Tribunale di Messina – I° sezione civile – sentenza n.1546 del 13 luglio 2015

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IN FATTO ED IN DIRITTO

Con atto di citazione notificato in data ______ 2014 (padre naturale Omissis) conveniva in giudizio davanti a questo Tribunale (madre naturale Omissis) esponendo che con provvedimento reso ai sensi dell’art. 148 c.c. il Presidente del Tribunale di Messina aveva posto a carico del deducente l’obbligo di corrispondere a (madre naturale Omissis) un assegno mensile di £ 400.000 a titolo di contributo per il mantenimento della figlia naturale (figlia naturale Omissis) riconosciuta da entrambi i genitori. Rilevava che nel lungo tempo intercorso dall’emissione del suddetto provvedimento, in data ______1999, la situazione era mutata, in quanto la figlia (Omissis) prestava attività lavorativa per la società (Omissis) quale dipendente a tempo determinato e, in particolare, espletava le mansioni di assistente sanitaria presso l’Azienda Ospedaliera (Omissis); inoltre la medesima (figlia Omissis) aveva contratto a (Omissis) in data (Omissis) matrimonio civile con tale (Omissis). Concludeva, pertanto, affermando che l’acquisita autonomia economica della figlia aveva determinato il venir meno dell’obbligo di corrispondere l’assegno. Chiedeva, pertanto, che il Tribunale dichiarasse cessato l’obbligo gravante sul deducente di corrispondere a (madre naturale Omissis) un assegno mensile per il mantenimento della figlia (Omissis).

Si costituiva tempestivamente (madre naturale Omissis) evidenziando che l’obbligo gravante sui genitori di provvedere al mantenimento dei figli non cessava con il raggiungimento della maggiore età, ma richiedeva la prova che il figlio avesse raggiunto l’indipendenza economica. Osservava, poi, che ella aveva sostenuto in via esclusiva le spese per il mantenimento della figlia dalla nascita sino all’anno 1999, e chiedeva in via riconvenzionale la condanna di (padre naturale Omissis) al rimborso della quota su di lui gravante delle spese sostenute dalla deducente per il mantenimento della figlia nel periodo anteriore al 30.11.1999.

All’udienza del 1 luglio 2014 le parti chiedevano ed il Giudice concedeva i termini previsti dall’art. 183/6 c.p.c.. Con memoria depositata il 15.10.2014 (padre naturale Omissis) eccepiva l’inammissibilità della domanda riconvenzionale avversaria in quanto avente una causa petendi ed un petitum diversi da quelli dedotti in giudizio dall’attore, in violazione di quanto previsto dall’art. 36 c.p.c.. Osservava, poi, che la domanda appariva  eccessivamente generica, non avendo la parte indicato l’ammontare delle somme chieste in ripetizione. Evidenziava, infine, l’infondatezza della pretesa avversaria in quanto egli aveva provveduto al mantenimento della figlia anche prima del provvedimento presidenziale, e la prescrizione del credito vantato da controparte. Nel caso in cui la domanda riconvenzionale avversaria fosse stata ritenuta ammissibile, chiedeva la restituzione delle somme versate alla (madre naturale Omissis) per il mantenimento della figlia (Omissis) a decorrere dal raggiungimento della maggiore età di quest’ultima o dal momento in cui la stessa aveva smesso di coabitare con la madre o dal raggiungimento dell’autonomia economica. All’udienza del 01.04.2015 il Giudice invitava le parti a precisare le conclusioni ed assegnata la causa a sentenza ai sensi dell’art. 281 quater c.p.c. con la concessione dei termini di rito per il deposito di comparse conclusionali e di memorie di replica.

La domanda avanzata dall’attore di revoca dell’assegno a favore di (madre naturale Omissis) a titolo di contributo per il mantenimento della figlia (Omissis) è fondata e va accolta.

L’obbligo gravante sui genitori di mantenere i figli minori non cessa automaticamente con la maggiore età ma continua invariato finché i genitori (o il genitore interessato) non diano prova che il figlio è stato da loro posto nelle concrete condizioni per potere essere economicamente autosufficiente, quand’anche, poi, non ne abbia tratto profitto per negligenza o per cattiva volontà (Cass. civ. 2.09.1996 n. 7990). Il concetto di “indipendenza economica del figlio” non coincide con l’instaurazione effettiva di un rapporto di lavoro stabile ma occorre il verificarsi di una situazione tale che sia ragionevole dedurne l’acquisto della potenzialità del conseguimento di autonomia economica (Cass.23596/06); in particolare, la Suprema Corte ha, anche di recente, affermato il principio secondo il quale il matrimonio del figlio maggiorenne già destinatario del contributo di mantenimento a carico di ciascuno dei genitori ne comporta l’automatica cessazione tenuto conto degli obblighi e dei diritti che derivano dal matrimonio. Il matrimonio, infatti, dà vita ad un nuovo organismo familiare distinto, pur se convivente con quelli di origine di uno dei coniugi, perciò autonomo, una volta che nel suo ambito questi ultimi divengono titolari del governo della nuova entità e sono legati dall’obbligo alla reciproca assistenza morale e materiale costituente il necessario svolgimento di quell’impegno di vita assieme che hanno assunto con le nozze (Cass. 24498/2006; Cass. 1830/2011).

Nel caso in esame risulta dalla documentazione prodotta e non contestata che (figlia Omissis) si è sposata in data ________2011 con (Omissis), sicché non vi è dubbio che il diritto al mantenimento da parte dei genitori sia cessato. Peraltro, va osservato che, in base alla certificazione anagrafica agli atti, la figlia (Omissis) già in data _____.2010 era emigrata a (Omissis), così facendo venire meno la convivenza con la madre, ed è pacifico che la legittimazione autonoma del genitore a percepire l’assegno a titolo di contributo per il mantenimento del figlio maggiorenne, non sussiste più quando cessa il requisito della convivenza tra genitore e figlio, in quanto detta legittimazione trova il proprio fondamento nel fatto che il genitore, di regola, anticipa le spese necessarie per far fronte alle esigenze della prole convivente anche dopo il raggiungimento della maggiore età.

Alla stregua delle superiori considerazioni va dichiarato cessato a far data dalla instaurazione del presente giudizio, l’obbligo a carico di (padree naturale Omissis) di corrispondere a (madre naturale Omissis) un assegno mensile a titolo di contributo per il mantenimento della figlia (Omissis).

Non può, invece, essere esaminata la domanda avanzata da (padre naturale Omissis) di restituzione delle somme versate alla (madre naturale Omissis) per il mantenimento della figlia (Omissis) a decorrere dal raggiungimento della maggiore età di quest’ultima o dal momento in cui la stessa aveva smesso di coabitare con la madre o dal raggiungimento dell’autonomia economica. Infatti, in base alla disciplina contenuta nell’art. 183/6 c.p.c., la reconventio reconventionis deve essere proposta dall’attore a pena di decadenza nella prima udienza di trattazione, mentre nel caso in esame la domanda in questione risulta proposta solo con la memoria depositata il ___.10.2014. Peraltro, anche nel merito la domanda appare palesemente infondata, poiché è pacifico che il provvedimento emesso dal Presidente del Tribunale ex art. 148 c.c. (oggi 316 bis c.c.), quando non venga opposto, acquista l’autorità, intangibilità e stabilità, per quanto temporalmente limitata (“rebus sic stantibus”), del giudicato e ciò significa che conserva la propria efficacia, sino a quando non intervenga la sua modifica o revoca, rimanendo del tutto ininfluente il momento in cui di fatto sono maturati i presupposti per la modificazione o per la revoca (Cass. civ. 22/05/2009 n. 1191). Pertanto, la percezione da parte di (madre naturale Omissis) dell’assegno previsto per il mantenimento della figlia maggiorenne (Omissis) non può ritenersi senza titolo, fondandosi su un provvedimento giurisdizionale, mai modificato, che attribuiva alla stessa il diritto alla percezione di detto assegno.

Appare ammissibile e fondata, per quanto di ragione, anche la domanda riconvenzionale proposta dalla convenuta diretta ad ottenere la condanna dell’attore alla rifusione pro quota delle somme spese dalla (madre naturale Omissis) per il mantenimento della figlia (Omissis) prima del provvedimento presidenziale che ha fissato la misura dell’assegno.

Quanto alla eccezione di inammissibilità della domanda riconvenzionale, è sufficiente osservare che in dottrina, tradizionalmente, si discute se l’art. 36 c.p.c. (a norma del quale la domanda riconvenzionale è quella domanda che dipende dal titolo dedotto in giudizio dall’attore ovvero da quello che già appartiene alla causa come mezzo di eccezione), sia una norma di portata generale, volta a disciplinare i presupposti di ammissibilità della domanda riconvenzionale, ovvero una disposizione sulla sola competenza. In giurisprudenza, però, è pacifico che la regola posta dall’art. 36 c.p.c. trova applicazione esclusivamente quando la domanda riconvenzionale appartenga alla competenza territoriale di un diverso giudice, mentre non trova applicazione quando non si ponga un problema di spostamento di competenza. Conseguentemente, si ammette la possibilità di proporre domande riconvenzionali non connesse ai sensi dell’art. 36 c.p.c., purché sia ravvisabile un collegamento obbiettivo tra le pretese, tale da giustificare il cumulo processuale, ed entrambe le domande appartengano alla competenza del medesimo giudice (Cass. 9656/1999; Cass. 4696/1999; Cass. 9313/1997; Cass. 6103/1994; Cass. 4837/1994; Cass. 1431/1990). Deve escludersi, infine, che la domanda riconvenzionale sia nulla per la mancata indicazione dell’importo del quale la convenuta ha chiesto il rimborso. Infatti l’onere di determinazione dell’oggetto della domanda è validamente assolto anche quando la parte ometta di indicare esattamente la somma pretesa, a condizione che, come nel caso in esame, abbia indicato i titoli posti a fondamento della pretesa, ponendo in tal modo l’altra parte in condizione di formulare le proprie difese (Cas. civ. 28.05.2009 n. 12567).

Nel merito, si deve premettere che il codice civile, conformemente ai principi costituzionali (art. 30 Cost.), pone a carico dei genitori l’obbligo di mantenere i figli per il solo fatto di averli generati, disciplinando il concorso negli oneri relativi (art. 316 bis c.c.). Già prima della entrata in vigore del D.Lgs. 154/2013, che ha parificato la posizione dei figli nati nel matrimonio e di quelli nati fuori dal matrimonio, il legislatore aveva, comunque, stabilito all’art. 261 c.c. che “il riconoscimento comporta da parte del genitore l’assunzione di tutti i doveri e di tutti i diritti che egli ha nei confronti dei figli legittimi”. Ciò significa che, già nel previgente sistema normativo, occorreva assicurare ai figli naturali un trattamento uguale a quello riconosciuto ai figli legittimi anche per quel che riguarda il diritto al mantenimento. Il mantenimento, infatti, mira a rendere omogeneo lo standard di vita dei genitori e dei figli, integrando in una comune condizione economico-sociale le persone legate dal rispettivo diritto e obbligo; ciò spiega anche perché il diritto al mantenimento sorga al momento stesso in cui nasce il rapporto familiare su cui si fonda, tenuto conto che il fatto stesso della procreazione determina l’impegno e la responsabilità del genitore verso la prole. La giurisprudenza di legittimità ha, quindi, chiarito, sin dalla fondamentale pronuncia n. 4273 del 20.04.1991, che entrambi i genitori naturali – non diversamente da quelli legittimi – sono coobbligati solidali nei confronti del figlio per tutto quanto gli è dovuto per il suo mantenimento; pertanto il genitore naturale convivente con il figlio, che abbia prestato l’intero mantenimento, ha diritto di regresso nei confronti dell’altro genitore sulla scorta delle regole dettate dall’art. 1299 cod. civ. nei rapporti fra condebitori solidali.

La giurisprudenza di legittimità ha, poi, evidenziato che il diritto al rimborso pro quota delle spese sostenute dalla nascita del figlio, spettante al genitore che lo ha allevato, non è utilmente esercitabile se non dal momento del riconoscimento o della sentenza di accertamento della filiazione, con la conseguenza che detto momento segna altresì il dies a quo della decorrenza della prescrizione del diritto stesso (Cass. civ. 11.07.2006 n. 15756). Inoltre, nel caso in esame il termine prescrizionale è quello ordinario stabilito dall’art. 2946 c.c., pari a dieci anni e non quello quinquennale, che si applica, viceversa, al credito per il pagamento dell’assegno mensile di mantenimento. Nel caso in esame non è consentito, tuttavia, esaminare la questione relativa alla eventuale prescrizione del credito, poiché l’eccezione di prescrizione è una eccezione “propria” ex art. 2938 c.c. e ciò significa che essa avrebbe dovuto essere sollevata alla prima udienza di trattazione, mentre lo (padre naturale Omissis) ha eccepito per la prima volta la prescrizione del credito di controparte tardivamente, con la memoria depositata il 15.10.2014 ex art. 183/6 c.p.c., nella quale avrebbe potuto solamente precisare o modificare eccezioni già in precedenza ritualmente proposte.

Per quanto riguarda, poi, la determinazione della somma dovuta dallo (padre naturale Omissis) per il mantenimento fornito alla figlia dalla (madre naturale Omissis), risulta evidente che detta somma non può essere determinata in un importo corrispondente al mantenimento che il convenuto ha dovuto versare in base alla sua capacità economica al momento della pronuncia che, prendendo atto dell’avvenuto riconoscimento, ha determinato l’importo dovuto dal padre a titolo di contributo per il mantenimento della prole, né in una somma che, prendendo a base detto importo, venga calcolata attraverso la sua devalutazione in relazione all’epoca in cui lo (padre naturale Omissis) avrebbe dovuto prestare il mantenimento. Infatti, trattandosi di un debito restitutorio, l’ammontare dovuto trova il proprio limite negli esborsi presumibilmente sostenuti in concreto dal genitore che ha per intero effettuato la spesa (Cass. 04.11.2010 n. 22506), anche se non si può prescindere né dalla considerazione del complesso delle specifiche e molteplici esigenze effettivamente soddisfatte o notoriamente da soddisfare nel periodo in considerazione né dalla valorizzazione delle sostanze e dei redditi di ciascun genitore quali all’epoca goduti ed evidenziati, eventualmente in via presuntiva, dalle risultanze processuali, né infine dalla correlazione con il tenore di vita di cui la figlia aveva diritto di fruire, da rapportare a quello dei suoi genitori.

Nel caso in esame, occorre, pertanto, muovere dai bisogni della figlia, rapportati al tenore di vita che avrebbe potuto ricevere anche con il contributo del padre e dalle somme in concreto spese dalla madre per soddisfare tali bisogni e provvedere al mantenimento della figlia. Dall’esame del provvedimento presidenziale depositato il ______1999 emerge, invero, che all’epoca di emissione di detto provvedimento la (madre naturale Omissis) era disoccupata mentre è pacifico che lo (padre naturale Omissis) era militare (Omissis). L’elemento di valutazione più importante per la decisione della presente controversia non è, però, costituito dal reddito dello (padre naturale Omissis), che non è, peraltro, noto nel suo preciso ammontare, bensì dalle risorse economiche di cui poteva disporre la (madre naturale Omissis), reddito cui va commisurata l’obbligazione restitutoria, tenendo conto, comunque, che ciascun genitore ha il preciso dovere di adoperare tutte le proprie energie anche per supplire alle mancanze dell’altro, poco importa se volontarie o dovute a forza maggiore.

Orbene (madre naturale Omissis) non ha fornito elementi di prova relativi alla propria condizione economica, ma è presumibile che la stessa, anche prima del 1999, versasse in ristrettezze economiche, sicché il mantenimento che verosimilmente ella poteva offrire alla figlia, attraverso l’impiego di tutte le proprie energie, era comunque di importo modesto. Non costituisce, invece, un ostacolo alla liquidazione delle somme dovute dallo (padre naturale Omissis) alla (madre naturale Omissis) la circostanza che non sia possibile oggi determinare con certezza quali somme quest’ultima abbia speso per la figlia tanti anni fa. Infatti, costituisce principio consolidato in giurisprudenza che in simili casi è possibile utilizzare il principio equitativo, avendo il rimborso delle spese spettanti al genitore che ha provveduto al mantenimento della prole fin dalla nascita, natura in senso lato indennitaria. La giurisprudenza di legittimità ha, in particolare, sottolineato che il criterio equitativo può essere utilizzato non solo in ipotesi di responsabilità extracontrattuale, ma anche quando la legge si riferisce in genere ad indennizzi o ad indennità e, di conseguenza, nulla osta ad utilizzare tale criterio nel caso in cui occorre determinare le somme dovute ad uno dei genitori a titolo di rimborso delle spese sostenute per la prole (Cass. 01.10.1999 n. 10861; Cass. 19.02.2010 n. 3991). D’altronde, il genitore richiedente deve adempiere l’onere della prova di aver mantenuto la prole in modo “adeguato”, ma non deve provare a quanto ammontano le normali spese sostenute, che vanno, pertanto, calcolate dal giudice con equitativa approssimazione, mentre occorre dare specifica prova delle spese che non rientrano in questa “normalità”. Nel caso in esame si deve, allora, solamente prendere atto del fatto che la (madre naturale Omissis) si è fatta carico di mantenere la figlia (Omissis) sin dalla nascita. Quest’ultima circostanza non è stata contestata, mentre è dibattuta la questione relativa alla sufficienza degli aiuti forniti in detto periodo dal padre per il mantenimento pro quota della figlia. In particolare, lo (padre naturale Omissis) ha dimostrato, con il deposito in giudizio delle relative ricevute, di avere versato alla (madre naturale Omissis) mediante vaglia, tra il 1984 ed il 1999, la somma complessiva di £ 18.450.000, corrispondente ad € 9.528,63. Tale somma non può, però, ritenersi sufficiente per assicurare pro quota, anche solo nella misura minima, il soddisfacimento delle normali esigenze di una figlia per quindici anni. Di conseguenza occorre determinare le somme che lo (padre naturale Omissis) deve corrispondere alla (madre naturale Omissis) detraendo dall’importo astrattamente da lui dovuto l’importo complessivo di quanto da lui versato.

Alla stregua delle superiori considerazioni, considerato il lungo periodo temporale cui si riferisce l’obbligo di mantenimento dalla nascita della figlia (Omissis) avvenuta il (Omissis), sino al provvedimento del 30.11.1999, appare equo condannare (padre naturale Omissis) a corrispondere a (madre naturale Omissis), a titolo di rimborso delle spese sostenute da quest’ultima per il mantenimento della figlia (Omissis) nel suddetto periodo, la somma complessiva di € 10.000,00, comprensiva degli interessi sino ad oggi maturati, cui vanno aggiunti gli interessi legali dalla presente decisione sino al soddisfo,

Tenuto conto della soccombenza reciproca appare equo compensare interamente tra le parti le spese processuali.

P.Q.M.

Il Tribunale, sentiti i procuratori delle parti, disattesa ogni contraria istanza eccezione e difesa, definitivamente pronunciando nella causa promossa con atto di citazione notificato in data _____ 2014 da (padre naturale Omissis) nei confronti di (madre naturale Omissis) così provvede: 1) dichiara cessato a far data dalla instaurazione del presente giudizio, l’obbligo a carico di (padre naturale Omissis) di corrispondere a (madre naturale Omissis) assegno mensile a titolo di contributo per il mantenimento della figlia (Omissis); 2) condanna (padre naturale Omissis) a corrispondere a (madre naturale Omissis), a titolo di rimborso delle spese sostenute da quest’ultima per il mantenimento della figlia (Omissis), la somma complessiva di € 10.000,00, oltre gli interessi legali dalla presente decisione sino al soddisfo; 3) dichiara interamente compensate tra le parti le spese processuali.

Messina, lì 09/07/2015

Il Giudice

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