Immissioni dal fondo del vicino: chi è responsabile dei danni, il proprietario o il conduttore?

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Nel caso di immissioni provenienti dal fondo vicino, per la esperibilità dell’azione risarcitoria nei confronti dei proprietari occorre che i predetti siano qualificabili come autori o coautori del fatto causativo del danno. Ciò in quanto, il solo fatto che essi sapessero dell’esercizio dell’attività lecita al momento della conclusione del contratto, ovvero abbiano saputo successivamente che il conduttore effettuava immissioni intollerabili in danno di terzi non comporta una responsabilità dei proprietari locatori per tali danni.

Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione civile – sezione terza – con sentenza n. 11125 del 28 maggio 2015

Immissioni dal fondo del vicino: chi è responsabile dei danni, il proprietario o il conduttore?

Immissioni dal fondo del vicino: chi è responsabile dei danni, il proprietario o il conduttore?

Il caso

Tre soggetti convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale competente territorialmente, altri due soggetti al fine di sentirli condannare all’inibizione di immissioni di fumi, odori e rumori intollerabili provenienti dalla proprietà dei convenuti.
Esponevano gli attori che i convenuti erano proprietari di un locale affittato ad altro soggetto che vi aveva installato un ristorante e che, attraverso una canna fumaria in Eternit, da tale locale fuoriuscivano fumi ed altri odori di cucina, intollerabili per l’abitabilità del loro appartamento, oltre ai rumori del motore di aspirazione.
I medesimi attori chiedevano l’eliminazione di tali immissioni intollerabili a norma dell’art. 844 c.c. ed il risarcimento dei danni.
Uno dei convenuti si costituiva chiedendo il rigetto della domanda attrice e precisando che l’immobile gli era stato venduto, dagli stessi attori, nello stato in cui si trovava.
In via riconvenzionale il medesimo convenuto chiedeva la condanna degli attori al risarcimento dei danni per i vizi e per il minor valore dell’immobile compravenduto, nonché per la minore godibilità dello stesso, nonché alla chiusura di ogni illecita apertura sulla sua chiostrina ed alla eliminazione delle immissioni illecite provenienti dalla proprietà attrice.

Il Tribunale, accoglieva la domanda ordinando ai convenuti di sostituire un tratto di Eternit della canna fumaria e di provvedere al suo smaltimento; di adeguare lo scarico condensa della canna fumaria dotandolo di dispositivo idoneo ad allontanare i fumi di scarico dalla chiostrina, di elevare la canna fumaria di oltre 1,5 metri rispetto al colmo del tetto e di sostituire l’attuale impianto di smaltimento con un impianto di smaltimento approvato dalla Asl. Liquidò infine in € 30.000,00 il danno per la ridotta godibilità dell’immobile.
Interponevano appello entrambi i convenuti.
La Corte d’appello dichiarava cessata la materia del contendere per la pacifica dismissione dell’attività di pizzeria e ristorante e rigettava l’appello ritenendo che anche i proprietari potevano essere condannati al risarcimento dei danni, non avendo impedito al conduttore di effettuare le immissioni e, quindi di produrre il danno liquidato. Da qui il ricorso per cassazione degli originari convenuti.

Il primo motivo di ricorso.

Con il primo motivo parte ricorrente denuncia «nullità della sentenza e del procedimento (art. 360 n. 4 cpc); violazione o falsa applicazione degli artt. 844, 2043 e 2051 c.c. Art. 360 n. 3 cpc).» per non avere la Corte d’appello rigettato la domanda risarcitoria, atteso che, come afferma la stessa sentenza, essi non erano i gestori dell’attività commerciale fonte del preteso danno, nonché per erroneità sotto il profilo sostanziale per avere erroneamente interpretato ed applicato le richiamate norme e principi in tema di responsabilità civile (artt. 2043 e 2051 c.c., nonché art. 844 c.c.), affermando una responsabilità risarcitoria dei proprietari per un danno che andrebbe semmai imputato ai gestori dell’esercizio commerciale.

Perché il motivo è fondato.

Per i giudici di piazza Cavour l’azione di natura reale, esperita dal proprietario del fondo danneggiato per l’accertamento dell’illegittimità delle immissioni e per la realizzazione delle modifiche strutturali necessarie al fine di far cessare le stesse, deve essere proposta nei confronti del proprietario del fondo da cui tali immissioni provengono e può essere cumulata con la domanda verso altro convenuto, per responsabilità aquiliana ex art. 2043 cod. civ., volta ad ottenere il risarcimento del pregiudizio di natura personale da quelle cagionato (Cass., Sez. Un., 27 febbraio 2013, n. 4848).
Quest’ultima domanda risarcitoria va proposta secondo i principi della responsabilità aquiliana e cioè nei confronti del soggetto individuato dal criterio di imputazione della responsabilità; quindi nei confronti dell’autore del fatto illecito (materiale o morale), allorché il criterio di imputazione è la colpa o il dolo (art. 2043) e nei confronti del custode della cosa (nella specie l’immobile) allorché il criterio di imputazione è il rapporto di custodia ex art. 2051 c.c.

Per la Suprema Corte, nella fattispecie, la domanda risarcitoria poteva essere proposta nei confronti dei proprietari solo se essi avessero concorso alla realizzazione del fatto dannoso, quale autori o coautori dello stesso, mentre il solo fatto di essere proprietari, ancorché consapevoli, ma senza alcun apporto causale al fatto dannoso, non è idoneo, neppure in astratto, a realizzare una loro responsabilità o corresponsabilità aquiliana.

Il precedente giurisprudenziale a cui si rifà la Corte.

Per gli Ermellini, il proprietario di un immobile concesso in locazione non può essere chiamato a rispondere dei danni a terzi causati da macchinari utilizzati dal conduttore, quando non abbia avuto alcuna possibilità concreta di controllo sull’uso di essi, non potendo detta responsabilità sorgere per il solo fatto che il proprietario medesimo ometta di rivolgere al conduttore una formale diffida ad adottare gli interventi del caso al fine di impedire il verificarsi di danni a terzi, giacché essi costituirebbero atti inidonei ad incidere sul funzionamento della cosa dannosa. Nel precedente enunciato, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata la quale aveva affermato la responsabilità del proprietario di un immobile adibito a ristorante, gestito dal conduttore dell’immobile stesso, per i danni causati all’appartamento sottostante, di proprietà di un terzo, dalle infiltrazioni d’acqua provocate dall’impianto di condensa dei frigoriferi e dall’idrante per la pulizia dei pavimenti in uso al gestore del ristorante medesimo) (Cass., l aprile 2010, n. 8006).

Le conclusioni

La Suprema Corte cassa la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato la responsabilità aquiliana dei ricorrenti sul solo presupposto che essi fossero i proprietari del locale adibito a ristorante. Ciò in quanto, per poter affermare tale responsabilità si sarebbe dovuto accertare se i proprietari dello stesso avessero concorso, con il conduttore titolare del ristorante, alla realizzazione del fatto dannoso, dando un apporto causale allo stesso.

Il principio di diritto espresso dalla Suprema Corte.

Nel caso di immissioni provenienti dal fondo vicino, per la esperibilità dell’azione risarcitoria nei confronti dei proprietari, occorre che i predetti siano qualificabili come autori o coautori del fatto causativo del danno. Ciò in quanto, il solo fatto che essi sapessero dell’esercizio dell’attività lecita al momento della conclusione del contratto, ovvero abbiano saputo successivamente che il conduttore effettuava immissioni intollerabili in danno di terzi non comporta una responsabilità dei proprietari locatori per tali danni.

Una breve riflessione

La sentenza in evidenza ribadisce un principio importante in materia di immissioni, creando una rigida ripartizione intanto tra azione di indennizzo per immissioni da un lato e azione risarcitoria dall’altro, nonché individuando la legittimazione passiva, ovverossia se debba essere chiamato in causa il proprietario dell’immobile ovvero l’inquilino.

E la questione non è affatto di semplice soluzione ove solo si osservi che ben due giudici, in relazione alla fattispecie in esame, avevano condannato i proprietari al risarcimento dei danni (cagionati dal loro conduttore) per il solo fatto di essere proprietari (e di non aver vigilato sull’attività dei conduttori).

Un impianto motivazionale, quello dei giudici di merito, che viene radicalmente scardinato dai giudici di legittimità.

Ciò che sta alla base del ragionamento della Suprema Corte è il criterio della colpevolezza e, quindi, della rimproverabilità. Non a caso i giudici di legittimità fanno riferimento all’elemento del dolo o della colpa nel caso di responsabilità aquiliana, ed alla responsabilità da custodia nel caso di responsabilità ex art. 2051 c.c.

In definitiva, “il proprietario di un immobile concesso in locazione non può essere chiamato a rispondere dei danni a terzi causati da macchinari utilizzati dal conduttore, quando non abbia avuto alcuna possibilità concreta di controllo sull’uso di essi, non potendo detta responsabilità sorgere per il solo fatto che il proprietario medesimo ometta di rivolgere al conduttore una formale diffida ad adottare gli interventi del caso al fine di impedire il verificarsi di danni a terzi”.

La mancanza di possibilità concreta di controllo è, in altre parole, idonea e sufficiente a far fuoriuscire dette situazioni dai confini di cui all’articolo 2051 codice civile, giacchè la responsabilità da custodia presuppone non solo l’obbligo, ma, ancor prima, il potere di controllo. Potere di controllo che, viceversa, risulta del tutto assente nella ipotesi in cui l’autore della immissione sia il conduttore ed il proprietario non abbia il potere di intervenire direttamente al fine di far cessare le predette immissioni.

Dunque, l’azione di responsabilità va proposta contro l’autore del fatto, ex art. 2043 c.c.. Ma nei confronti del proprietario va proposta solo quando l’attore alleghi e provi che il proprietario stesso sia qualificabile come autore o coautore del fatto causativo del danno.

avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)
managing partner at clouvell (www.clouvell.com)

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