Corte Suprema di Cassazione – sezione quarta penale – sentenza n. 11902 del 10 marzo 2016

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Ritenuto in fatto

(Omissis), nella sua qualità di amministratore di sostegno di (beneficiario Omissis), ha proposto ricorso per cassazione, avverso il provvedimento del G.i.p. del Tribunale di Campobasso, emesso in data 8.07.2015, con il quale è stata revocata l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, già disposta dal G.i.p. procedente, con provvedimento del 4.03.2011, in favore di (beneficiario Omissis). La ricorrente denuncia la violazione dell’art. 76, d.P.R. n. 115/2002. Osserva che la revoca del beneficio è stata disposta sulla base delle informazioni rese dalla Agenzia delle Entrate, con nota in data 8.07.2015, dalla quale emergeva che il complessivo reddito del nucleo familiare di (beneficiario Omissis) superava i limiti stabiliti dalla legge per l’ammissione al patrocinio. La parte osserva che erroneamente l’Ufficio finanziario ha computato anche i redditi percepiti dai componenti del nucleo familiare, anziché il solo reddito percepito dall’esponente, in violazione dell’art. 76, comma 4, d.P.R. n. 115/2002, giacché nel caso sussiste un conflitto tra gli interessi del richiedente e quelli degli altri componenti del nucleo familiare. Ciò in quanto al (beneficiario Omissis), nell’ambito del presente procedimento, si contestano reati contro la famiglia, tanto che la ex moglie ed i figli hanno assunto la qualità di parti offese.

Il Procuratore Generale, con requisitoria scritta, ha rilevato che effettivamente il (beneficiario Omissis) risulta rinviato a giudizio per il reato di cui all’art. 570, cod. pen., in danno dei figli e della moglie; e che, conseguentemente, ai fini della ammissione al beneficio, non può tenersi conto dei redditi percepiti dal coniuge in stato di separazione di fatto. Sulla scorta di tali rilievi, la parte pubblica ha chiesto l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato.

Considerato in diritto

Il ricorso che occupa muove alle considerazioni che seguono. Si osserva primieramente che la giurisprudenza di questa Suprema Corte ha chiarito che l’impugnabilità del decreto di revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, mediante ricorso per cassazione, attiene alla sola ipotesi di revoca disposta su richiesta del competente ufficio finanziario, come avvenuto nel caso di specie (il giudice ha provveduto su conforme richiesta della Agenzia delle Entrate in data 19.05.2015). Siffatto approdo ermeneutico, sostenuto dalle Sezioni unite di questa Corte nell’assetto normativo antecedente alle modifiche introdotte dal d.l. 30 giugno 2005, n. 115, convertito in legge 17 agosto 2005, n. 168 (cfr. Cass. Sez. U 14 luglio 2004 n. 36168, Rv. 228666), va mantenuto anche con riguardo alla nuova formulazione del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, artt. 112 e 113, di guisa che il ricorso immediato per cassazione deve ritenersi ammesso nella sola ipotesi di revoca dell’ammissione al patrocinio in seguito a richiesta dell’Agenzia delle Entrate, mentre in tutte le altre ipotesi occorre proporre ricorso ex art. 99, d.P.R. n. 115 del 2002, al Presidente dell’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha disposto la revoca. Detta ricostruzione del sistema è avvalorata, sul piano letterale, dalla limitazione del ricorso per cassazione al solo “decreto che decide sulla richiesta di revoca ai sensi dell’art. 112, comma 1, lett. d)” – ove il termine “richiesta” allude evidentemente a un’iniziativa dell’ufficio finanziario competente – e, sul piano sistematico, dalla considerazione che la revoca d’ufficio solitamente comporta una serie di valutazioni in fatto difficilmente contrastabili in sede di legittimità.

Ciò posto, deve rilevarsi che il ricorso risulta fondato. La Corte regolatrice ha affermato che nella determinazione del reddito complessivo, rilevante ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, non si tiene conto dei redditi facenti capo al coniuge in stato di separazione di fatto, giacché quest’ultimo, pur coabitando, non compie alcuna attività concreta di contribuzione alla vita familiare (Sez. 4, Sentenza n. 29302 del 24/04/2014, dep. 04/07/2014, Rv. 262236). Orbene, applicando il richiamato principio di diritto al caso di specie, deve rilevarsi che (beneficiario Omissis) è chiamato a rispondere del delitto di violazione degli obblighi assistenziali di cui all’art. 570, cod. pen., in danno dei figli e della moglie, evenienza indicativa della insussistenza delle condizioni per computare, ai fini della determinazione del reddito riferibile al soggetto richiedente l’ammissione al patrocinio, gli emolumenti percepiti dai singoli soggetti che formalmente compongono il nucleo familiare. Si osserva che la motivazione posta a fondamento del provvedimento oggi impugnato – basata sul mero riferimento alla nota della Agenzia delle Entrate, sopra richiamata – induce a rilevare che il giudicante abbia decretato la revoca del beneficio sulla base del superamento dei limiti reddittuali, evidenziato dalla Agenzia delle Entrate, proprio in ragione del computo degli emolumenti percepiti dai diversi componenti del nucleo familiare del (beneficiario Omissis).

In conclusione, si impone l’annullamento del provvedimento impugnato, con rinvio al Tribunale di Campobasso, per nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Campobasso. Così deciso in Roma, il 10 marzo 2016.

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