La non punibilità per particolare tenuità del fatto si applica ai giudizi pendenti anche in sede di legittimità.

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L’imputato può dedurre la richiesta di non punibilità per particolare tenuità del fatto anche nei giudizi pendenti alla sua entrata in vigore e sino alla udienza di discussione innanzi la Suprema Corte.

Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione con sentenza n°15449 dell’8 aprile 2015

La non punibilità per particolare tenuità del fatto si applica ai giudizi pendenti anche in sede di legittimità.

La non punibilità per particolare tenuità del fatto si applica ai giudizi pendenti anche in sede di legittimità.

Il caso 

Un imputato proponeva ricorso in cassazione avverso la sentenza penale di condanna emessa nei suoi confronti dalla Corte di appello territoriale.

All’udienza di discussione, il difensore chiedeva escludersi la punibilità per particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., introdotto dal d.lgs. 28/2015 in quanto ius superveniens.

La Corte di legittimità, dopo aver rigettato tutti i motivi di ricorso, ha affrontato la tematica relativa alla richiesta applicazione della non punibilità per particolare tenuità.

La non punibilità per particolare tenuità si applica anche i giudizi in corso al momento della sua entrata in vigore?

Secondo la Suprema Corte, il decreto legislativo non prevede una disciplina transitoria, cosicché va preliminarmente verificata la possibilità di applicare la nuova disposizione anche ai procedimenti in corso al momento della sua entrata in vigore.

E gli Ermellini rispondono in senso positivo attesa natura sostanziale dell’istituto di nuova introduzione, con conseguente retroattività della legge più favorevole, secondo quanto stabilito dall’art. 2, comma 4 cod. pen.

La questione della particolare tenuità del fatto è proponibile anche nel giudizio di legittimità?

Anche a tale domanda i giudici della Suprema Corte rispondono in maniera positiva “tenendo conto di quanto disposto dall’art. 609, comma 2, cod. proc. pen., trattandosi di questione che non sarebbe stato possibile dedurre in grado di appello”.

Cosa deve fare la Corte di cassazione innanzi alla quale la questione è dedotta?

Per i giudici di piazza Cavour, l’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. presuppone valutazioni di merito, oltre che la necessaria interlocuzione dei soggetti interessati. Da ciò consegue che, nel giudizio di legittimità, dovrà preventivamente verificarsi la sussistenza, in astratto, delle condizioni di applicabilità del nuovo istituto, procedendo poi, in caso di valutazione positiva, all’annullamento della sentenza impugnata con rinvio al giudice del merito affinché valuti se dichiarare il fatto non punibile.

Una breve riflessione

La sentenza richiamata riveste notevole interesse perché affronta sostanzialmente diverse problematiche connesse alla nuova disciplina della non punibilità per particolare tenuità del fatto.

Uno dei problemi affrontati è quello della applicabilità ai giudizi pendenti già alla data di entrata in vigore della disciplina.

La soluzione positiva data dalla Suprema Corte appare logica, ancor prima che giuridica, in considerazione della natura sostanziale della disciplina.

La soluzione contrapposta avrebbe, infatti, creato una disparità di trattamento ed avrebbe violato diversi principi da considerarsi ormai cristallizzati e garantiti costituzionalmente.

Pertanto, la Suprema Corte di cassazione accende il semaforo verde alla applicabilità del nuovo istituto ai giudizi pendenti.

Altra questione affrontata e risolta anch’essa in senso positivo riguarda la possibilità di dedurre l’applicabilità della disciplina nei giudizi pendenti innanzi la Corte di cassazione.

La questione non è di poco conto considerato che ci troviamo innanzi un giudice di legittimità al quale sarebbe però demandato una valutazione di merito.

La Suprema Corte risolve saggiamente il problema evidenziando che essa dovrà preventivamente verificare la sussistenza, in astratto, delle condizioni di applicabilità del nuovo istituto, procedendo poi, in caso di valutazione positiva, all’annullamento della sentenza impugnata con rinvio al giudice del merito affinché valuti se dichiarare il fatto non punibile.

Dunque, alla Corte di cassazione è rimessa una valutazione in astratto mentre al giudice di merito è demandata la valutazione se dichiarare o meno il fatto non punibile.

Il percorso argomentativo della Suprema Corte appare corretto e certamente condivisibile. Nei fatti, però, la valutazione effettuata dalla Corte Suprema “in astratto” sarà pur sempre una valutazione che, nel caso di cassazione con rinvio, lascerà pochi margini al giudice territoriale in ordine alla possibilità di escludere la causa di esclusione della punibilità.

Se questa è l’interpretazione della Suprema Corte, assisteremo, nel prossimo futuro, ad una “valanga” di richieste di applicazione della causa di non punibilità innanzi la Suprema Corte che potrebbe avere anche l’ulteriore effetto, ove il giudice di merito non dovesse ritenere la sussistenza dei presupposti, di far dichiarare, nelle more, il reato prescritto.

Altro problema che si porrà sarà quello della possibilità di dedurre l’applicazione della nuova causa di non punibilità anche ai giudizi di legittimità che sono stati “candidati” alla inammissibilità ed assegnati alla settima sezione penale, con esclusione della fissazione di udienza pubblica.

avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)

managing partner at clouvell (www.clouvell.com)

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