Corte Suprema di Cassazione – sezione sesta penale – sentenza n. 26849 del 24 giugno 2015

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RITENUTO IN FATTO

(Omissis) ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro, in data 19-5-2015, con cui sono state dichiarate sussistenti le condizioni per l’accoglimento della domanda di consegna, a seguito di emissione di mandato di arresto europeo, relativo all’ordinanza custodiale adottata dalla Pretura di Kassel , in data 28 ottobre 2013, in ordine al reato di traffico di stupefacenti.

Il ricorrente deduce insussistenza della gravità indiziaria, poiché l’atto trasmesso non può dirsi un mandato d’arresto europeo in senso proprio, trattandosi soltanto del mandato d’arresto emesso dalla pretura di Kassel , che non reca le indicazioni prescritte dagli artt. 6 e 17 l. 69/2005, in ordine alla descrizione di ciò che è, in concreto, attribuito al ricorrente. Neppure l’informativa SIS, che è soltanto il riassunto di quanto risultante dal predetto mandato d’arresto, contiene tali indicazioni. Per quanto riguarda (Omissis), si evince dagli atti soltanto che tale “(Omissis2)”, dall’Olanda, comprò sostanza stupefacente su incarico di un certo (Omissis3), che, a sua volta, incaricò (Omissis), unitamente a un altro soggetto, di andare in Olanda a ritirare la sostanza. A carico del ricorrente vi è dunque soltanto tale indicazione generica, non sorretta da alcun elemento concreto e da alcuna specificazione in merito alle fonti di prova. Peraltro, nell’ultima pagina del mandato si dice esclusivamente che il ricorrente vive in Italia dall’inizio di luglio, onde manca anche la correlazione temporale con i fatti contestati. La difesa ha anche prodotto, al riguardo, documentazione attestante gli spostamenti dell’ (Omissis) prima e dopo i fatti in contestazione. Tali risultanze smentiscono l’affermazione secondo la quale (Omissis3) incaricò (Omissis) di andare in Olanda a ritirare lo stupefacente da (Omissis2). D’altronde, va escluso qualsiasi automatismo volto a rimettere, in toto, il giudizio di sussistenza della gravità indiziaria all’Autorità giudiziaria dello Stato richiedente, relegando l’Autorità giudiziaria italiana al rango di mero controllore formale dell’operato altrui.

Si chiede pertanto annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.Le doglianze formulate sono manifestamente infondate. Come correttamente evidenziato dalla Corte d’appello, dal mandato d’arresto europeo regolarmente inviato dall’Autorità richiedente e dal mandato d’arresto emesso dalla Pretura di Kassel, regolarmente inviati dall’Autorità richiedente, con traduzione in lingua italiana, si evince che il (Omissis2) incaricò, fra gli altri, (Omissis) di recarsi nei Paesi Bassi a ritirare lo stupefacente dal soggetto chiamato “(Omissis3)”. Segue un’accurata descrizione delle modalità esecutive del progetto criminoso, caratterizzate anche dalla disponibilità di una pistola semiautomatica. Sono anche indicate, con precisione, le fonti di prova e cioè la testimonianza di un ispettore di polizia giudiziaria e di due ufficiali della dogana, oltre alla documentazione disponibile agli atti (verbali di osservazione; di controllo della corrispondenza telefonica; rilievi fotografici espletati ed altro).

Risultano dunque adeguatamente focalizzati, sia pure in maniera sintetica , sia i lineamenti fattuali degli addebiti in contestazione sia gli elementi e le fonti di prova su cui essi si basano. Costituisce d’altronde ius receptum, nella giurisprudenza di questa suprema Corte , il principio secondo cui l’autorità giudiziaria italiana, ai fini della “riconoscibilità” del presupposto dei gravi indizi di colpevolezza, deve limitarsi a verificare che il mandato sia, per il suo contenuto intrinseco e per gli elementi raccolti in sede investigativa, fondato su un compendio indiziario che l’autorità giudiziaria emittente ha ritenuto seriamente evocativo di un fatto-reato commesso dalla persona di cui si chiede la consegna” (Sez. U. n. 4614 del 30/1/2007-5/2/2007, Ramoci, Rv. 235348248; ex plurimis, Sez. F, n. 33642 del 13/9/2005-14/9/2005, Hussain, Rv. 232118249; Sez. 6, n. 34355 del 23/9/2005-26/9/2005, Ile, Rv. 232053250; Sez. 6, n. 16542 del 8/5/2006-15/5/2006, Cusini, Rv. 233549251; Sez. 6, n. 8449 del 14/2/2007- 28/2/2007, Piaggio, non mass. sul punto ). Non è pertanto necessario che il mandato di arresto contenga una elaborazione dei dati fattuali che pervenga alla conclusione della gravità indiziaria ma è necessario e sufficiente che le fonti di prova indicate nella relazione, ai sensi dell’art. 6, comma quarto, lett. a), l. n. 69 del 2005, siano astrattamente idonee a fondare la gravità indiziaria, sia pure con la sola indicazione delle evidenze fattuali a carico del consegnando, mentre la valutazione in concreto delle stesse è riservata all’autorità giudiziaria del Paese emittente ( Sez. F, n. 32381 del 24/08/2010 – 27/08/2010, Termini, Rv. 248254).

Esula dunque dai poteri conferiti al giudice nazionale qualsiasi valutazione in ordine all’adeguatezza del materiale indiziario posto alla base del provvedimento cautelare e degli elementi di prova addotti a discarico dal ricorrente, i quali trovano la loro normale sede di prospettazione e disamina dinanzi all’autorità giudiziaria emittente (da ultimo, Sez. 6, n. 16362, del 16/4/2008-19/4/2008; Mandaglio, Rv. 239649254).

2.Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille in favore della Cassa delle ammende. Vanno inoltre espletati gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, I. 69/05.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille in favore della Cassa delle ammende.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’ art 22, comma 5, I. 69/05.

Così deciso in Roma, all’udienza del 24-6-2015.

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