Contraddittorio nella chiamata di terzo in garanzia propria e impropria

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In caso di chiamata in causa del terzo, questi assume, per effetto della stessa chiamata, la posizione di contraddittore nei confronti della domanda originaria solo se viene chiamato in causa quale soggetto effettivamente e direttamente obbligato (o, in caso di azione risarcitoria, quale unico responsabile del fatto dannoso) e non anche se viene chiamato in causa dal convenuto per esserne garantito; in quest’ultimo caso, se l’attore vuole proporre domanda anche nei confronti del terzo chiamato, deve formulare nei confronti dello stesso una espressa ed autonoma domanda.

Lo ha ribadito la Suprema Corte di cassazione – sez. 1 civile – con sentenza 7138 del 9 aprile 2015.

Contraddittorio nella chiamata di terzo in garanzia propria e impropria

Contraddittorio nella chiamata di terzo in garanzia propria e impropria

Il caso 

Un soggetto in rapporto di convenzionamento con il servizio sanitario nazionale ottenne un decreto ingiuntivo nei confronti dell’Unita Sanitaria Locale per il pagamento di interessi da ritardato pagamento di prestazioni sanitarie.

La USL, nel proporre opposizione, eccepì il difetto di legittimazione e, comunque, chiamò in causa la Regione per essere manlevata in caso di condanna.

Il Giudice di primo grado condannò soltanto la Regione al pagamento delle somme richieste.

Questa propose appello e la Corte territoriale, nella contumacia dell’USL, dichiarò il difetto di legittimazione passiva della Regione, senza pronunziarsi sulla domanda originariamente proposta dal ricorrente in monitorio nei confronti dell’USL “perché da nessuna delle parti richiestane”.

Da qui il ricorso per cassazione.

La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, evidenzia che riguardo ad obbligazioni sorte anteriormente all’entrata in vigore dell’art. 1 coma decimo del D.L. 27 agosto 1993, n.324, convertito con modificazioni nella legge 27 ottobre 1993, n.423, la legittimazione passiva in tema di prestazioni sanitarie spetta esclusivamente alle singole USL tenute ad erogare le prestazioni.

Chiamata di terzo e garanzia propria e impropria

Prosegue la Suprema Corte affermando che “il terzo può essere chiamato in causa, ai sensi dell’art. 106 c.p.c., sia perché risponda in luogo del convenuto, sia perché venga condannato a rispondere di quanto il convenuto sarà eventualmente tenuto a prestare all’attore. Nel primo caso, quando l’affermazione della responsabilità dell’obbligato principale e del garante trovano fondamento nel medesimo titolo, la garanzia si definisce “propria”; nel secondo caso, quando la responsabilità dell’uno e dell’altro traggono origine da rapporti o situazioni giuridiche diversi, la garanzia si definisce “impropria” (Cass., sez. III, 8 agosto 2002, n. 12029, m. 556848, Cass., sez. I, 30 settembre 2005, n. 19208, m. 584004).

Nel caso di garanzia impropria, il terzo diventa contraddittore rispetto alla domanda principale solo se l’attore svolge nei suoi confronti una autonoma ed espressa domanda.

Conclude la Corte affermando che “in caso di chiamata in causa del terzo, questi assume, per effetto della stessa chiamata, la posizione di contraddittore nei confronti della domanda originaria solo se viene chiamato in causa quale soggetto effettivamente e direttamente obbligato (o, in caso di azione risarcitoria, quale unico responsabile del fatto dannoso) e non anche se viene chiamato in causa dal convenuto per esserne garantito; in quest’ultimo caso, se l’attore vuole proporre domanda anche nei confronti del terzo chiamato, deve formulare nei confronti dello stesso una espressa ed autonoma domanda (Cass., sez. H, 29 dicembre 2009, n. 27525, m. 610830, Cass., sez. II, 12 maggio 2003, n. 7273, m. 562935)”.

Nella fattispecie, la Suprema Corte rileva che il Tribunale non avrebbe potuto condannare direttamente la Regione, proprio perché trattavasi di garanzia impropria, mentre, d’altro canto, il ricorrente in monitorio, nel giudizio di appello “aveva inteso far valere il rapporto di garanzia dedotto in giudizio dalla U.S.L. n. 28 Calabria, non la sua pretesa originaria nei confronti dell’effettiva debitrice”.

Una breve riflessione.

La decisione enunciata delinea in maniera chiara il rapporto tra chiamante in garanzia, chiamato in garanzia e attore principale nelle due ipotesi, assai comuni, di garanzia propria e impropria.

Come si può notare, la differenza tra garanzia propria e garanzia impropria non è solo terminologica, ma da essa derivano conseguenze ben diverse a cagione della corretta individuazione dei contraddittori della domanda (o delle domande) dedotte in giudizio.

Come evidenziato dagli Ermellini, per la distinzione tra garanzia propria e garanzia impropria occorre fare riferimento al titolo da cui nasce l’obbligazione: se entrambi rispondono in base al medesimo titolo, la garanzia si definisce propria; in caso contrario, si definisce impropria.

Ipotesi assai comune di garanzia impropria è la chiamata in causa della compagnia assicurazione da parte del convenuto sulla base di una polizza assicurativa stipulata tra chiamante in causa e chiamato in causa. In siffatta ipotesi, il fondamento della responsabilità dei due soggetti riposa su titoli diversi: rispetto al chiamante riposa nel titolo dedotto dall’attore; rispetto al chiamato riposa nel titolo (contratto di assicurazione) stipulato tra chiamante a chiamato.

Orbene, in caso di garanzia impropria, dunque, il terzo chiamato non acquista la qualità di contraddittore rispetto alla domanda svolta dall’attore principale. Questi, se vuole ciò, ha l’onere di svolgere autonoma ed espressa domanda (ove ve ne siano i presupposti n.d.r.) direttamente nei confronti del chiamato in garanzia.

Nella specie, il creditore principale, pur a fronte della fondatezza del suo credito (nei confronti dell’USL), in esito a tre gradi di giudizio è rimasto soccombente per non aver “coltivato” la domanda nei confronti dell’originario debitore nei cui confronti aveva chiesto ed ottenuto inizialmente il decreto ingiuntivo.

In altre parole, in appello, così si desume dalla sentenza della Suprema Corte, egli avrebbe dovuto proporre appello incidentale avverso il capo della sentenza di primo grado che, errando, non aveva condannato l’USL.

avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)

managing partner at clouvell (www.clouvell.com)

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