Corte Suprema di Cassazione – sezione quinta penale – sentenza n. 43647 del 21 settembre 2017

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RITENUTO IN FATTO
1. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cosenza, con decreto emesso de plano, ha disposto, su richiesta del Pubblico Ministero, l’archiviazione del procedimento relativo ai reati di cui agli artt. 621, 622 e 623 cod. pen., instaurato contro ignoti, per mancata identificazione dei responsabili e per l’inutilità di ulteriori indagini. 2. Ricorre la persona offesa (Omissis), a mezzo del difensore, per violazione di legge. Deduce che, nell’opposizione all’archiviazione, erano state fatte specifiche richieste di indagine (acquisizione di documentazione e di informazioni da parte di persone compiutamente individuate), che avrebbero dovuto orientare diversamente il giudicante. Questo fatto imponeva al Giudice delle indagini preliminari di provvedere sulla richiesta del Pubblico Ministero all’esito dello svolgimento dell’udienza camerate, da fissare all’uopo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La doglianza è fondata.
L’art. 410 c.p.p., come è noto, configura un sistema di equilibrio tra il principio di obbligatorietà dell’azione penale e quello di economia processuale, tendente sia ad impedire inerzie e lacune investigative del pubblico ministero, sia indagini meramente pretestuose o dilatorie, offrendosi al giudice, in tale evenienza, lo strumento dell’archiviazione de plano (cfr. Corte cost., 11 aprile 1997 n. 95). Per l’effetto, dalla disciplina positiva deriva che, qualora sia stata proposta opposizione alla richiesta di archiviazione del pubblico ministero, il Gip, ai sensi dell’art. 410 c.p.p., può disporre l’archiviazione con provvedimento de plano esclusivamente in presenza di due condizioni, delle quali deve dare atto con adeguata motivazione, e cioè l’inammissibilità dell’opposizione, per l’omessa indicazione dell’oggetto dell’investigazione suppletiva, e l’infondatezza della notizia di reato. Al di fuori di tali ipotesi, in presenza di opposizione della persona offesa, non può che ricorrersi al procedimento camerale, senza del quale il provvedimento di archiviazione deve considerarsi emesso con violazione della garanzia del contraddittorio e perciò impugnabile con il ricorso per Cassazione. Ai fini della corretta applicazione della richiamata disposizione, è stata ritenuto (v. Cass., Sez. un., 14 febbraio 1996, Testa), che ai fini dell’apprezzamento sull’ammissibilità dell’opposizione il giudice deve tenere conto della pertinenza (cioè la inerenza rispetto alla notizia di reato) e della rilevanza degli elementi di indagine proposti (cioè l’incidenza concreta sulle risultanze dell’attività compiuta nel corso delle indagini preliminari) senza però poter effettuare valutazioni anticipate di merito ovvero prognosi di fondatezza o meno di tali elementi di indagine. Cosicché eventuali ragioni di infondatezza dei temi indicati nell’atto di opposizione non possono costituire motivo legittimo di inammissibilità, neppure ove attengano ad una valutazione prognostica dell’esito della “investigazione suppletiva” e delle relative fonti di prova indicate dalla parte offesa. Esaminato alla luce dei criteri suddetti il provvedimento in esame va censurato per l’assorbente ragione che il giudice ha disposto l’archiviazione senza nemmeno prendere in considerazione le ragioni dell’opposizione, comportandosi come se un’opposizione non fosse mai stata presentata. La violazione del contraddittorio è lampante, cosicché il decreto va annullato e gli atti trasmessi al giudice a quo, affinché provveda ai sensi di legge.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio il decreto impugnato e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Cosenza per il corso ulteriore.
Così deciso il 14/7/2017

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