Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 27 febbraio 2014 n. 9727

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Qui di seguito la motivazione integrale della sentenza della Suprema Corte di Cassazione, sez. VI Penale, 27 febbraio 2014, n. 9727

Considerato in fatto e ritenuto in diritto

1. Con sentenza del 26.10.2012 la Corte di appello di Bari – a seguito di gravame interposto dall’imputato G.P. avverso la sentenza emessa il 18.5.2009 dal GUP del Tribunale di Bari – in riforma di detta sentenza, confermando la penale responsabilità del predetto imputato in ordine al delitto di favoreggiamento ascrittogli , ha concesso le attenuanti generiche e rideterminato la pena inflitta sospendendola condizionalmente.
2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo con unico ed articolato motivo violazione degli artt. 54 e 384 c.p. in ragione di una inopinabile situazione esimente riconducibile alla sfera applicativa delle predette norme, avendo la stessa Corte di appello rilevato più volte la forte percezione di timore da parte del G. derivante dal pericolo di ritorsioni e, con molta probabilità, per effetto di pressioni subite anteriormente alla condotta favoreggiatrice. Il ricorrente, inoltre, invita la Corte a valutare l’eventuale rinvio della questione alle SS.UU. stante il dedotto contrasto delle decisioni delle sezioni semplici in ordine alla ricorrenza nella specie al paradiga dell’art. 384 c.p. piuttosto che di quello dell’art. 54 c.p..
3. Il ricorso è fondato.
4. Non osta all’esame della doglianza la sua proposizione per la prima volta in questa sede di legittimità . Invero, è costante insegnamento di questa Corte che la esimente della necessità a salvare se stesso o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento alle libertà o all’onore (ipotizzabile in taluni reati contro l’amministrazione della giustizia) va applicata, in appello o in Cassazione, dai giudici anche in assenza di uno specifico motivo di gravame. (Sez. 6, Sentenza n. 2623 del 12/11/1980 Rv. 151429 Imputato: IODICE).
5. In tema di falsa testimonianza, ai fini della configurabilità dell’esimente di cui all’art. 384, comma primo, cod. pen., rileva non solo il pericolo di un nocumento alla libertà o all’onore dell’autore del reato o di un suo prossimo congiunto, ma altresì quello di un nocumento all’incolumità fisica (Sez. 6, Sentenza n. 26061 del 08/03/2011 Rv. 250748 Imputato: Cerrone.) essendo necessario che il pericolo non sia genericamente temuto ma sia collegato a circostanze obiettive, attuali e concrete che ne delimitino con precisione contenuto ed effetti. (Fatti specie in materia di favoreggiamento personale) (Sez. 6, Sentenza n. 8638 del 26/04/1999 Rv. 214315 Imputato: Aprano P.) in quanto l’esimente implica un rapporto di derivazione del fatto commesso dalla esigenza di tutela di detti beni che va rilevato sulla base di un criterio di immediata ed inderogabile conseguenzialità e non di semplice supposizione (Sez. 6, Sentenza n. 10271 del 15/11/2012 Rv. 255716 Imputato: Spano).
6. Ebbene, nella specie il giudice di merito ha ritenuto la condotta dell’imputato esito di verosimili pressioni esercitate su di lui da soggetti appartenenti ad ambienti della criminalità organizzata ed ha specificamente rimarcato la pericolosità e l’efferatezza di tale contesto in relazione al timore di rappresaglie da parte di chi aveva , come il ricorrente, assistito all’omicidio, documentato anche da un brutale pestaggio subito da un altro testimone del fatto verificatosi il giorno successivo ad esso ad opera di numerosi soggetti legati alla criminalità organizzata a cui appartenevano anche vittima ed assassino. Ha considerato – infine – l’oggettivo stato psichico di timore manifestato dallo stesso ricorrente, attraverso il suo tremore e sudore, al momento in cui gli veniva chiesto l’individuazione fotografica.
7. Ritiene la Corte che a tale accertamento di fatto, ed in applicazione del richiamato orientamento di legittimità, consegua la sua qualificazione sub specie della invocata esimente ex art. 384 co. 1 c.p. in ragione dei fondato, attuale e concreto timore dell’imputato di pericolo di nocumento al bene della sua vita e della sua incolumità personale che, come detto, sorregge la esimente in parola la quale, quindi, deve essere nella specie riconosciuta.
8. Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non costituisce reato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato.

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