Qual è la velocità che il conducente deve mantenere per non incorrere in responsabilità penale.

Download PDF
Qual è la nozione di velocità adeguata per evitare di incorrere in penale responsabilità

Qual è la nozione di velocità adeguata per evitare di incorrere in penale responsabilità

In tema di circolazione dei veicoli, la velocità doverosa è quella che, tenuto conto delle condizioni di tempo e di luogo, permette di evitare gli eventi prevedibili secondo l’id quod plerumque accidit. Il fattore velocità risponde infatti ad un concetto di relatività alle situazioni contingenti quando trattasi di valutare il comportamento dell’imputato in nesso causale con l’evento ascrittogli e non già di accertare la violazione contravvenzionale di norme prescriventi limiti fissi di velocità.

Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione penale sez. IV con sentenza 13 febbraio 2015 n. 8526

Il caso

Un soggetto, che procedeva su un ciclomotore con a bordo un passeggero trasportato, veniva condannato, in cooperazione colposa, con altro soggetto, alla guida di altro ciclomotore che gli si frapponeva lungo la traiettoria, per il reato di omicidio colposo ed al risarcimento dei danni in favore del trasportato, che, sbalzato dal ciclomotore a seguito dell’urto, veniva proiettato contro un cancello e decedeva immediatamente.

La Corte di Appello riformava la condanna unicamente quoad poenam. Nel merito si accertava che il sinistro era da ricondursi alla manovra imprudente e vietata del conducente il secondo ciclomotore nonché alla condotta (in cooperazione colposa) del primo per non aver mantenuto una velocità del mezzo adeguata alle specifiche condizioni di tempo e di luogo.

Nella specie, il conducente del ciclomotore con a bordo il trasportato procedeva ad una velocità prossima e non superiore al limite vigente in quel tratto di strada (50 km/h)  ma teneva tale velocità nonostante si trattasse di centro abitato, di ora notturna, di tratto in prossimità di intersezione con altra strada, di condizioni di visibilità non ottimali, in prossimità di strisce pedonali e conducendo a bordo un passeggero privo di casco. Per tale motivo i giudici di merito ritenevano che la velocità in concreto tenuta dal conducente non era adeguata alle condizioni di tempo e di luogo e pertanto gli addebitavano, unitamente all’altro conducente del ciclomotore, la responsabilità dell’evento a titolo di reato colposo.

Da qui il ricorso per cassazione del conducente il ciclomotore che portava seco il passeggero.

Il primo motivo del ricorso

Con il primo motivo del ricorso l’imputato si duole della manifesta illogicità della sentenza che avrebbe affermato l’irrilevanza causale del mancato uso del casco da parte del passeggero, nonché della condotta gravemente colposa del conducente l’altro ciclomotore

Con il secondo motivo del ricorso l’imputato si duole della violazione dell’art. 41 c.p., essendo stata la condotta dell’altro conducente abnorme e come tale esclusiva causa dell’evento prodottosi.

Le considerazioni della Suprema Corte.

Sul primo motivo del ricorso.

Quando il mancato uso del casco elide il nesso causale.

Riguardo al primo motivo del ricorso, la Corte di legittimità rileva che “privo di rilievo è il richiamo alla asserita assenza di efficienza causale del mancato utilizzo del casco da parte del passeggero”, in quanto “il giudizio controfattuale in ordine alla valenza impeditiva della condotta alternativa lecita ha senso solo se viene calato in un comportamento emendato di ogni altra violazione cautelare da parte dell’agente/omittente, perchè diversamente esso sarebbe del tutto inutile, fondandosi la responsabilità su un diverso fattore causale”.

La relatività del concetto di velocità.

Inoltre la Corte ha ricordato che “in tema di accertamento della condotta colposa dell’imputato, nel formulare il loro convincimento sull’eccesso di velocità, i giudici di merito non sono tenuti ad indicare in termini aritmetici il limite di velocità ritenuto innocuo, essendo sufficiente che essi indichino gli elementi di fatto e le logiche deduzioni, in base ai quali hanno valutato, sia pure approssimativamente, la velocità ritenuta nociva e pericolosa in rapporto alla situazione obiettiva ambientale. Il fattore velocità risponde infatti ad un concetto di relatività alle situazioni contingenti quando trattasi di valutare il comportamento dell’imputato in nesso causale con l’evento ascrittogli e non già di accertare la violazione contravvenzionale di norme prescriventi limiti fissi di velocità (Sez. 4^, n. 6173 del 09/05/1983, Togliardi, Rv. 159688; Sez. 4^, n. 11068 del 05/06/1984, Rasi, Rv. 167075)”.

In altri termini, secondo i giudici di piazza Cavour, “la velocità adeguata è quella che il giudice identifica come valevole a garantire una sicura circolazione stradale, nelle specifiche condizioni date. Trattandosi di regola elastica, l’opera di definizione della regola cautelare chiama in causa la prevedibilità e l’evitabilità dell’evento: la velocità doverosa è quella che, tenuto conto delle condizioni di tempo e di luogo, permette di evitare gli eventi prevedibili secondo l’id quod plerumque accidit. La valutazione in ordine alla correttezza di tale operazione non è conducibile alla stregua di parametri matematici ma va effettuata utilizzando i criteri che informano il sindacato sulla motivazione: compiutezza e non manifesta illogicità”.

Sul secondo motivo del ricorso

L’imprudenza e l’imprevedibilità dei comportamenti altrui e loro influenza sul nesso causale.

Riguardo al secondo motivo, la Corte ribadisce che “in tema di responsabilità da sinistri stradali, l’utente della strada deve regolare la propria condotta in modo che essa non costituisca pericolo per la sicurezza di persone e cose, tenendo anche conto della possibilità di comportamenti irregolari altrui, sempre che questi ultimi non risultino assolutamente imprevedibili (Sez. 4^, Sentenza n. 26131 del 03/06/2008, Garzotto, Rv. 241004). Infatti, il principio dell’affidamento, nello specifico campo della circolazione stradale, trova un opportuno temperamento nell’opposto principio, secondo cui l’utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui, purchè rientri nel limite della prevedibilità (Sez. 4^, Sentenza n. 8090 del 15/11/2013, P.M. in proc. Saporito, Rv. 259277). L’imprevedibilità, quindi, non può farsi consistere nella stessa imprudenza dell’altrui comportamento”.

avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)

managing partner at clouvell (www.clouvell.com)

Download PDF