Corte Suprema di Cassazione – sezione seconda civile – sentenza n. 9998 del 20 aprile 2017

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Ritenuto in fatto

In data 12.10.2000, il Presidente del Tribunale di Roma, nel pronunciare sentenza di separazione giudiziale, assegnava a (moglie Omissis), affidataria dei figli minori, la casa familiare, di proprietà esclusiva del marito (Omissis).

Precedentemente, in data 25.2.2000, l’assemblea condominiale aveva deliberato l’esecuzione di importanti lavori sull’edificio, comprendente l’immobile assegnato alla ricorrente, per i quali il (marito Omissis) aveva pagato la somma complessiva di € 7.291,08.

Su istanza di quest’ultimo, il Tribunale di Roma, con decreto n. 19486 del 22.7.2002, ingiungeva alla (moglie Omissis), in ragione del diritto di abitazione esercitato sull’immobile, la rifusione degli esborsi sostenuti dal (marito Omissis).

Avverso tale provvedimento proponeva opposizione la (moglie Omissis), deducendo la natura straordinaria dei lavori e l’applicabilità al caso concreto delle norme sulla locazione.

Il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 1500 del 2005, rigettava l’opposizione, sul rilievo che, essendole stato attribuito, in sede di separazione personale, il diritto di abitazione sulla casa familiare di esclusiva proprietà del coniuge (marito Omissis), le incombessero le spese di custodia, manutenzione ed amministrazione del bene.

Rilevava in proposito che il diritto della (moglie Omissis) era riconducibile al diritto reale di abitazione di cui all’art.1022 c.c., il che comportava che, nella ripartizione degli oneri di ordinaria e straordinaria manutenzione valessero i medesimi criteri stabiliti in materia di usufrutto.

L’impugnazione della (moglie Omissis) veniva rigettata dalla Corte di Appello di Roma, con la sentenza n. 2058/2013 dell’11.4.2013.

La Corte d’Appello evidenziava che l’appellante non aveva censurato né che le spese inerissero ad oneri di ordinaria manutenzione, né l’applicabilità al caso di specie dell’art. 1022 c.c. , con applicazione delle norme sull’usufrutto.

Il motivo di appello, avente ad oggetto l’anteriorità della delibera condominiale e del contratto di appalto rispetto al diritto di abitazione accordatole in sede di separazione, si sostanziava in una “domanda nuova”.

In ogni caso, posto che la (moglie Omissis) non aveva impugnato la sussunzione della fattispecie nell’ambito degli artt. 1022 e 1004 c.c., poco rilevava che i lavori fossero stati deliberati prima dell’inizio dì esercizio del suo diritto di abitazione, giacché ciò che importava era che della situazione avesse beneficiato quale titolare del diritto di abitazione.

Le considerazioni sull’esborso che avrebbe comportato un suo diritto alla ripetizione, erano anch’esse “nuove” e non pertinenti, tanto più che il suddetto diritto di ripetizione era negato in radice proprio dalla disposizione dell’art. 1004 c.c.

Per la cassazione di detta sentenza ha proposto ricorso la (moglie Omissis), sulla base di un unico motivo, illustrato da memorie ex art. 378 cpc.
(Marito Omissis) non ha svolto difese.

Considerato in diritto

Con l’unico, articolato, motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 81, 100, 183 e 345 c.p.c. (in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.), per aver la Corte territoriale configurato come “domanda nuova” la questione concernente l’anteriorità della delibera condominiale (25.2.2000) e del contratto di appalto (13.5.2000) rispetto al diritto di abitazione accordatole in sede di separazione (12.10.2000), nonostante si trattasse di una delle condizioni dell’azione promossa dal (marito Omissis).

Censura, inoltre, la qualificazione da parte della Corte d’Appello in termini di mera manutenzione ordinaria delle opere per cui è causa, non avendo il giudice considerato che l’obbligo di pagare i contributi per le spese riguardanti opere di ristrutturazione delle parti comuni dell’edificio grava su colui che era proprietario al momento dell’adozione delle delibera di approvazione delle spese stesse.

Il motivo è fondato.

Ed invero la questione relativa alla anteriorità della deliberazione delle opere (oltre che della loro esecuzione) rispetto al provvedimento di assegnazione della ex casa coniugale, in quanto involge la contestazione di un fatto costitutivo del diritto azionato, integra una mera difesa e non costituisce dunque eccezione in senso stretto, con la conseguenza che la parte, contrariamente a quanto affermato dalla Corte d’Appello, non era incorsa in alcuna decadenza processuale e la Corte avrebbe dovuto tenere conto dell’anteriorità della delibera assembleare – resa il 25 febbraio 2000 – rispetto all’assegnazione della casa coniugale, disposta con provvedimento del Presidente del Tribunale di Roma del successivo 12 ottobre dello stesso anno.

Da ciò discende, secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, che grava sul (marito Omissis) l’obbligo di pagamento delle spese suddette e dunque l’infondatezza della domanda di rimborso da costui spiegata nei confronti della (moglie Omissis).

Conviene premettere che, secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, poiché le spese necessarie per la conservazione ed il godimento delle parti comuni costituiscono l’oggetto di un’obbligazione “propter rem”, la qualità di debitore dipende dalla titolarità del diritto di proprietà o di altro diritto reale sulla cosa, e quindi nel caso di specie dalla data di costituzione del diritto di abitazione(Cass23291/2006).

Questa Corte ha altresì affermato che l’obbligazione di ciascun condomino di contribuire alle spese per la conservazione dei beni comuni nasce nel momento in cui è necessario eseguire le relative opere (Cass,. 6323/2003), mentre la delibera dell’assemblea di approvazione della spesa rende liquido il debito.

L’anteriorità della delibera condominiale sulle spese oggetto di causa rispetto alla costituzione del diritto di abitazione in capo all’odierna ricorrente, come si è visto rilevabile d’ufficio, esclude dunque che la ricorrente medesima sia tenuta al pagamento delle stesse, dovendo disattendersi la contraria statuizione della Corte d’Appello, secondo cui ciò che rilevava era che di detti lavori quest’ultima abbia beneficiato.

In accoglimento del ricorso la sentenza impugnata va dunque cassata e, poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con accoglimento dell’opposizione proposta dall’odierna ricorrente e revoca del decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti.

Considerata la peculiarità della questione e le ragioni della decisione, sussistono i presupposti per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio.

P. Q. M.

La Corte accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, in accoglimento dell’opposizione proposta da (moglie Omissis) avverso il decreto ingiuntivo emesso, su ricorso di (marito Omissis), dal Presidente del Tribunale di Roma il 22/7/2002, revoca il decreto opposto.

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Cosi deciso in Roma, l’8 marzo 2017

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