimento è circoscritto agli atti giudiziari e amministrativi), sia sotto il profilo della ragionevolezza (un effetto di decadenza che discende dal ritardo di un’attività non imputabile al notificante; fin quanto del tutto estranea alla sua sfera di disponibilità).

Senonché, secondo la Corte regolatrice, nella impostazione della Corte costituzionale il parametro del diritto di difesa appare svolgere una funzione logica complementare e aggiuntiva: il vero parametro di costituzionalità è il principio di ragionevolezza.

Capacità espansiva dei principi affermati nella sentenza della Corte costituzionale.

La ratio decidendi della pronuncia costituzionale è – prima ancora che il diritto di difesa- il principio di ragionevolezza. E tale principio ha una potenzialità espansiva -sul piano interpretativo notevolmente superiore rispetto al principio di difesa.

Per le Sezioni Unite, il principio di ragionevolezza implica un bilanciamento dei beni in conflitto. All’esito del bilanciamento un bene viene sacrificato a vantaggio di un altro bene. La tecnica del bilanciamento avviene attraverso vari steps:

a) primo step: il sacrificio di un bene deve essere necessario per garantire la tutela di un bene di preminente valore costituzionale (per esempio, certezza e stabilità delle relazioni giuridiche);

b) secondo step: a parità di effetti, si deve optare per il sacrificio minore;

c) terzo step: deve essere tutelata la parte che non versa in colpa;

d) quarto step: se entrambe le parti non sono in colpa, il bilanciamento avviene imponendo un onere di diligenza – o, comunque, una condotta (attiva o omissiva) derivante da un principio di precauzione – alla parte che più agevolmente è in grado di adempiere.

La soluzione accolta dalle Sezioni Unite e, ancor prima, dalla sentenza della Corte Costituzionale sopra richiamata, che applica la tecnica interpretativa del bilanciamento, è del tutto ragionevole.

Invero:

– il notificante non ha colpe;

– il notificato lucra sul ritardo dell’ufficiale giudiziario;

Dunque – per i giudici di piazza Cavour – il notificante subisce un danno senza colpa (quello che doveva fare l’ha fatto nei termini) il notificato gode di un vantaggio senza merito: è il puro caso che gli attribuisce il guadagno.

Si tratta di scegliere se allocare la perdita sulla parte incolpevole e allocare il guadagno sulla parte immeritevole.

L’orientamento prevalente, secondo le sezioni unite, in sostanza, fa decidere al caso il torto e la ragione. Ma è proprio applicando la tecnica del bilanciamento che le sezioni unite trovano la soluzione.

Non si può allocare sul notificante incolpevole la perdita definitiva del diritto quando basterebbe imporre al notificato il lieve peso di un onere di attesa, dettato dal principio di precauzione. Entrambe le parti sono incolpevoli. Ma nel bilanciamento tra la perdita definitiva del diritto per una parte e un lucro indebito per l’altra parte, la soluzione più razionale è quella di salvaguardare il diritto di una parte incolpevole ponendo a carico dell’altra parte – parimenti incolpevole – un pati, cioè una situazione di attesa che non pregiudica, comunque, la sua sfera giuridica.

I limiti di operatività del principio espresso dalle sezioni unite.

Per gli Ermellini a sezioni unite, però, la ratio posta a base di queste opposte soluzioni (atti negoziali unilaterali e atti processuali) implica una fondamentale actio finium regundorum: la soluzione a favore del notificante vale nel solo caso in cui l’esercizio del diritto può essere fatto valere solo mediante atti processuali.

In ogni altro caso, opera la soluzione opposta.

Una breve riflessione

Il principio espresso dalle sezioni unite è pienamente condivisibile non solo da un punto di vista giuridico, ma anche e soprattutto da un punto di vista logico.

Il bilanciamento operato dalla Suprema Corte per dirimere la questione appare ineccepibile. In effetti, sarebbe iniquo addossare una conseguenza pregiudizievole ad una parte che non ha colpa e nessun potere di controllo sui tempi di consegna di un atto al destinatario, avendo posto in essere, nei termini riconosciutigli dall’ordinamento, i necessari atti.

A parere di chi scrive, però, appare iniquo che il principio espresso non si applichi anche agli atti puramente sostanziali, che cioè possano essere fatti valere extra processo (ci si riferisce agli atti “puri” interruttivi della prescrizione). Se la parte ha la facoltà di esercitare il diritto entro il termine prescrizionale e ha pure la facoltà di interrompere il termine attraverso una semplice richiesta di pagamento, perché si dovrebbe addossare al creditore l’alea del ritardo nella consegna dell’atto?

Si è più che convinti che in un imminente futuro vi potrebbero essere delle aperture anche in tale direzione.

avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)

managing partner at clouvell (www.clouvell.com)

 

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