Corte Suprema di Cassazione – sezione prima civile – sentenza n. 23303 del 13 novembre 2015

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Il PROCESSO

(ricorrente Omissis) impugna il decreto App. Firenze __._.2009 con cui, rigettando il proprio reclamo avverso il decreto Trib. Firenze __._.2009 con cui era stata rigettata la domanda di esdebitazione svolta ai sensi dell’art.142 l.f. e nella procedura in cui la stessa era stata dichiarata fallita, si condivideva l’impianto motivazionale del primo giudice, per il quale il predetto beneficio era subordinato al pagamento, anche se in percentuale minima, di tutti i creditori concorsuali, inclusi i chirografari.

Rilevò la corte d’appello, nel contraddittorio con una creditrice chirografaria costituita chiedendo il rigetto del ricorso, che l’art.142 l.f. doveva essere inteso alla stregua di norma presupponente il diritto, in capo a tutti i creditori-concorsuali ed ancorchè con percentuali minime ma pur sempre non irrisorie, ad essere stati soddisfatti nella procedura, mentre nella specie ciò era avvenuto solo per due privilegiati di primo grado, in parte per uno dei creditori privilegiati di secondo grado e in nessuna parte per tutti gli altri creditori, privilegiati e chirografari.

Il ricorso è affidato a un motivo.

I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art.142 lf., ex n.3 del co.1 dell’art.360 cod.proc.civ., per avere la corte di merito errato ove ha respinto la possibilità di accedere al beneficio dell’esdebitazione anche nel caso di omessa soddisfazione di tutti i creditori concorsuali, condizione non prescritta dalla norma.

Osserva il Collegio, in via preliminare, che risulta mancata avanti al giudice di secondo grado l’integrazione del contraddittorio verso litisconsorti necessari già chiamati nel giudizio di primo grado (secondo la documentazione sopraggiunta all’udienza), circostanza che — come già rilevato in precedenti di questa Corte (e sia pur relativi all’omesso contraddittorio avanti al tribunale, Cass. 12950/2014) e, si aggiunge, oggetto di verifica ex officio a prescindere dal tenore organizzativo assunto dall’attività provvedimentale del giudice di merito – rende, a differenza di quanto accade nel caso di mancata integrazione del contraddittorio nel giudizio di cassazione introdotto con ricorso inammissibile o prima facie infondato, inutile tutta l’attività svolta nel grado connotato dalla riscontrata omissione (Cass. 23765/2008, 10282/2014, 18853/2015), con conseguente inesistenza di una pronuncia che possa assumere autorità di giudicato. Dall’esame degli atti del processo di reclamo (cui questa Corte può accedere direttamente, trattandosi di valutare l’esistenza di un error in procedendo, ciò che costituisce eccezionale verifica del fatto – processuale – di spettanza del giudice di legittimità), risulta un limite di mancata notificazione della domanda introduttiva impugnatoria, con cui il debitore chiedeva alla corte d’appello il riesame della decisione negativa resa dal Trib. Firenze sulla propria originaria istanza volta ad essere ammesso al beneficio esdebitatorio, avendo il reclamante circoscritto la notifica al curatore e a due creditori (uno dei quali poi costituitosi), così erratamente restringendo il contraddittorio — in apparenza — alle sole parti costituite avanti al giudice di primo grado. Nella vicenda invero non è stata disposta dalla corte d’appello, né il ricorrente ha attuato, la partecipazione al procedimento dei creditori che, per non essere stati integralmente soddisfatti, sono — di fronte alla domanda originaria – e restano — nel corso del processo – nella condizione sostanziale di poter subire l’incidenza definitiva dell’eventuale pronuncia di esdebitazione, anche alla luce dei parametri che hanno guidato Cass. s.u. 24214/2011: ciò per l’influenza diretta sul proprio diritto soggettivo di credito e la conseguente condizione processuale di litisconsorti necessari, mirando la decisione domandata ad imporsi anche nei loro confronti ed in termini di definitiva ristrutturazione del relativo passivo (secondo il senso attribuibile alla locuzione della “inesigibilità dei debiti concorsuali non soddisfatti integralmente”, che sottrae il potere di azione nei confronti del debitore esdebitato).

Infatti la Corte costituzionale, con la sentenza n. 181/2008 del 30 maggio 2008, già aveva dichiarato l’illegittimità dell’art.143 l.f, nel testo introdotto dal d.lgs. n. 5 del 2006, limitatamente alla  parte in cui esso, in caso di procedimento di esdebitazione attivato, ad istanza del debitore dichiarato fallito (nella specie, nell’anno successivo al decreto di chiusura del fallimento), non prevede la notificazione, a cura del ricorrente e nelle forme previste dall’art. 137 cod.proc.civ. e s., ai creditori concorrenti non integralmente soddisfatti, del ricorso col quale il debitore chiede di essere ammesso al beneficio della liberazione dai debiti residui nei confronti dei medesimi creditori, nonché del decreto col quale il giudice fissa l’udienza in camera di consiglio (principio poi attuato da Cass. 21864/2010, oltre che con Cass. 12950/2014, 9408/2015). Né alla disposizione di cui al co.2 art.143 l.f. ove si individuano descrittivamente i legittimati all’impugnazione avverso il decreto che provvede sulla domanda di esdebitazione, è attribuibile un valore solo integrativo rispetto al co. 1., così come riscritto dalla menzionata sentenza del Giudice delle leggi: proprio il diverso assetto che da essa è scaturito indica quali soggetti a partecipazione necessaria il curatore e tutti i creditori (destinati a non essere integralmente soddisfatti), con l’acquisizione doverosa del parere dell’organo comitato dei creditori, mentre sulla decisione così assunta e per il caso di passaggio al reclamo, deve prevedersi la medesima partecipazione, assolvendo l’estensione soggettiva della legittimazione al reclamo altresì al pubblico ministero e a qualunque interessato la portata di norma aperta alla ricognizione di apporti eventuali al processo, recati dal titolare di un interesse di particolare qualificazione funzionale alla migliore decisione di merito (come in più sedi previsto nella disciplina fallimentare, ad es. sub art. 18 l.f., ma senza introduzione di nuove categorie di litisconsorti necessari). La norma pertanto, dove individua al co. 2 e tuttora anche,i “creditori non integralmente soddisfatti” tra i legittimati al reclamo, opera ricognitivamente rispetto ad una facoltà ormai divenuta propria di un legittimo contradditore necessario al processo. Se peraltro la prevista partecipazione del curatore eleva l’organo ad un grado evidente di rappresentatività autonoma degli interessi della procedura nel suo complesso, la dichiarazione di illegittimità costituzionale n. 181/2008 esclude che l’ordinamento possa tollerare una eventuale preterizione dei menzionati creditori insoddisfatti (in tutto o in parte, secondo il tenore della proposta) bilanciabile ipotizzando un limite di efficacia, ove non abbiano preso parte al procedimento, della pronuncia di esdebitazione eventualmente resa, sembrando diretta conseguenza della statuizione citata che anche l’organizzazione del procedimento, in entrambe le fasi, non possa prescinderne. Va dunque affermato il principio per cui, in terna di procedimento di esdebitazione del fallito, così come la notifica della  domanda e del decreto di fissazione dell’udienza avanti al tribunale vanno notificati a tutti i creditori (destinati ad essere insoddisfatti, anche in parte), questi ultimi — in quanto litisconsorti necessari — non possono essere pretermessi nemmeno nella fase di eventuale reclamo, non potendo il relativo contraddittorio essere circoscritto a quelli di essi che si siano costituiti avanti al primo giudice, divenendo così la relativa omissione (nella specie, non rilevata dalla corte d’appello) causa di nullità della pronuncia cui comunque metta capo la fase impugnatoria ciononostante condotta, conseguendone nel caso la cassazione, anche su rilievo d’ufficio, del decreto ed il rinvio al giudice del reclamo per l’integrazione del contraddittorio.

Anche per il caso odierno, va conclusivamente disposto che il decreto impugnato deve essere cassato, come conseguenza della dichiarazione di nullità del procedimento di secondo grado, con rinvio al giudice del reclamo, in altra composizione ed altresì per le spese del presente procedimento, senza possibilità di esaminare il motivo, che resta assorbito.

P.Q.M.

La Corte dichiara la nullità del procedimento di reclamo, cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente procedimento.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29 ottobre 2015.

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