Corte Suprema di Cassazione – sezione sesta civile – ordinanza n. 30918 del 22 dicembre 2017

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Ragioni della decisione
1. (Lavoratrice Omissis) fu licenziata da Rete ferroviaria italiana spa il 21 giugno 2010 per essersi appropriata, in qualità di cassiere, della somma di 15.630,40 curo. Il Tribunale di Reggio Calabria ritenne legittimo il licenziamento, respingendo il ricorso della lavoratrice proposto ai sensi della legge n. 92 del 2012. La Corte d’appello di Reggio Calabria, con sentenza pubblicata il 9 febbraio 2016, ha respinto il reclamo e confermato la decisione di primo grado.
2. La (Lavoratrice Omissis) ha proposto ricorso per cassazione. Rete ferroviaria italiana si è difesa con controricorso.
3. Il presidente della sesta sezione civile, con decreto del 22 settembre 2017, ha fissato la camera di consiglio dinanzi al collegio previsto dal par. 41.2. delle tabelle della Corte, indicando che il relatore ha proposto “l’improcedibilità del ricorso per cassazione perché l’attestazione di conformità della copia analogica del ricorso all’originale digitale non è firmata dal difensore”. Il decreto è stato comunicato alle parti.
4. La ricorrente ha depositato una memoria per la camera di consiglio, allegando una copia analogica del ricorso e relativa relazione di notifica, con attestazione di conformità all’originale telematico notificato alla controparte.
5. Anche Rete ferroviaria italiana spa ha depositato una memoria per la camera di consiglio, chiedendo che venisse dichiarata l’improcedibilità per mancata attestazione di conformità e, in subordine, la manifesta infondatezza del ricorso per le ragioni indicate dalla Corte di cassazione decidendo su ricorsi analoghi promossi da colleghi della ricorrente destinatari del medesimo provvedimento di licenziamento.
6. Il ricorso è stato redatto in modalità informatica e sottoscritto con firma digitale. Il difensore ha provveduto a notificarlo alla controparte a mezzo posta elettronica certificata.
7. Il processo telematico non è stato esteso al giudizio di cassazione. Pertanto, il ricorso per cassazione può essere depositato nella cancelleria della Corte esclusivamente in modalità analogica (cartacea). Ciò non esclude che il ricorrente per cassazione, se ritiene, possa notificare il ricorso con modalità telematiche.
8. Nel caso di specie il ricorrente si è avvalso di tale facoltà, ha poi estratto copia analogica del ricorso notificato e l’ha depositata nella cancelleria della Corte. La copia depositata è priva di firma autografa e priva di attestazione di conformità, così come la relazione di notifica, ed il relativo messaggio p.e.c..
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9. La materia delle attestazioni di conformità di copie analogiche di atti digitali è disciplinata dai commi 1-bis e 1-ter dell’art. 9 della legge 21 gennaio 1994, n. 53, introdotti, rispettivamente, nel 2012 (d.l. 179/12 conv. con modificazioni nella legge 221/12) e nel 2014 (d.l. 90/14 conv. con modificazioni nella 1. 114/14).
10. Con tale normativa gli avvocati sono stati sollevati dalla necessità di chiedere, di volta in volta, apposite certificazioni di conformità.
11. Il comma 1-bis dispone: ‘Qualora non si possa procedere al deposito con modalità telematiche dell’atto notificato a norma dell’art. 3-bis, l’avvocato estrae copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e ne attesta la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi dell’art. 23, comma 1, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.
12. Il comma 1-ter aggiunge: In tutti i casi in cui l’avvocato debba fornire prova della notificnione e non sia possibile fornirla con modalità telematiche, procede ai sensi del comma 1- bis”.
13. L’art. 23, comma 1, d.lgs 82/2005, richiamato alla fine del comma 1-bis, fa parte del Codice dell’amministrazione digitale (C.A.D.) e così dispone: “le copie su supporto analogico di documento informatico, anche sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte se la loro conformità all’originale in tutte le sue componenti è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato”.
14. L’esigenza di coordinare il potere di attestazione previsto in generale dal Codice dell’amministrazione digitale con la disciplina specifica del processo telematico ha indotto il legislatore a riconoscere all’avvocato la qualifica di pubblico ufficiale quando compie tali attestazioni. Infatti, l’art. 16-quater, comma 1, lett. g), d.l. 179/2012, convertito nella legge 221/2012, ha modificato l’art. 6 della legge 53 del 1994, stabilendo che dal 1° gennaio 2013 “l’avvocato che compila la relazione o le attestazioni di cui agli artt. 3, 3-bis e 9 o le annotazioni di cui all’art. 5, è considerato pubblico ufficiale ad ogni effetto” (il comma successivo aggiunge che “il compimento di irregolarità o abusi nell’esercizio delle facoltà previste dalla presente legge costituisce grave illecito disciplinare, indipendentemente dalla responsabilità prevista da altre norme’).
15. Pertanto: il Codice generale dell’amministrazione digitale riconosce un potere di attestazione di conformità ai pubblici ufficiali a ciò autorizzati; la normativa speciale processuale sulle notifiche (legge 21 gennaio 1994, n. 53 e successive integrazioni) riconosce tale potere agli avvocati, qualificandoli a tal fine pubblici ufficiali.
16. Il potere di attestazione dell’avvocato previsto dal comma 1-bis dell’art. 9 della legge 53/1994 e successive integrazioni, ha per oggetto: il messaggio di posta elettronica certificata, i suoi allegati (ricorso e relazione di notifica), le ricevute di accettazione e di avvenuta consegna. Si estende quindi, per espressa previsione normativa, anche agli atti allegati.
17. Se, come nel caso in esame, il ricorso analogico è una mera copia di quello informatico priva della necessaria attestazione di conformità sottoscritta dal difensore, non è idoneo ad integrare quanto richiesto dall’art. 369, primo comma, c.p.c. ed è quindi improcedibile. Le sezioni unite hanno infatti affermato che “è improcedibile il ricorso per cassazione del quale sia stata depositata, nel termine di venti giorni dalla notificazione, soltanto una copia non autenticata e non già originale” (Cass., sez. un., 10 ottobre 1997, n. 9861). Analogo discorso vale per la relazione di notifica ed il relativo messaggio attestante il tempo della notifica dal quale decorre il termine per il deposito in cancelleria (Cass. 19 dicembre 2016, n. 26102, Cass. 28 luglio 2017, n. 18758).
18. La giurisprudenza afferma, senza oscillazioni, che l’improcedibilità del ricorso deve essere rilevata d’ufficio senza che sia necessaria un’eccezione della controparte (Cass. 18 settembre 2012, n. 15624, Cass. 22914/2013, Cass. 870/2015, nonché, da ultimo, Cass. 7 febbraio 2017, n. 3132).
19. Né rileva la mancata contestazione della controparte, in quanto la materia non è nella disponibilità delle parti.
20. Il problema del rilievo della non contestazione si era già posto negli stessi termini in situazioni in cui, essendo stata depositata una mera fotocopia o una velina, al fine di evitare l’improcedibilità del ricorso per cassazione, era stata invocata l’applicazione dell’art. 2719 c.c. per il quale “le copie fotografiche di scritture hanno la stessa efficacia delle autentiche, se la loro conformità …. non è espressamente disconosciuta”. In queste situazioni si è costantemente affermato (Cass. 1 dicembre 2005, n. 26222; 18 settembre 2012, n. 15624; 8 ottobre 2013, n. 22914; 26 maggio 2015, n. 10784) che tale regola si applica quando si tratta di attribuire ad un documento efficacia probatoria, da valere tra le parti, mentre non vale quando si è al di fuori dell’ambito probatorio e si devono operare verifiche, come quelle relative alla procedibilità del ricorso, che hanno implicazioni pubblicistiche e non sono nella disponibilità delle parti. Ciò spiega anche perché il comma 2 dell’art. 23 del C.A.D., non è richiamato dai commi 1-bis e 1-ter dell’art. 91. 53/1994.
21.Solo in prossimità della camera di consiglio, in allegato ad un atto intestato “Memoria difensiva con deposito attestazione di conformità sottoscritta”, la difesa della ricorrente ha depositato copie su supporto analogico del ricorso, della relata di notifica, della ricevuta di accettazione e della ricevuta di avvenuta consegna, corredate da attestazione di conformità agli originali sottoscritta dall’avvocato.
22. La difesa della ricorrente, nel corso della memoria, dà atto della mancata firma dell’attestazione di conformità in sede di deposito del ricorso e riconosce che ciò ha determinato la improcedibilità dello stesso, ma sostiene che tale situazione sia sanabile mediante la produzione della copia autenticata in allegato alla memoria.
23.La giurisprudenza della Corte ammette che il deposito dell’originale possa avvenire anche separatamente e dopo la produzione della copia non autenticata, ma a condizione che avvenga nel termine di venti giorni dall’ultima notificazione, non essendo ammissibile il recupero di una condizione di procedibilità mancante dopo la scadenza del termine per il deposito del ricorso (Cass. 20 gennaio 2015, n. 870 e Cass., 7 febbraio 2017, n. 3132).
24. Il principio è stato ribadito di recente dalle sezioni unite nella sentenza 2 maggio 2017, n. 10648. Con questa pronuncia, la Corte ha affermato che non si applica la sanzione della improcedibilità quando il documento mancante sia nella disponibilità del giudice perché prodotto dalla controparte o perché presente nel fascicolo d’ufficio. Ha però ribadito che, invece, “consentire il recupero dell’omissione mediante la produzione a tempo indeterminato con lo strumento dell’art. 372 c.p.c. vanificherebbe il senso del duplice adempimento del meccanismo processuale. L’improcedibilità, infatti, a differenza di quanto previsto in altre situazioni procedurali trova la sua ragione nel presidiare, con efficacia sanzionatoria, un comportamento omissivo che ostacola la sequenza di avvio di un determinato processo”.
25. In conclusione, deve affermarsi il seguente principio di diritto: ll ricorso per cassazione è improcedibile, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., quando, nel termine di venti giorni dalla notificazione, siano state depositate solo copie analogiche del ricorso, della relazione di notificazione con messaggio p.e.c. e relative ricevute, senza attestarne la conformità, ai sensi dell’art. 9, comma 1 -bis, della legge 21 gennaio 1994 n. 53 e successive integrazioni, ai documenti informatici da cui sono tratte”.
26.Il ricorso in esame è, pertanto, improcedibile.
27.Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della soccombente, che non dovrà versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in quanto ammesso al gratuito patrocinio(Cass. 18523/14, 21794/15, 7368/17, 9538/17 e 13935 /17).
PQM
La Corte dichiara improcedibile il ricorso.
Condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in 2.000,00 euro per compensi professionali, oltre spese forfetarie in misura del 15% ed accessori.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 16 ottobre 2017.

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