Corte Suprema di Cassazione – sezione prima civile – sentenza n. 17973 dell’11 settembre 2015

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Svolgimento del processo

(investitore Omissis) conveniva in giudizio, nel maggio 2004, la (Banca Omissis) esponendo di essere stato indotto da un funzionario della banca ad investire, nel periodo da gennaio a maggio 2003, € 112.698,33 nell’acquisto di obbligazioni Parmalat (98/05FR EU e 5,5% 09 EUR), nonostante avesse specificato di non voler investire in prodotti finanziari rischiosi, e di non essere mai stata informata dell’incrementarsi del rischio connesso ai titoli acquistati e dell’opportunità di disinvestire, fino al loro definitivo default, quando le era stato consigliato di vendere una parte dei titoli con un ricavo di soli e 33.281,00; deduceva la violazione delle norme imperative di tutela del risparmio dettate dal d.lgs. 24 febbraio 1998 n. 58 (TUF) e dal reg. Consob n. 11522/1998 e, in particolare, degli obblighi di consegna del prospetto informativo, nonché di diligenza, correttezza e trasparenza nella fase precontrattuale e contrattuale; quindi, chiedeva che i contratti di acquisto fossero dichiarati nulli, ovvero, in subordine, che fossero annullati, per dolo od errore, con condanna della banca alla restituzione di somma (€ 80.080,23) pari all’importo investito (diminuito di quanto ricavato dalla vendita di parte dei titoli) e, nell’ipotesi di accoglimento della domanda subordinata di annullamento, con condanna al risarcimento dei danni.

Il Tribunale di Ferrara, in accoglimento della domanda principale, dichiarava la nullità degli ordini di acquisto dei titoli, sul presupposto che le norme richiamate dall’attrice avessero carattere imperativo e che non fosse stato stipulato il contratto-quadro; di conseguenza, ha condannato la banca alla restituzione della somma sopra indicata.

La Corte d’appello di Bologna, con sentenza 8.10.2008, pur rilevando che la sentenza impugnata si era discostata dal principio secondo cui la violazione delle norme dettate dal TUF a tutela del risparmio, che prescrivono doveri informativi, non è causa di invalidità del contratto e/o delle operazioni di investimento, ma eventualmente di responsabilità dell’intermediario, ha rigettato il gravame.

La Corte, infatti, ha condiviso il giudizio, espresso dal primo giudice, di nullità degli ordini di acquisto dei titoli, per la mancata stipulazione del contratto-quadro tra l’intermediario e l’investitore, che è previsto dagli artt. 23 TUF e 30 Reg. Consob n. 11152/1998 in forma scritta e costituisce presupposto legale o requisito di legittimazione dell’intermediario a fornire servizi di investimento ai clienti, in difetto del quale le singole operazioni o ordini di acquisto devono considerarsi nulli; alla dichiarazione di nullità degli ordini di acquisto la Corte ha fatto conseguire il diritto alla restituzione delle somme investite.

Per la cassazione di questa sentenza ricorre per cassazione la (Banca Omissis) sulla base di due motivi.

La (investitrice Omissis) non ha svolto difese.

Motivi della decisione

Nel primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 23 TUF, per avere la Corte bolognese ritenuto che gli ordini di acquisto debbano essere necessariamente preceduti, come presupposto indefettibile, da un contratto-quadro in forma scritta, a pena di nullità, benché redatti in forma scritta. In particolare, si assume che un doppio livello contrattuale (contratto-quadro e ordini di acquisto) non sia previsto dalla norma primaria, di cui all’art. 23 citato, ma solo da una norma secondaria, come l’art. 30, secondo comma, del Reg. Consob n. 11522/1998 che, individuando nel suddetto contratto la sede delle informazioni dovute dall’intermediario al cliente, sarebbe invalida, perché non abilitata a integrare il contenuto minimo essenziale per la validità del contratto.

Il motivo è infondato.

La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione del principio, che dev’essere qui ribadito perché condivisibile, secondo cui le operazioni di investimento compiute da una banca in assenza del cosiddetto “contratto quadro” sono nulle, a norma dell’art. 23 TUF, per carenza di un indispensabile requisito di forma prescritto dalla legge a protezione dell’investitore, senza che ne sia possibile una ratifica tacita (v. Cass. n. 7283/2013).

Infondato è anche il profilo concernente la dedotta illegittimità del citato Regolamento del 1998, successivamente modificato, per asserita carenza di potere della Consob a porre norme integrative del contenuto del contratto. E’ sufficiente considerare che la forma scritta del contratto, a pena di nullità, è prevista dall’art. 23 TUF in funzione dell’adempimento degli obblighi informativi previsti dallo stesso TUF (art. 21) a carico degli intermediari, la cui violazione è causa di responsabilità nei confronti dei clienti (v. Cass. n. 12262/2015). La Consob, nel citato regolamento, non ha fatto altro che dare concretezza ai suddetti obblighi già delineati nella norma primaria, esercitando un potere attribuitogli dal TUF (art. 6). –

Nel secondo motivo è denunciata la violazione dell’art. 3 del d.lgs. n. 179/2007, per sopravvenuta carenza dell’interesse ad agire in capo all’attrice, almeno fino a quando essa non avrà attivato la procedura arbitrale alternativa prevista dalla legge citata per la soluzione delle controversie con l’apposito Fondo di garanzia destinato ad indennizzare i clienti per i danni patrimoniali causati dalle violazioni degli obblighi informativi posti a carico degli intermediari finanziari.

Il motivo è inammissibile, involgendo una questione nuova, non sottoposta alla Corte d’appello e involgente accertamenti di fatto estranei all’ambito del giudizio di legittimità.

Il ricorso è rigettato. Non si deve provvedere sulle spese, non avendo la (investitrice Omissis) svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Roma, 9.7.2015.

 

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