Corte Suprema di Cassazione – sezione lavoro – sentenza n. 15712 del 27 luglio 2015

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 349/05 il Tribunale di Agrigento, pronunciando sull’opposizione a cartella esattoriale proposta da (omissis), accertava — per quanto qui rileva — l’obbligo dell’opponente di pagare all’INPS euro 10.350,43 relativamente ai contributi previdenziali dovuti in ordine alla posizione delle dipendenti (Omissis) e (Omissis).

Con sentenza depositata il 22.9.08 la Corte d’appello di Palermo, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, riduceva ad euro 6.715,52 il credito dell’INPS, limitandolo alla posizione della sola dipendente (omissis), assunta il (Omissis) con contratto di formazione e lavoro (CFL). Per essa (Omissis) aveva fruito di indebiti sgravi contributivi perché, in realtà, la (Omissis) non era disoccupata da almeno 12 mesi, avendo già lavorato come dipendente della (omissis) medesima dall’8.9.95 al 7.1.96. A tal fine la Corte di merito faceva applicazione diretta della decisione n. 128/99 della Commissione UE, secondo cui gli sgravi contributivi previsti dalla normativa italiana sul contratto di formazione e lavoro (sgravi oggetto della presente controversia) non costituivano aiuti di Stato purché relativi a lavoratori disoccupati da almeno 12 mesi.

Per la cassazione della sentenza della Corte territoriale ricorre (omissis) affidandosi ad un unico articolato motivo.

L’INPS — in proprio e quale mandatario ex lege della S.C.C.I. S.p.A., Società di Cartolarizzazione dei crediti INPS – resiste con controricorso.

Montepaschi SE.RI.T. S.p.A. — anche nei confronti della quale si sono celebrati i gradi di merito — è rimasta intimata.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1- Con unico articolato motivo si denuncia violazione degli artt. 24 Cost., 101 e 112 c.p.c. e nullità del procedimento e della sentenza, per avere la Corte territoriale pronunciato, riguardo alla posizione della (Omissis) e al fatto che la stessa non era disoccupata da almeno 12 mesi, in assenza di apposita contestazione a riguardo da parte dell’INPS, in tal modo incorrendo nel vizio di ultrapetizione e violando il diritto al contraddittorio e i diritti di difesa della ricorrente. Quanto all’applicazione diretta, da parte del giudice nazionale, della decisione n. 128/99, così come per tutte le decisioni della Commissione UE essa può avvenire — si sostiene in ricorso – soltanto in controversie aventi il medesimo oggetto. Infine, si lamenta che la Corte territoriale non abbia pronunciato in ordine all’esistenza o meno degli altri requisiti previsti dalla citata decisione n. 128/99.

2- Il ricorso è infondato.

La censura relativa al vizio di ultrapetizione va disattesa vuoi perché l’INPS aveva sollevato già con la memoria difensiva di secondo grado (coltivandola, poi, con quella d’appello) la questione dell’assenza del requisito di almeno 12 mesi di disoccupazione della (Omissis), vuoi perché in realtà non si tratta di eccezione in senso stretto o proprio, ma in senso lato, sicché il suo rilievo non è subordinato alla specifica e tempestiva allegazione della parte ed è ammissibile anche in appello; è sufficiente che il fatto su cui si fonda l’eccezione medesima risulti documentato ex actis, in quanto il regime delle eccezioni si pone in funzione del valore primario del processo, costituito dalla giustizia della decisione, che resterebbe sviato ove anche le questioni rilevabili d’ufficio fossero subordinate ai limiti preclusivi di allegazione e prova previsti per le eccezioni in senso stretto (cfr. Cass. S.U. n. 10531/13; conf. Cass. n. 4548/14).

E che l’insussistenza d’un pregresso stato di disoccupazione — della (Omissis) — di almeno 12 mesi (prima che fosse assunta con CFL dall’odierna ricorrente) sia qualificabile come eccezione in senso lato anziché in senso stretto si ricava dalla ormai consolidata giurisprudenza di questa S.C. (cfr. Cass. S.U. n. 15661/05 e successive conformi), secondo cui non sono rilevabili d’ufficio (in quanto, appunto, eccezioni in senso stretto o proprio) solo quelle per le quali la legge espressamente riservi il potere di rilevazione alla parte o quelle in cui il fatto integratore dell’eccezione corrisponda all’esercizio di un diritto potestativo azionabile in giudizio da parte del titolare (e certamente tale non è il credito contributivo dell’INPS a fronte di sgravi indebitamente goduti dal datore di lavoro).

3- Del pari infondata è la censura relativa alla pretesa applicabilità diretta, da parte del giudice nazionale, delle decisioni della Commissione UE soltanto in controversie aventi il medesimo oggetto.

Invero, secondo costante giurisprudenza di questa S.C. (cfr. Cass. n. 6756/12; Cass. n. 26286/10; Cass. n. 22318/10; Cass. n. 15980/10; Cass. n. 24065/06), cui va data continuità, l’efficacia diretta delle norme comunitarie nell’ordinamento interno, prevista dall’art. 93 (ora 88) del Trattato, si estende anche alle decisioni con cui la Commissione, nell’esercizio del controllo sulla compatibilità degli aiuti di Stato con le norme comunitarie, disponga la sospensione di un aiuto, ne dichiari l’incompatibilità o ne ordini la restituzione, e comporta l’inapplicabilità delle norme di legge e degli atti amministrativi o negoziali in forza dei quali l’aiuto sia stato erogato, nonché il divieto, espressamente previsto dall’art. 93 cit., di dare esecuzione alla misura fino a quando la procedura di verifica non abbia condotto ad una decisione finale della Commissione. Tale vincolo ha come destinatario non solo lo Stato membro, ma anche i soggetti dell’ordinamento interno, ivi comprese le autorità nazionali, amministrative e giurisdizionali, e si traduce nell’obbligo di dare attuazione al diritto comunitario, se necessario anche attraverso la disapplicazione delle norme interne che siano in contrasto con esso.

Infine, è appena il caso di ricordare che le imprese non possono fare legittimo affidamento sulla regolarità d’un aiuto che sia stato concesso senza il rispetto della procedura o prima della sua regolare conclusione; né possono invocare l’eventuale incertezza degli orientamenti comunitari in materia, così come non possono avvalersi di eventuali disposizioni legislative od orientamenti giurisprudenziali nazionali sugli aiuti poi giudicati illegittimi, giacché la valutazione della loro compatibilità con le norme comunitarie spetta soltanto alla Commissione UE (cfr. Cass. n. 6756/12, cit.).

3- Da ultimo, è irrilevante la lamentata omessa pronuncia in ordine all’esistenza o meno degli altri requisiti previsti dalla citata decisione n. 128/99 affinché sgravi contributivi come quelli previsti dalla legge italiana riguardo ai CFL non si traducano in aiuti di Stato vietati: infatti, anche soltanto la mancanza del requisito d’un pregresso stato di disoccupazione di almeno 12 mesi rende lo sgravio medesimo illegittimo — e, quindi, disapplicabile ad opera del giudice nazionale – alla luce della normativa comunitaria.

4- In conclusione, il ricorso è da rigettarsi.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo in favore dell’INPS, seguono la soccombenza.

Non è dovuta pronuncia sulle spese riguardo a Montepaschi SE.RI.T. S.p.A., che non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 100,00 per esborsi e in euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge. Nulla per spese riguardo a Montepaschi SE.RI.T. S.p.A.

Così deciso in Roma, in data 20.5.15

 

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