Lo ha stabilito il Garante per la protezione dei dati personali con provvedimento a seguito di richiesta di cancellazione, dai risultati resi da un motore di ricerca, dei collegamenti alle pagine web che contengono il nominativo dell’interessato in data 11 dicembre 2014 (Registro dei provvedimenti n° 581 dell’11 dicembre 2014)
La vicenda
Una persona chiedeva a Google Inc. la deindicizzazione di una determinata url http://…, rinvenibile tramite il motore di ricerca Google, lamentando che il suo nominativo fosse presente in relazione ad una vicenda giudiziaria che lo aveva visto imputato di ipotesi di reato riguardanti rapporti sessuali con minori, accusa dalla quale era stato però assolto nell’anno 2009.
La posizione di Google….
Nella specie, Google Inc però negava la richiesta di deindicizzazione in questione in quanto, a suo dire, “l’inserimento degli articoli di notizie nei risultati di ricerca di Google” risultava essere ” ancora pertinente e di interesse pubblico”;
… e del Garante
Il Garante, però, ha rilevato che la “diffusione in oggetto riguarda dati personali relativi ad abitudini sessuali riferite ad una determinata persona identificata o identificabile (articolo 137, comma 3 del Codice e articoli 5, 6 e 11 dell’allegato codice di deontologia)”, e che pertanto “diffusione del commento contenuto nel link oggetto di reclamo leda la sfera privata del reclamante”.
Per questi motivi il Garante ha prescritto, ai sensi degli articoli 143, comma 1, lett. b) e 154, comma 1, lett. c) a Google Inc., con sede in Mountain View, USA, di cancellare dal risultato dei motori di ricerca la url oggetto di doglianza.
Il diritto all’oblìo
La problematica del diritto all’oblìo si è sviluppata e si sta ampliando parallelarmente alla diffusione di internet. I motori di ricerca, difatti, indicizzano tutto che trovano sulla rete.
La delicatezza della questione deriva dal fatto che attraverso i motori di ricerca è possibile risalire ad una determinata persona ed in particolare a tutto ciò che la riguarda pur senza conoscere i siti web ed i relativi url che contengono le varie notizie.
Può succedere, e succede sempre più spesso, che attraverso i motori di ricerca vengano reperite informazioni sul conto di un soggetto che non sarebbero altrimenti reperibili o sarebbe difficile reperire senza l’ausilio del motore di ricerca stesso
In tal caso può accadere che una persona si lamenti della lesione del proprio diritto alla protezione dei dati personali derivante dal reperimento (senza limiti di tempo) di articoli giornalistici relativi a notizie che la riguardano e che non siano più attuali.
E’ proprio il caso del soggetto protagonista del provvedimento del Garante sopra riportato.
Occorre evidenziare che gli articoli 136 e seguenti del codice della privacy pongono delle deroghe ai generali principi secondo cui occorre il consenso della persona interessata per la diffusione di una notizia che la riguarda.
In particolare l’articolo 136 esclude il trattamento:
a) effettuato nell’esercizio della professione di giornalista e per l’esclusivo perseguimento delle relative finalità;
b) effettuato dai soggetti iscritti nell’elenco dei pubblicisti o nel registro dei praticanti di cui agli articoli 26 e 33 della legge 3 febbraio 1963, n. 69;
c) temporaneo finalizzato esclusivamente alla pubblicazione o diffusione occasionale di articoli, saggi e altre manifestazioni del pensiero anche nell’espressione artistica.
Ciò non significa che il diritto di informazione in tali casi non incontra limiti.
Per un verso, infatti, la cronaca incontra anche sul web quegli stessi limiti coniati dalla giurisprudenza, dovendo rispettare i criteri di continenza, verità e proporzionalità.
Per altro verso, anche quando la notizia è di per sé lecita, essa deve, per l’appunto, tener conto del diritto all’oblìo.
Tale diritto può essere azionato quando, avuto riguardo alla reperibilità delle informazioni on line, una notizia risulti ad esempio datata o non aggiornata e quindi incompleta. Oppure quando, pur completa, la sua diffusione non risponde più agli interessi pubblici. Oppure (ed è il caso della questione oggetto del provvedimento del Garante sopra riportato) riguardi notizie attinente la sfera o le abitudini sessuali di una persona.
Dunque tutela ad ampio raggio, non solo ad opera del Garante, ma anche ad opera dei Giudici. Sul punto si veda, ex multis, Cassazione civile sez. III – 26/06/2013 n° 16111 secondo cui “In tema di diffamazione a mezzo stampa, il diritto del soggetto a pretendere che proprie, passate vicende personali non siano pubblicamente rievocate (nella specie, il cd. diritto all’oblio era invocato in relazione ad un’antica militanza in bande terroristiche) trova limite nel diritto di cronaca solo quando sussista un interesse effettivo ed attuale alla loro diffusione, nel senso che quanto recentemente accaduto (nella specie, il ritrovamento di un arsenale di armi nella zona di residenza dell’ex terrorista) trovi diretto collegamento con quelle vicende stesse e ne rinnovi l’attualità, diversamente risolvendosi il pubblico ed improprio collegamento tra le due informazioni in un’illecita lesione del diritto alla riservatezza”.
Dunque, diritto all’oblìo, si. Ma l’individuazione dei relativi confini sono sempre rimessi al Garante o al Giudice.
Avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)
managing partner at clouvell (www.clouvell.com)