SEGNI DI RICONOSCIMENTO NEI CONCORSI PUBBLICI

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Salvo l’aspirante ricercatore universitario che abbia apposto un asterisco sul foglio per rinviare alla brutta copia, dichiarandolo apertamente. 

segni di riconoscimento nei concorsi pubblici

Non sempre un segno sull’elaborato invalida l’esame.

Tale fatto non viola l’anonimato e rende la prova legittima.

Lo ha dichiarato il TAR Umbria, sez. I, con sentenza 8 ottobre – 3 dicembre 2014, n. 585

Fatto

Un aspirante ricercatore universitario ha partecipato, unitamente a soli altri due candidati, alla procedura di valutazione comparativa per la copertura di n. 1 posto di ricercatore universitario

La procedura concorsuale prevedeva dopo la valutazione dei titoli prodotti dai candidati, l’effettuazione di due prove scritte e la prova orale.

La Commissione giudicatrice rilevando segni di riconoscimento in due elaborati, li escludeva per violazione della regola dell’anonimato.

Nella specie, durante l’espletamento della prima prova scritta, all’atto della consegna dell’elaborato, un candidato ha dichiarato ad alta voce di aver barrato un foglio mentre l’altro candidato ha dichiarato, sempre pubblicamente, di apporre asterisco su un foglio al fine di segnalare il rinvio alla brutta copia.

Orbene, tali segni, in uno al fatto delle dichiarazioni pubbliche rese dai candidati, sono state ritenute dalla Commissione idonei a determinare l’identificabilità degli autori degli elaborati, come poi confermato in sede di successivo abbinamento delle buste contenenti i nominativi dei candidati.

Dunque detti elaborati venivano esclusi dalla prima prova scritta, non prevedendo il bando il superamento di tutte le prove per accedere all’orale; infine, la Commissione ha ritenuto non potersi procedere a formulare il giudizio complessivo comparativo finale, necessario all’individuazione del vincitore.

Da qui il ricorso del candidato, che impugna tutti gli atti della procedura di valutazione comparativa di che trattasi, ivi compresi i verbali della Commissione giudicatrice nella parte in cui affermano che non è valutabile la prima prova scritta del ricorrente nonché la decisione di non procedere a formulare il giudizio complessivo comparativo finale, necessario all’individuazione del vincitore.

Il Tribunale amministrativo, con la sentenza sopra citata, ha stabilito che “secondo consolidato orientamento giurisprudenziale, la regola dell’anonimato nelle prove scritte per i pubblici concorsi, posta a garanzia del principio di imparzialità dell’azione amministrativa, deve dirsi violata soltanto allorquando ricorrano due concorrenti elementi ovvero l’idoneità del segno di riconoscimento e il suo utilizzo intenzionale (ex multis T.A.R. Lazio – Roma sez. III, 7 maggio 2014, n.4733; Consiglio di Stato sez. V, 17 gennaio 2014, n.202)

Quanto alla prima delle due condizioni (l’idoneità del segno di riconoscimento), ciò che rileva non è tanto l’identificabilità dell’autore dell’elaborato attraverso un segno a lui personalmente riferibile, quanto piuttosto l’astratta idoneità del segno a fungere da elemento di identificazione, e ciò ricorre quando la particolarità riscontrata assuma un carattere “oggettivamente e incontestabilmente anomalo” rispetto alle ordinarie modalità di estrinsecazione del pensiero e di elaborazione dello stesso in forma scritta, in tal caso a nulla rilevando che in concreto la Commissione o singoli componenti di essa siano stati o meno in condizione di riconoscere effettivamente l’autore dell’elaborato (T.A.R. Lazio Roma sez. III, 7 maggio 2014, n.4733; Consiglio di Stato sez. V, 17 gennaio 2014, n.202; id. sez. V, 11 gennaio 2013, n.102; T.A.R. Campania – Salerno 26 marzo 2012, n.568).

Quanto alla seconda delle due condizioni, invece, è da escludere un automatismo tra astratta possibilità di riconoscimento e violazione della regola dell’anonimato, dovendo emergere elementi atti a provare in modo inequivoco l’intenzionalità del concorrente di rendere riconoscibile il proprio elaborato (T.A.R. Lazio Roma sez. III, 7 maggio 2014, n.4733; T.A.R. Umbria 29 gennaio 2014, n.75; Consiglio di Stato sez. V, 1 aprile 2011, n.2025)”.

Nella specie, dunque, non vi è stata alcuna violazione dell’anonimato.

“Anzitutto – prosegue il TAR – lo sbarramento di un foglio così come del resto il richiamo per la prosecuzione della lettura dell’elaborato alla c.d. bella copia alla minuta, non risulta di per sè anomalo ovvero idoneo a rappresentare la volontà del candidato di rendersi riconoscibile dalla Commissione.

Trattasi invero di segni non di rado apposti dai candidati in sede di stesura degli elaborati, finalizzati alla speditezza e alla precisione delle operazioni di correzione, senza alcun carattere di anomalia rispetto alle ordinarie modalità di estrinsecazione del pensiero e di elaborazione dello stesso in forma scritta.

Quanto poi all’elemento dell’intenzionalità, osserva il Collegio come l’aver il candidato comunicato pubblicamente e ad alta voce l’apposizione della barratura di un foglio è comportamento incompatibile con la suddetta intenzionalità, la quale presuppone al contrario un comportamento percepibile solo dai componenti della Commissione e non dagli altri candidati. Non può pertanto desumersi da tale circostanza alcuna intenzionalità di rendere riconoscibile il proprio elaborato.

Se è vero che in un concorso quale quello in esame caratterizzato dalla partecipazione di pochissimi concorrenti (tre) la valutazione del c.d. segno di riconoscimento deve effettuarsi con maggior rigore (T.A.R. Sardegna sez. II, 13 febbraio 2013, n.127) non emergono elementi atti a provare in modo inequivoco l’intenzionalità del concorrente di rendere riconoscibile il proprio elaborato.

Tali dichiarazioni pubbliche avrebbero invece dovuto sollecitare l’intervento (di cui non vi è traccia nei verbali impugnati) della Commissione al fine di prevenire eventuali possibili segni di riconoscimento, a tutela dell’imparzialità, della par condicio e del favor partecipationis si da meritare adesione sul punto anche le ulteriori doglianze avverso l’operato della Commissione poiché dalla normativa in materia di concorsi pubblici (vedi in particolare l’art. 6 del D.P.R. 3 maggio 1957 n. 686) il divieto di comunicazione concerne unicamente le comunicazioni tra i candidati, ma non già dei candidati con la Commissione, a cui è di norma sempre possibile rivolgersi per chiarimenti”.

In conclusione

“Ne consegue – conclude il TAR – l’illegittimità dell’operato della Commissione, con conseguente obbligo per la medesima di procedere alla correzione della prova scritta del ricorrente nonché di esprimere il giudizio comparativo finale a doverosa conclusione del concorso avviato, pur con salvezza delle ulteriori determinazioni da parte dell’Amministrazione, nel rispetto dei criteri di cui in motivazione”.

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Avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)

managing partner at clouvell (www.clouvell.com)

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