TAR Marche sentenza n.1284 del 30 ottobre 2003

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Qui di seguito la motivazione integrale della sentenza n.1284 del 30 ottobre 2003 del Tribunale amministrativo regionale Marche

Pubblica udienza del 6 marzo 2002

SENTENZA

sul ricorso n.205 dell’anno 1996 Reg. Gen., proposto da ***, rappresentato e difeso dall’avv. Maria Cristina Pucci ed elettivamente domiciliato in Ancona, presso la Segreteria del T.A.R. delle Marche;

contro

– l’’AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE n.9 di MACERATA, in persona del Commissario Straordinario in carica, rappresentata e difesa dall’avv. Daniela Gasparrini Pianesi ed elettivamente domiciliata, unitamente al predetto difensore in Ancona, presso la Segreteria del T.A.R. delle Marche;

– la REGIONE MARCHE, in persona Presidente p.t. della Giunta Regionale, non costituita in giudizio;

per l’annullamento

1) del provvedimento prot. n.28603 in data 18.12.1995 a firma del Direttore Amministrativo dell’Azienda U.S.L. n.9, con il quale è stato denegato il rimborso delle spese relative al ricovero ospedaliero fruito dal ricorrente dal 19.5.1995 al 2.6.1995 presso il Policlinico “A. Gemelli” di Roma;

2) del provvedimento prot. n.321 – in data 5.1.1996 a firma del medesimo Direttore Amministrativo dell’Azienda U.S.L. n.9 di Macerata, con il quale è stato confermato il diniego di rimborso delle spese già indicate al punto 1);

3) del parere della Commissione di cui all’art.6 della L.R. n.50/1994, citato nel provvedimento prot. n.321 del 5.1.1996;

4) di tutti gli atti preparatori, connessi e consequenziali.

Visto il ricorso, con i relativi allegati, notificato in data 19-20 febbraio 1996;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Azienda U.S.L. 9 di Macerata, in persona del Commissario Straordinario p.t., depositato in data 16 gennaio 1997;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore, alla pubblica udienza del 6 marzo 2002, il Consigliere avv. Liana Tacchi;

Udita l’avv. Daniela Gasparrini Pianesi per l’Azienda Sanitaria resistente;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

… omissis …

DIRITTO

            Il ricorso è fondato per quanto riguarda la pretesa a conseguire il rimborso della spesa per le prestazioni sanitarie erogate al ricorrente, sig. ***, quali descritte nella fattura n. 1997 del 2.6.1995.

Essa attiene tutta, infatti, a prestazioni sanitarie vere e proprie, delle quali il cittadino va tenuto indenne secondo la disciplina dell’as-sistenza in forma indiretta.

 Valgano, in proposito, le considerazioni che seguono.

 I) 1. Si ricorda, in punto di fatto, che il sig. *** è stato ricoverato presso il Policlinico Universitario “A. Gemelli” di Roma – Divisione Clinico chirurgica, dove è stato sottoposto ad intervento chirurgico di “***”, essendo affetto da ***; e che la degenza e l’intervento (comportanti assistenza e cure per il periodo dal 19 maggio al 2 giugno 1995) sono avvenuti in regime libero professionale intra moenia; per il che il paziente ha corrisposto all’Università Cattolica del Sacro Cuore – Facoltà di Medicina e Chirurgia “A. Gemelli” la somma di L.12.504.825 a titolo di onorari delle équipes chirurgica ed anestesiologica e di consulenze specialistiche (vedi la fattura n.1997 del 2.6.1995, in atti), chiedendone quindi il rimborso, previsto ai sensi della L.R. 27.12.1994, n.50, all’Azienda Unità Sanitaria Locale n.9 di Macerata (vedi l’istanza in data 1.9.1995, in atti).

 2. Con nota prot. n.28603 del 18.12.1995 il Direttore Amministrativo della medesima Azienda U.S.L. n.9 ha denegato il rimborso (anche) delle suindicate spese assumendo unicamente che “nel caso di specie non ricorrono le condizioni di cui alla legge regionale n.50/94”.

 3. Avendo l’assistito interposto motivata opposizione a tale diniego di rimborso (vedasi l’atto protocollato in data 27.12.1995), il Direttore Amministrativo dell’Azienda U.S.L. n.9 di Macerata, l’ha respinta, perciò confermando il diniego stesso, sulla base delle seguenti, testuali considerazioni (vedi la nota prot. n.321 del 5.1.1996):

“Come noto l’art.3 della L. 23.10.85 n.595 ha previsto che le prestazioni sanitarie siano erogate in forma diretta attraverso le strutture pubbliche ed ha altresì rimesso alla legislazione regionale la definizione delle modalità e dei criteri per l’erogazione dell’assistenza sanitaria nella forma indiretta. Alla luce della normativa contenuta nella L.R. 27.12.1994 n.50, che costituisce il quadro di riferimento giuridico regionale, la pretesa avanzata si appalesa sicuramente infondata.

L’’intervento a cui si è sottoposto, infatti, è stato eseguito presso una struttura pubblica, seppure in regime di attività libero-professionale intra moenia.

Ciò risulta in palese contrasto con l’assunto di cui all’art.2 della citata L.R. n.50/94, il quale, al comma 4°, prevede che l’assistenza indiretta possa essere fruita “soltanto in centri non convenzionati o in case di cura private non convenzionate o parzialmente convenzionate.”

Neppure può essere invocato il successivo disposto di cui al comma 5° in quanto, pur prevedendo lo stesso la possibilità di rivolgersi ad istituti di alta specializzazione, sancisce che “il totale onere della degenza sia a carico del cittadino”.

Nella fattispecie Ella ha provveduto a corrispondere la somma di L. 4.023.250 a solo titolo di “differenza di categoria emessa in conseguenza della scelta del paziente”, rimanendo l’intera spesa per la degenza a carico del S.S.N..

La S.V. quindi ben poteva eseguire lo stesso intervento chirurgico nella medesima, o in altra struttura ospedaliera pubblica, con onere a totale carico del S.S.N.”

 Ebbene, sia il primo provvedimento del 18 dicembre 1995, sia il secondo in data 5 gennaio 1996 sono illegittimi per violazione e falsa applicazione della L.R. n.50 del 27.12.1994, cui entrambi si richiamano.

 II) Quanto alla nota prot. n.28603 del 18.12.1995, basterà osservare che il riferimento generico alla legge regionale in parola, senza specificazione delle disposizioni di essa e senza alcuna spiegazione, nemmeno implicitamente ricavabile, in ordine alle ragioni per le quali, nella fattispecie, non sarebbero ricorse le condizioni per il rimborso ai sensi della legge stessa risulta di per sé del tutto insufficiente a connotare della menoma parvenza di legittimità il diniego in questione.

 III) 1. Con riferimento al successivo diniego, recato nella lettera del 5.1.1996, conviene soffermarsi sulla prima parte è della motivazione, laddove si è rilevato che l’intervento è stato eseguito in una struttura pubblica, in regime di attività libero-professionale intra moenia, e che ciò risulterebbe in palese contrasto con l’art.2, comma quarto della L.R. n.50/1994, il quale prevede che l’assistenza indiretta possa essere fruita “soltanto in centri non convenzionati o case di cura private non convenzionate o parzialmente convenzionate.”

 Dunque – secondo l’Amministrazione – l’istanza di rimborso presentata dal sig. *** non poteva essere accolta perché relativa a prestazioni (consulenze ed intervento chirurgico) effettuate presso il reparto solventi del Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” del-l’Università Cattolica del Sacro Cuore [la quale ha personalità giuridica di diritto pubblico d è quindi considerata dalla legge, per la attività di assistenza sanitaria, struttura rientrante a pieno titolo nella rete del servizio sanitario nazionale e nei piani sanitari nazionali e regionali: cfr. l’art.39 della L. 833/1978 ed, in particolare, il sesto comma, punto 1) dello stesso art. 39, ad avviso dell’Azienda USL, limitando l’art.2, comma 4° della L.R. n.50/94 il diritto alle prestazioni sanitarie ospedaliere in forma indiretta a quelle fruite in “centri non convenzionati o in case di cura private non convenzionate o parzialmente convenzionate”e tale non potendo essere considerato il reparto solventi del Policlinico Gemelli – per quanto il Policlinico sia, nel suo complesso, una struttura ospedaliera facente parte del SSN – non potrebbe darsi corso all’assistenza in forma indiretta.

 Il Collegio non può condividere siffatta interpretazione del comma quarto dell’art.2 della L.R. n.50/1994.

 Ed invero nella dizione “centri non convenzionati” e “case di cura private non convenzionate o parzialmente convenzionate” deve essere ricompressa qualsiasi ipotesi in cui il soggetto sia tenuto al pagamento di somme di denaro per usufruire di prestazioni sanitarie ospedaliere di ricovero e cura e quindi allorché il ricovero abbia luogo presso reparti a pagamento di strutture convenzionate, ogni qualvolta – ai sensi dell’art.2, comma primo – le strutture pubbliche o quelle convenzionate non siano in grado di erogarle in forma diretta con la tempestività che il caso richiede e/o allorquando il periodo di attesa comprometterebbe lo stato di salute dell’assistito.

 La lettura che della norma ha dato l’Amministrazione si fonda su elementi letterali, essi stessi, non inequivoci e passibili di essere intesi in senso ampio ed omnicomprensivo; e, soprattutto, essa è irrazionale e conduce a conseguenze aberranti.

 L’espressione “centri non convenzionati” (che ha corretto le “strutture non convenzionate”, di cui parlava la precedente L.R. 18.12.1979, n.42) sta a significare, propriamente, non un ente giuridico, ma un qualunque reparto o servizio ospedaliero che, ancorché inserito in una struttura pubblica ovvero privata convenzionata, eroghi un’attività di assistenza medica, alla cui spesa il SSN non provvede né direttamente (il che avviene quando la struttura è gestita direttamente dallo stesso S.S.N.) né attraverso il sistema del “convenzionamento” (il che avviene quando la struttura è gestita da altri soggetti, legati da convenzione con il S.S.N.), sicché è sull’utente che ricade, immediatamente, il costo dell’assistenza stessa e l’utente ha poi diritto a conseguire il rimborso da parte dell’USL (cd. assistenza sanitaria indiretta).

 Ma, quello che più rileva è che, se fosse esatta l’interpretazione seguita dall’Amministrazione, l’utente che si ricovera in un centro non convenzionato o in una casa di cura privata non convenzionate avrebbe diritto al rimborso; mentre l’utente che fruisce di prestazioni ospedaliere presso il reparto o servizio o centro ospedaliero a pagamento di una struttura pure pubblica o di una struttura privata (per il resto) convenzionata tale diritto non avrebbe.

 Il che comporta una disparità di trattamento insensata ed irragionevole, in quanto non ancorabile a nessuna plausibile causa giustificativa di qualunque genere, con tutte le conseguenze, sul piano della violazione dei precetti costituzionali, che siffatta lettura della norma comporterebbe.

 Le considerazioni che precedono si inscrivono, peraltro, nel solco giurisprudenza di questo TAR, la quale, nella sentenza n.263 del 26.2.1998, commentando la portata della L.R. n.50 del 27.12.1994 in raffronto alla precedente L.R. 18.12.1979, n.42 avente lo stesso oggetto (Disciplina delle prestazioni erogate in regime di assistenza diretta), ha affermato che la legge n.50/1994, essendo anche norma di portata interpretativa che ha reso esplicito il significato dell’anteriore L.R. 42/1979, chiarisce l’intendimento del legislatore regionale, il quale è nel senso secondo cui qualsiasi prestazione sanitaria di natura indiretta, purché sussistano particolari ragioni di urgenza, fa sorgere il diritto al rimborso delle spese sostenute, come si ricava dalla lettura complessiva e coordinata di tutte le disposizioni dell’art.2 della stessa L.R. n.50/1994.

 Il Collegio deve rilevare infine, per estremo dovere di completezza e di chiarezza, come l’art.2 della L.R. n.50/1994, ai commi secondo e terzo, subordini la fruizione delle prestazioni sanitarie ospedaliere in regime di assistenza indiretta alla preventiva richiesta alla USL di iscrizione dell’autorizzazione (corredata di proposta di ricovero del medico curante), cui segue il rilascio dell’autorizzazione stessa da parte dell’USL (previo esame e parere di un medico specialista nella branca relativa al tipo di prestazione da effettuare); mentre, nel caso di specie, il sig. *** non ha richiesto – stando agli atti – alcuna autorizzazione preventiva alla USL n.9 (la quale quindi non la ha nemmeno negata) ai fini del ricovero presso il reparto “solventi” della divisione di urologia del Policlinico Gemelli per essere operato del duplice tumore alla vescica ed all’uretere.

 Tuttavia il reiterato diniego di rimborso, di cui qui si controverte, non è stato in alcun modo motivato adducendosi da parte dell’Azienda USL la mancata richiesta e la mancata autorizzazione preventiva a ricoverarsi presso il predetto reparto solventi del Policlinico Gemelli per essere operato del carcinoma in via d’urgenza e quindi senza aspettare i più lunghi tempi d’attesa che avrebbe comportato l’eroga-zione delle medesime prestazioni in regime di attività legata all’ordi-nario funzionamento della struttura pubblica.

 Il Direttore Amministrativo dell’Azienda USL n.9, cioè, non ha denegato il richiesto rimborso sulla base dell’assenza dell’autorizza-zione preventiva, prevista dall’art.2, commi secondo e terzo della L. 50/94 all’evidente scopo di accertare l’impossibilità di erogare le medesime prestazioni in forma diretta (cioè presso strutture pubbliche o private-convenzionate) con tempestività e/o con tempi d’attesa compatibili con le condizioni di salute dell’assistito, secondo quanto prescritto dal comma primo; lo ha bensì fondato esclusivamente sulla considerazione che le prestazioni in forma indiretta potevano essere fruite solo in centri non convenzionati o in case di cura non convenzionate e tale non sarebbe stato il reparto solventi del Policlinico Gemelli.

 Questa essendo la motivazione dei provvedimenti impugnati e non essendo ammissibili integrazioni motivazionali postume in sede di difesa processuale, il giudizio non può che rimanere circoscritto alle ragioni addotte dall’Azienda USL n.9 per denegare il rimborso nelle due note del 18.12.1995 e del 5.1.1996.

Le quali sono – come s’è visto – giuridicamente erronee.

 Peraltro la gravità del male da cui era affetto il ricorrente e la necessità di intervenire urgentemente, sottoponendolo all’operazione eseguita presso il Gemelli in regime di libera attività professionale intra moenia (vedi i risultati degli esami istologici in atti) sono di tutta evidenza e tali da far fondatamente ipotizzare che l’Azienda USL n.9 abbia inteso, in effetti, prescindere dall’autorizzazione preventiva, ritenendo che la documentazione medica, poi presentata in una con la richiesta di rimborso, potesse validamente supplire all’assenza di un accertamento preventivo in ordine all’impossibilità da parte di strutture pubbliche o convenzionate di erogare le medesime prestazioni in tempi tali da non compromettere lo stato di salute del paziente.

E ciò ai sensi dell’art.6 della L.R. n.50/1994, il quale espressamente prevede la possibilità di erogare prestazioni in forma indiretta, anche non preventivamente autorizzate, sulla base del parere formulato da un’apposita commissione sanitaria; la qual procedura è quella seguita dall’Azienda USL n.9 nel caso di specie, in cui il Direttore Amministrativo dell’Azienda USL n.9 ha denegato il rimborso, avendo “acquisito il parere della Commissione di cui all’art.6 L.R. n. 50/1994”.

B)- La pretesa diretta a conseguire il rimborso della spesa sostenuta dal  ricorrente a titolo di “Retta differenziata Cat. 1”, dal 19.5.1995 per 14 giorni (L. 260.000 al giorno), come da fattura n.1996 del 2.6.1995 non può, per contro, trovare ingresso.

 Come anche chiarito dalla nota inviata in data 6.12.1995 dall’Ufficio Spedalità del Policlinico Gemelli alla U.S.L. n.9 di Macerata, trattasi di spese che sono il corrispettivo per prestazioni di natura alberghiera, e non già per prestazioni sanitarie di ricovero ospedaliero vere e proprie.

 Pertanto esse non possono essere incluse tra le prestazioni sanitarie ospedaliere per cui la L.R. n.50 del 27.12.1994 assicura l’assisten-za in forma indiretta in applicazione dell’art.25, ultimo comma della L. 833/1978 e dell’art.3 della legge 23.10.1985, n.595.

 Sussistono giusti motivi per compensare le spese, considerati l’oggetto della controversia e l’esito di parziale soccombenza.

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