I limiti alla operatività del principio di non contestazione in ambito civile

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Il principio di non contestazione opera rispetto ai fatti costitutivi del diritto dell’attore, che ove non contestati non necessitano di prova, ma non fa venir meno il potere del giudice di verificare anche d’ufficio alcuni presupposti processuali, quali la legittimazione ad agire della parte. I limiti ai quali va incontro il principio di non contestazione sono da un lato la disponibilità del diritto, dall’altro la rilevabilità d’ufficio di alcune questioni, che risponde ad un sovraordinato interesse generale.

Lo ha ribadito la Suprema Corte di Cassazione – sezione terza civile – con sentenza n. 21176 del 20 ottobre 2015

I limiti alla operatività del principio di non contestazione in ambito civile

I limiti alla operatività del principio di non contestazione in ambito civile

Il caso  

Nel 2004, i figli e la madre di un automobilista deceduto in conseguenza di un incidente stradale convenivano in giudizio il proprietario del mezzo e la sua compagnia assicuratrice chiedendone la condanna al risarcimento dei danni tutti subiti a causa dell’incidente stradale a seguito del quale perdeva la vita il loro congiunto, per esclusiva responsabilità del conducente del mezzo responsabile del danno che aveva parcheggiato un autocarro lungo una strada statale in un luogo ove la sosta non era consentita, tralasciando di segnalarne la sosta ed occupando in parte col veicolo la sede stradale, cosicché il loro congiunto, che sopraggiungeva al termine di un sorpasso, trovando la corsia di marcia parzialmente occupata dall’autocarro, non riusciva ad evitare l’impatto con esso.

La sentenza del Tribunale

Il Tribunale, nel 2008, preliminarmente dichiarava la carenza di legittimazione attiva della madre del soggetto deceduto e nel merito accoglieva in parte la domanda delle altre attrici, riconoscendo il concorso colposo della vittima nella misura del 75%, e condannando i convenuti a risarcire alle figlie del defunto il danno non patrimoniale da esse sostenuto, per la percentuale del 25 % di loro competenza nella misura di 20.000,00 euro ciascuna.

La sentenza della Corte territoriale

La Corte d’Appello di Trieste, con la sentenza conclusiva del secondo grado, rigettava sia l’appello principale delle ricorrenti che l’appello incidentale della compagnia di assicurazioni.

Da qui il ricorso per cassazione delle originarie attrici, articolato in sei motivi, rispetto al quale resiste la compagnia di assicurazioni con controricorso contenente ricorso incidentale articolato in due motivi.

I motivi di ricorso

Con il primo motivo di ricorso le ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (vizio di ultrapetizione e inosservanza del principio di mancata contestazione), nonché la insufficienza e incoerenza della motivazione, ai sensi dell’art. 360 n. 3 e 4 c.p.c., in relazione alla violazione dell’art. 167 c.p.c. e 115 primo comma sia nella originaria formulazione che a seguito della modifica operata dalla legge n. 69 del 2009 in base alla quale il giudice deve porre a base della decisione oltre alle prove proposte dalle parti e dal P.M. anche i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita.

Con il secondo motivo le ricorrenti deducono l’omesso esame su un fatto decisivo già oggetto di previa discussione fra le parti ex art. 360 n. 5 c.p.c. in relazione agli artt. 1123, 1126, 2056, 2059 e 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c. nonché la insufficienza e incoerenza della motivazione ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c.

Entrambi i motivi sono ritenuti infondati.

Il rapporto tra il principio di non contestazione e la rilevabilità d’ufficio di talune questioni.

Per gli Ermellini, la questione sottesa ai due motivi di ricorso è quella del rapporto tra il principio di non contestazione e la rilevabilità d’ufficio di talune questioni.

I limiti di operatività del principio di non contestazione.

Secondo i giudici di piazza Cavour, il principio di non contestazione opera rispetto ai fatti costitutivi del diritto dell’attore, che ove non contestati non necessitano di prova, ma non fa venir meno il potere del giudice di verificare anche d’ufficio alcuni presupposti processuali, quali la legittimazione ad agire della parte. I limiti ai quali va incontro il principio di non contestazione sono da un lato la disponibilità del diritto, dall’altro la rilevabilità d’ufficio di alcune questioni, che risponde ad un sovraordinato interesse generale.

I precedenti sul punto

I giudici di legittimità ricordano che come già chiarito dalla Suprema Corte (da ultimo, Cass. n. 8969 del 2015), il principio di non contestazione (posto dapprima dall’art. 416, comma 3, come sostituito dalla L. n. 533 del 1973 sul rito del lavoro, poi dall’art. 167 c.p.c., comma 1, novellato dalla L. n. 353 del 1990, e infine dall’art. 115, comma 1, come modificato dalla L. n. 69 del 2009) mira a selezionare i fatti pacifici e a separarli da quelli controversi, per i quali soltanto si pone l’esigenza dell’istruzione probatoria; e ad escludere, all’atto della decisione, l’applicabilità della regola di giudizio di cui all’art. 2697 c.c., nei casi in cui il fatto costitutivo della domanda, benché non provato, sia da ritenersi implicitamente pacifico.

Tale principio – proseguono gli Ermellini – opera in un ambito non solo soggettivamente ma anche oggettivamente dominato dalla disponibilità delle parti, nel senso che sono suscettibili di non contestazione soltanto i fatti storici la cui ricostruzione ex post richieda il dispendio dell’attività probatoria, la quale a sua volta è normalmente rimessa alle parti.

Quando il principio di non contestazione si attenua.

Il principio di non contestazione – a parere dei giudici di legittimità – si attenua drasticamente nell’ambito delle questioni rilevabili d’ufficio.

Il principio di non contestazione e la verifica della legittimazione attiva e passiva.

Pertanto – concludono i giudici di piazza Cavour – la questione della legittimazione attiva e passiva, attenendo al contraddittorio e dovendo essere verificata anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo col solo limite della formazione del giudicato interno (cfr. ex pluribus, Cass. S.U. n. 1912 del 2012), come sfugge alla disponibilità delle parti così si sottrae all’operatività del principio di non contestazione.

Ne consegue che legittimamente la Corte territoriale ha ritenuto di farsi carico della verifica della condizione di madre del defunto in capo alla attrice tale qualificatasi anche se non tempestivamente contestata.

Anche tutti gli altri motivi, inclusi quelli proposti dal contro ricorrente incidentale, vengono rigettati per infondatezza.

Una breve riflessione.

La sentenza in rassegna offre un interessante spunto di riflessione a proposito del principio di non contestazione.

Un principio, quello di non contestazione, di fondamentale importanza perché interagisce direttamente con la norma contenuta nell’articolo 2697 del codice civile e, quindi, idoneo a mutare la distribuzione dell’onere probatorio o, più correttamente, ad esonerare la parte onerata dal fornire la prova del fatto allegato (e non contestato).

Ciò detto, la Suprema Corte evidenzia però che il principio di non contestazione incontra il limite delle questioni rilevabili di ufficio, come è accaduto per la questione della legittimazione attiva della madre del soggetto deceduto nel caso oggetto di esame da parte della Suprema Corte.

La madre del defunto si era dichiarata madre e tale allegazione non era stata contestata.

Ciononostante, trattandosi di questione attinente al contraddittorio e quindi alla legittimazione attiva, essa è rilevabile d’ufficio dal giudice, potendo quindi essere sollevata (e risolta) anche in assenza di una specifica contestazione di controparte sul punto.

In conclusione, la parte processuale che, secondo il criterio ordinario di riparto dell’onere probatorio è onerata di provare i fatti, non si accontenti della non contestazione di controparte, ma verifichi, previamente, se l’accertamento del fatto allegato (e non contestato) sia o meno sottratto alla disponibilità delle parti, oppure se esso attenga a questioni che siano rilevabili di ufficio.

avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)

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