Corte Suprema di Cassazione – sezione lavoro – sentenza n. 20184 del giorno 8 ottobre 2015

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Roma, riformando la sentenza del Tribunale di Roma, accoglieva la domanda del lavoratore in epigrafe, proposta nei confronti di Trenitalia S.p.A. avente ad oggetto la condanna di controparte al pagamento dell’indennità di utilizzazione tenendo conto dell’esatto computo della relativa parte fissa.

A base del decisum la Corte del merito poneva il fondante rilievo secondo il quale, a norma della contrattazione collettiva, la parte fissa dell’indennità di utilizzazione non poteva essere calcolata, come aveva operato la società, secondo criteri variabili quali la presenza in servizio. Aggiungeva, inoltre, la Corte del merito che il decorso della prescrizione era stato interrotto tempestivamente dal lavoratore con la lettera di messa in mora la quale doveva considerarsi sottoscritta da avvocato munito di procura.

Avverso questa sentenza la nominata società ricorre in cassazione sulla base di quattro censure.

Resiste con controricorso la parte intimata.

Vengono depositate note illustrative.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con la prima censura la società ricorrente deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 42, 1° comma, CCNL FS 1990/1992, 1, 1°  e 3° coma. Dell’Allegato 7 al CCNL FS 1990/92, 48 del Capo IX- Disposizioni generali dell’allegato 7 al CCNL FS 1990/92, e degli artt. 1362, 1363,1366, 1368, 1369 e 1371 cc, error in procedendo nonché vizio di motivazione, sostiene l’erroneità della sentenza impugnata in punto d’interpretazione della contrattazione collettiva denunciata.

Con la seconda critica la società ricorrente, allegando violazione e falsa applicazione degli artt. 414, 416, 112 e 115 cppc, 2697 e 2113 cc nonché dei principi che regolano il contraddittorio processuale fra le parti, assume che la Corte del merito erroneamente non ha tenuto conto che nella specie, come emergente dalle busta paga, al lavoratore erano state corrisposte, a titolo d’indennità di utilizzazione, varie ulteriori somme contraddistinte con altri differenti cod. voce.

Con il terzo motivo la società ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 416, 112, 115 cpc , 2697 cc, error in procedendo nonché vizio di motivazione, prospetta che la Corte del merito non ha considerato che, come risultante dalle buste paga, era stata corrisposto l’ammontare giornaliero della parte fissa dell’indennità di utilizzazione per ogni giornata di effettiva presenza.

Con l’ultima censura la società ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 1387, 1393, 1124 e 1943 cc nonché vizio di motivazione, asserisce che la Corte del merito ha erroneamente ritenuto idonea ad interrompere la prescrizione l’atto di messa in mora inviato dall’avvocato del lavoratore ancorché non vi fosse prova scritta della procura.

Rileva la Corte i motivi facendo riferimento, direttamente o indirettamente, ad una determinata interpretazione delle norme contrattuali ovvero all’esame di altri documenti che si assume, rispettivamente, errata ovvero omessa, è inammissibile a norma dell’art. 369 n. 4 cpc, così come modificato dall’art. 5 del Dl.vo 2 febbraio 2006 n. 40.

Invero questa Corte ha ritenuto ( Cass. S.U. 2 dicembre 2008 n.28547, Cass. 23 settembre 2009 n.20535, Cass. S.U. 25 marzo 2010 n. 7161 e Cass. S.U. 3 novembre 2011 n. 22726) che il requisito previsto dall’art. 366 cpc n. 6, il quale sancisce che il ricorso deve contenere a pena d’inammissibilità la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda, per essere assolto, “postula che sia specificato in quale sede processuale il documento è stato prodotto, poiché indicare un documento significa necessariamente, oltre che specificare gli elementi che valgono ad individuarlo, allegare dove nel processo è rintracciabile”. La causa di inammissibilità prevista dal nuovo art. 366 n. 6 cpc, ha chiarito inoltre questa Corte, è direttamente ricollegata al contenuto del ricorso, come requisito che si deve esprimere in una indicazione contenutistica dello stesso. Tale specifica indicazione, quando riguardi un documento, in quanto quest’ultimo sia un atto prodotto in giudizio, richiede che si individui dove è stato prodotto nelle fasi di merito e, quindi, anche in funzione di quanto dispone l’art. 369 , comma 2, n. 4,cpc prevedente un ulteriore requisito di procedibilità del ricorso, che esso sia prodotto in sede di legittimità.

Applicando tali principi, che il Collegio in questa sede intende ribadire, al caso di specie, emerge che non risulta specificata in quale sede processuale è rinvenibile il testo integrale (Cass. S. U. 23 ottobre 2010 n.20075) del contratto collettivo, e della maggior parte degli altri documenti sui quali le censure si fondano.

Né l’eventuale presenza dei documenti in parola nei fascicoli di parte o di d’ufficio del giudizio del merito potrebbe sanare l’inosservanza della prescrizione di cui al richiamato art. 366 n.6 cpc atteso che siffatta prescrizione ( Cass. S.U.. 25 marzo 2010 n. 7161 cit. come ribadito anche da Cass. S.U. 23 ottobre 2010 n. 20075 cit.) va correlata a quella ulteriore, sancita a pena d’improcedibilità, di cui all’art. 369, secondo comma, n. 4 , cpc che deve ritenersi soddisfatta “qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo di esse, mediante la produzione del fascicolo, purché nel ricorso si specifichi che il fascicolo è stato prodotto e la sede in cui il documento è rinvenibile”.

Specificazioni, queste, come sottolineato, del tutto carenti nel caso in esame.

Del resto non è trascritto, in violazione del principio di autosufficienza, nel ricorso, il testo dei documenti richiamati e tanto vale anche per quei documenti in ordine ai quali è precisata la sede processuale in cui sono stati prodotti.

Né va sottaciuto, con riferimento all’ultima censura, che comunque per giurisprudenza consolidata di questa Corte anche se l’atto di costituzione in mora – idoneo ai fini dell’interruzione della prescrizione – richiede la forma scritta, tuttavia analoga formalità non è imposta per il conferimento della relativa procura, non operando in tale ipotesi il richiamo fatto dall’art. 1324 cod. civ. alla disciplina propria dei contratti per gli atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale. Pertanto, l’esistenza di un potere rappresentativo a detti fini può essere provato con ogni mezzo di prova e, quindi, anche mediante presunzioni (Cass. 16 aprile 2007 n. 9046 e Cass. 9 maggio 2012 n. 7097).

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in €. 100,00 per esborsi, €. 2.500,00 per compensi, oltre accessori di legge attribuiti all’avvocato (Omissis) antistitario.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 17 giugno 2015

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