Intervento volontario e preclusioni

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L’interveniente volontario può proporre domande nuove ed autonome fino all’udienza di precisazione delle conclusioni.

Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione civile sez. I con sentenza 17 febbraio 2015 n. 3116

Il caso

intervento volontario e preclusioni

intervento volontario e preclusioni

Due società spiegavano intervento volontario in una causa promossa da una banca ed avente ad oggetto la revoca ex art. 2901 c.c. di un fondo patrimoniale costituito da due coniugi.

Il Tribunale, con sentenza poi confermata dalla Corte di appello, dichiarava la inammissibilità degli interventi sul presupposti che gli stessi, essendo intervenuti dopo l’udienza di trattazione, rimanevano soggetti alla preclusioni previste dal codice di rito, e pertanto non potevano contenere domande autonome, e quindi nuove, ma solo a favore di una delle parti in causa.

Da qui il ricorso per cassazione di uno dei due intervenienti.

L’articolo 268 del codice di procedura civile

Detto articolo, rubricato “termine per l’intervento” recita: “L’intervento può aver luogo sino a che non vengano precisate le conclusioni. Il terzo non può compiere atti che al momento dell’intervento non sono più consentiti ad alcuna altra parte, salvo che comparisca volontariamente per l’integrazione necessaria del contraddittorio”.

Secondo la Suprema Corte, l’art. 268 c.p.c., comma 2, preclude al terzo intervenuto quelle attività che la fase in cui si trova il procedimento non consente alle altre parti, ma una tale preclusione non può estendersi alla attività assertiva del volontario interveniente, nei cui confronti non è operante il divieto di proporre domande nuove che vincola le parti originarie (artt. 167 e 183 c.p.c.).

Difatti – prosegue la Corte –  se si negasse la proponibilità della domanda oltre la prima udienza, ne risulterebbe precluso l’intervento stesso oltre quel termine in contrasto con il chiaro disposto dell’art. 268 c.p.c., comma 1 e ciò, per la ragione che la formulazione della domanda costituisce l’essenza stessa dell’intervento principale e litisconsortile.

Sicchè, – conclude la Corte – ammesso ogni tipo di intervento lungo l’intero sviluppo della trattazione istruttoria (“… sino a che non vengano precisate le conclusioni”), con ciò stesso è riconosciuta – entro quel limite – la estensibilità della materia del processo alla pretesa del terzo interveniente. (Cass. 28 luglio 2005, n. 15787; Cass. 11 luglio 2011, n. 15208; Cass. 16 ottobre 2008, n. 15208; Cass. 14 febbraio 2006, n. 3186).

Il principio di diritto espresso dalla Corte.

“la formulazione della domanda costituisce l’essenza stessa dell’intervento principale e litisconsortile, sicchè la preclusione sancita dall’art. 268 c.p.c., non si estende all’attività assertiva del volontario interveniente, nei cui confronti, perciò, non è operante il divieto di proporre domande nuove ed autonome in seno al procedimento “fino all’udienza di precisazione delle conclusioni”, configurandosi solo l’obbligo, per l’interventore stesso ed avuto riguardo al momento della sua costituzione, di accettare lo stato del processo in relazione alle preclusioni istruttorie già verificatesi per le parti originarie”

avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)

managing partner at clouvell (www.clouvell.com)

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