Cassazione civile – sezione lavoro – sentenza n. 14722 del 14 luglio 2015

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 14 aprile 2009, la Corte d’Appello di Roma, confermava la decisione con cui il Tribunale di Roma, rigettava la domanda proposta da (Omissis) nei confronti di Poste Italiane S.p.A. avente ad oggetto la declaratoria della nullità dell’apposizione del termine al solo contratto stipulato tra le parti per il periodo dal 15.6. al 30.9.1998 in relazione alla “necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno-settembre”.

La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto fondata la proposta eccezione circa l’intervenuta risoluzione del rapporto per mutuo consenso in relazione alla non ricorrenza nella specie degli elementi da ritenersi in tal senso significativi alla stregua dei consolidati orientamenti giurisprudenziali sul punto e, sotto altro profilo, legittima l’apposizione del termine sulla base del rilievo per cui nella specie risultava rispettato

l’unico presupposto cui, in relazione alla causale de qua, è subordinata l’operatività della particolare autorizzazione conferita dal contratto collettivo, dato dalla stipulazione del contratto a termine nei limiti temporali giugno-settembre, in cui, di norma, i dipendenti fruiscono delle ferie.

Per la cassazione di tale decisione ricorre (Omissis), affidando l’impugnazione a sei motivi cui resiste, con controricorso Poste Italiane S.p.A..

MOTIVI DELLA DECISIONE

Tutti i sei motivi su cui il ricorrente articola la proposta impugnazione, sono intesi a censurare l’erroneità della pronunzia della Corte territoriale incentrata sulla ritenuta fondatezza dell’eccezione sollevata dalla Società in ordine all’intervenuta risoluzione per mutuo consenso del rapporto intercorso tra le parti.

In effetti i vizi denunciati dalla ricorrente, nel primo, secondo, terzo quarto e quinto motivo, quelli di violazione di legge dedotti rispettivamente in relazione all’art. 1372 c.c. all’art. 115 c.p.c., all’art. 112 c.p.c. all’art. 2729, comma 2, c.c., e all’art. 2729, comma 1, c.c. e nel sesto quello di motivazione, mirano tutti a censurare la valutazione della Corte territoriale in ordine alla ravvisabilità, in relazione al mero decorso del tempo o, comunque, agli ulteriori elementi cui la Corte stessa ha inteso dare rilievo nella fattispecie concreta, di una volontà dismissiva del rapporto da parte della ricorrente.

Sennonché è a dirsi che l’impugnazione così formulata si rivela inammissibile, dal momento che trascura del tutto, omettendo a riguardo qualsiasi censura, il capo della sentenza in cui la Corte territoriale si pronunzia sulla legittimità dell’apposizione del termine al contratto de quo, stipulato con riferimento alla causale relativa alla “necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno- settembre”, definendo la controversia sulla base di una autonoma ratio decidendi, in sé idonea a sostenere la pronunzia resa, Ed infatti, secondo il costante insegnamento di questa Corte di legittimità (cfr., tra le altre Cass. 24 maggio 2006, n. 12372 e Cass. 14 febbraio 2012, n. 2108) nell’ipotesi , come quella in esame di decisioni basate su distinte ed autonome rationes decidendi, ognuna delle quali sufficiente, da sola, a sorreggerla, perché possa giungersi alla cassazione della stessa è indispensabile, da un lato, che il soccombente censuri tutte le riferite rationes, dall’altro, che tali censure risultino tutte fondate; con la conseguenza che, ove, come nella fattispecie in esame, una delle rationes decidendi non sia stata censurata, sono inammissibili, per difetto di interesse, le censure concernenti l’altra ratio decidendi atteso che, anche se queste ultime dovessero risultare fondate, non per questo potrebbe mai giungersi alla cassazione della sentenza impugnata, che rimarrebbe pur sempre ferma sulla base della ratio non censurata.

Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PER QUESTI MOTIVI

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in curo 100,00 per esborsi ed curo 3.500,00 per compensi oltre spese generali e altri accessori di legge

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 30 aprile 2015

Il Consigliere est. Il Presidente

 

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