Prospective overruling e produzione di documenti nuovi nel giudizio di legittimità.

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Nel giudizio civile di legittimità, la ricorrenza di una ipotesi di prospective overruling legittima la produzione di documenti nuovi fino alla udienza di discussione.

E’ questo il principio affermato dalla Suprema Corte di Cassazione con ordinanza n.950 del 2015

Prospective overruling e produzione di documenti nuovi nel giudizio di legittimità.

Prospective overruling e produzione di documenti nuovi nel giudizio di legittimità.

 Tra le questioni affrontate dalla Suprema Corte vi è quella sulla possibilità di produzione di documenti nuovi fino all’udienza di discussione del giudizio di cassazione.

La Suprema Corte, con la ordinanza citata, ha ricordato che il deposito di documenti nel giudizio di cassazione è regolamentato dagli artt. 369 e 372 c.p.c., e che “dal combinato disposto delle due norme risulta la regola generale che vuole che i documenti, purché prodotti nei precedenti gradi del processo, devono essere depositati, unitamente al ricorso per cassazione, nel termine di giorni venti dall’ultima notificazione alle parti contro le quali il ricorso è proposto. E risulta altresì l’eccezione per cui il deposito dei documenti relativi all’ammissibilità del ricorso può avvenire indipendentemente da quello del ricorso (e del controricorso), ma deve essere notificato, mediante elenco, alle altre parti. Quindi sono solo i documenti che attengono all’ammissibilità del ricorso quelli dei quali è possibile la produzione anche dopo la scadenza del termine di cui all’art. 369 c.p.c. e tali non sono certo quelli depositati dalla difesa dei ricorrenti i quali attengono invece alla (allegata) fondatezza della domanda, trattandosi di sentenze prodotte per dimostrare l’esistenza di un giudicato esterno rilevante ai fini della decisione, assumendo in ragione della loro oggettiva intrinseca natura, la qualifica di documenti”.

I documenti richiesti a pena di improcedibilità, ove non depositati contestualmente al deposito, devono comunque essere depositato nel termine di cui all’articolo 369 c.p.c. (Cass. Sez. L, Sentenza n. 10967 del 09/05/2013)

Pertanto, nel giudizio innanzi alla Corte di cassazione, secondo quanto disposto dall’art. 372 cod.proc.civ., non è ammesso il deposito di atti e documenti non prodotti nei precedenti gradi del processo, salvo che non riguardino l’ammissibilità del ricorso e del controricorso ovvero eventuali nullità inficianti direttamente la sentenza impugnata, nel quale caso essi vanno prodotti entro il termine stabilito dall’art. 369 cod. proc. civ., con la conseguenza che ne è inammissibile, in termini generali, la produzione in allegato alla memoria difensiva di cui all’art. 378 cod. proc. civ.(Cass. Sez. 1, Sentenza n. 7515 del 31/03/2011).

 Documenti nuovi in cassazione e prova del giudicato esterno.

 

La Suprema Corte ha sul punto stabilito che è ammessa la produzione della sentenza anche nel giudizio di cassazione, in tema di rilevabilità del giudicato esterno in sede di legittimità, quando esso si forma per effetto di una pronuncia della Corte di cassazione successiva alla proposizione del ricorso relativo al procedimento nel quale il giudicato o, comunque, la definitività s’intende far valere (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1883 del 27/01/2011) ma non antecedente.

E se il giudicato si era formato prima della proposizione del ricorso in cassazione ma non era eccepibile in forza di un precedente orientamento poi mutato?

In proposito la Suprema Corte ha rilevato che, anche se il giudicato fosse noto o conoscibile dalla parte nel momento di formazione dello stesso, ma la definitività della sentenza penale può assumere rilevanza in forza di un nuovo orientamento giurisprudenziale nazionale o interunione, formatosi successivamente al ricorso per cassazione, ne va ammessa la produzione fino all’udienza di discussione, essendo tale produzione esclusivamente funzionale alla dimostrazione del giudicato che, al momento di proposizione del ricorso, non aveva, invece, efficacia ai fini della decisione.

Il principio di prospective overruling.

“Nel caso di specie – prosegue la Corte – può trovare applicazione, sia pure sotto diversa prospettiva da quella tradizionale, che si riferisce al mutamento della giurisprudenza su di una regola del processo, il principio di prospective overruling che questa Corte ritiene di allargare anche alla prospettazione della applicazione nel presente giudizio del principio del “ne bis in idem” tra sanzione amministrativa e sanzione penale, consentendo anche in Cassazione la produzione tardiva di documenti ove la necessità o utilità della produzione documentale sia sorta successivamente alla proposizione del ricorso in forza di un nuovo orientamento interunione (nella specie della CEDU) sempre che tali documenti, come nella fattispecie, siano finalizzati all’esercizio di un diritto di azione o di difesa della parte, conseguente alla pronuncia della CEDU, a prescindere dall’esito dell’azione e dal riconoscimento del diritto vantato”.

La Suprema Corte applica il principio di prospective overruling in forza della sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Sez. II, del 4 marzo 2014 (causa Grande Stevens ed altri e. Italia) che, per la prima volta ha ritenuto sussistente la violazione, nei confronti dei ricorrenti, del principio del ne bis in idem consacrato nell’art. 4, par. 1, del Protocollo n. 7 della CEDU, il quale vieta la doppia applicazione di sanzioni penali nei confronti dei medesimi soggetti e per i medesimi fatti oggetto di sentenza passata in giudicato, rilevando che le sanzioni irrogate dalla Consob per la fattispecie di manipolazione del mercato di cui all’art. I 87-ter TUF, benché formalmente qualificate come amministrative dall’ordinamento italiano, debbono essere ricondotte alla “materia penale” agli effetti dell’art. 4 del Protocollo n. 7 della CEDU, e ciò in ragione sia della “natura dell’illecito” (ossia della rilevanza dei beni protetti e della funzione anche deterrente della fattispecie in questione) sia della natura e del grado di severità delle sanzioni (pecuniarie ed interdittive) previste dalla legge e concretamente comminate ai ricorrenti.

Tra l’altro, la Suprema Corte ricorda che l’art. 2 del Protocollo n, 7 vieta anche il doppio giudizio per gli stessi fatti da cui potrebbe desumersi l’illegittimità di una sanzione amministrativa di natura penale a seguito di una sanzione penale definitiva.

Perché, nella fattispecie, la Corte di cassazione ritiene che ci troviamo di fronte ad una ipotesi di prospective overruling.

Si ha prospective overruling ogni qualvolta cumulativamente i seguenti presupposti:

  1. si verte in materia di mutamento della giurisprudenza comunitaria su un presupposto (giudicato penale) che assume rilevanza successivamente alla proposizione del ricorso per Cassazione e che la parte non può più documentare senza violare una regola del processo (369 c.p.c.);
  2. tale mutamento deve ritenersi imprevedibile non essendo mai stata affermata in precedenza dalla CEDU la violazione, del principio del ne bis in idem consacrato nell’art. 4, par. 1, del Protocollo n. 7 della CEDU, il quale vieta la doppia applicazione di sanzioni penali, anche con riferimento alle sanzioni irrogate dalla Consob, ricondotte alla “materia penale” agli effetti dell’art. 4 del Protocollo n. 7 della CEDU;
  3. si verificherebbe un effetto preclusivo ove non trovasse applicazione il principio dell’overruling, del diritto di difesa della parte che, nel caso di specie, sarebbe impedito dalla tardiva produzione delle sentenze attestanti il formarsi della loro definitività al fine di invocare l’applicazione, nel nostro ordinamento, del principio del “ne bis in idem” in forza della citata sentenza della Corte di giustizia.

Una breve riflessione

Sentenza davvero interessante. Possiamo affermare che il ragionamento seguito dalla Corte è ineccepibile da un punto di vista giuridico e logico: non ammettere la produzione di documenti nuovi in una fattispecie come quella portata alla cognizione dei giudici di legittimità significherebbe svuotare di reale significato il giudizio e pervenire ad una decisione ingiusta ed iniqua.

Per altro verso, non possiamo però esimerci dal rilevare che l’orientamento della Suprema Corte si pone al di fuori del perimetro normativo, giacchè le stesse norme evocate in premessa dalla Suprema Corte sono abbastanza chiare nell’escludere la possibilità di produzione di documenti nuovi nel giudizio di legittimità, prevedendo, per converso, in quali ipotesi tassative possa essere derogato tale rigido principio.

Già ammettere la produzione di documenti che sono diventati definitivi successivamente al deposito del ricorso per cassazione è una “forzatura” del dato normativo. Ma, certamente, ammettere che sia possibile, fino all’udienza di discussione, produrre documenti nuovi che, pure se formatisi o passati in giudicato prima della proposizione del ricorso, hanno acquistato rilevanza processuale alla luce di una successiva interpretazione giudiziale (sia essa nazionale che comunitaria), sembra ancora più di una forzatura.

E ciò anche perché i tre presupposti che, secondo la Suprema Corte, legittimerebbero tale tardiva produzione sarebbero, in realtà, presenti, in tutte le ipotesi di mutamento di un precedente ed incontrastato orientamento.

E se, alla ricorrenza di tali presupposti, è legittimo produrre documenti nuovi fino all’udienza di dicussione nel giudizio di legittimità, a maggior ragione tali documenti dovrebbero essere ammessi anche nei giudizi di appello, ove vige una regola analoga (quanto al divieto di produzione di documenti nuovi) a quella vigente per il giudizio di legittimità.

A conti fatti, un mutamento di giurisprudenza è sempre imprevedibile, potendo essere abbastanza insidioso introdurre una distinzione tra mutamento prevedibile e mutamento imprevedibile.

E si afferma ciò non perché non si ritenga che la ricerca della verità e i principi del giusto processo non meritino l’acquisizione di documenti decisivi anche in sede di discussione nel giudizio di legittimità, quanto piuttosto perché un principio derogatorio del dettato normativo, ove non compiutamente circoscritto nella portata, potrebbe rivelarsi in contrasti con i diritti di difesa della controparte che si vedrebbe prodotti documenti, mai prima esaminati, direttamente in una delle tante aule di udienza di Piazza Cavour.

Forse, allora, un intervento di “ritocco” delle norme che regolano la produzione di documenti nuovi nel giudizio di legittimità per adattarle alla normativa europea ed all’interpretazione che di essa ne forniscono i giudici dell’Unione Europea, non sarebbe tempo sprecato, ma, anzi, ne guadagnerebbe il principio di certezza del diritto.

avv. Filippo Pagano (managing partner at clouvell.com)

managing partner at clouvell (www.clouvell.com)

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