Corte Suprema di Cassazione – sezione terza civile – sentenza n. 3275 del 19 febbraio 2016

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Svolgimento del processo

Il giudizio trae origine dall’infortunio subito dalla piccola (alunna Omissis) il 23 ottobre 1999, mentre si trovava nei bagni della scuola elementare “Omissis” di (comune Omissis).

I genitori agirono in giudizio per il risarcimento dei danni nei confronti del Ministero dell’Istruzione e del dirigente scolastico.

Il Tribunale di Campobasso condannò il solo Ministero, in solido con la MAECI Assicurazioni e Riassicurazioni S.p.A. (oggi DUOMO UNIONE S.p.A.), da questo chiamata in garanzia sulla base del contratto di assicurazione per la responsabilità civile stipulato dalla Direzione Didattica.

La Corte di Appello di Campobasso, per quanto qui ancora rileva, ha confermato la condanna del Ministero, ma ha dichiarato inammissibile la domanda di manleva da esso proposta nei confronti della compagnia di assicurazione, condannando i danneggiati a restituire quanto ricevuto da quest’ultima.

Avverso tale sentenza ricorre il M.I.U.R. sulla base di un unico motivo, cui resiste con controricorso la DUOMO UNIONE S.p.A..

(genitori Omissis) e (alunna Omissis) (che frattanto ha raggiunto la maggiore età) hanno depositato un «atto di costituzione formale ai fini della discussione orale».

Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’altra intimata.

Motivi della decisione

1.- Va preliminarmente rilevata l’irregolarità dell’«atto di costituzione formale ai fini della discussione orale» dell’avvocato (avvocato Omissis) per gli intimati (genitori Omissis) e (alunna Omissis).

Non può infatti ritenersi valida la procura in favore del legale posta a margine di tale atto, non rientrante tra quelli tassativamente previsti dall’art. 83 c.p.c.: «nel giudizio di cassazione, la procura speciale può essere rilasciata a margine o in calce solo del ricorso o del controricorso trattandosi degli unici atti indicati, con riferimento al giudizio di legittimità, dall’art. 83, co. 3, c.p.c., sicché, ove non sia rilasciata in occasione di tali atti, il conferimento deve avvenire, ai sensi del secondo comma del citato articolo, con atto pubblico o con scrittura privata autenticata che facciano riferimento agli elementi essenziali del giudizio, quali l’indicazione delle parti e della sentenza impugnata, senza che ad una diversa conclusione possa pervenirsi nel caso in cui sopraggiunga la sostituzione del difensore» (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 13329 del 30 giugno 2015).

Al presente giudizio, che ha avuto inizio in primo grado anteriormente al 4 luglio 2009, non si applica la norma inserita nell’art. 83 c.p.c. dall’art. 45, co. 9, lett. (a), della legge 18 giugno 2009 n. 69, che consente il rilascio della procura anche al margine di atti diversi da quelli sopra indicati, per espressa previsione della disposizione transitoria di cui all’art. 58, co. 1, della medesima legge (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 12831 del 6 giugno 2014; Sez. 5, Ordinanza n. 7241 del 26 marzo 2010).

In ogni caso l’«atto di costituzione formale ai fini della discussione orale» dei (danneggiati Omissis) non rientra neanche tra quelli in calce o a margine dei quali, sulla base del nuovo testo dell’art. 83 c.p.c., sarebbe possibile apporre la procura.

2.- Sempre in via preliminare va esaminata l’eccezione della società controricorrente di inammissibilità del ricorso.

Premesso che la sentenza impugnata le è stata notificata in data 22 marzo 2013, essa sostiene che la notificazione del ricorso sarebbe tardiva, in quanto avvenuta a mezzo del servizio postale, ai sensi dell’art. 55 della legge 19 giugno 2009 n. 69, con plico raccomandato spedito in data 21 maggio 2013 ma ricevuto solo il successivo 24 maggio.

A suo dire, la speciale modalità di notificazione utilizzata dall’amministrazione non consentirebbe di anticipare il momento perfezionativo di essa alla data di spedizione dell’atto, e rileverebbe solo la data di ricezione di esso.

L’eccezione è infondata.

Come statuito da questa Corte, «in materia di notificazioni, l’art. 55, co. 1, della legge 18 giugno 2009 n. 69, consente all’Avvocatura dello Stato di eseguire le notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali ai sensi della legge 21 gennaio 1994 n. 53, e prescrive che a tal fine ciascuna Avvocatura distrettuale e l’Avvocatura centrale si dotino di un apposito registro cronologico, conforme alla normativa, anche regolamentare, vigente; ne consegue che, mancando una previsione di specifiche modalità di esecuzione delle notifiche a mezzo del servizio postale, si applica la legge 21 gennaio 1994 n. 53, il cui art. 3, co. 3, rinvia, per il perfezionamento della notificazione, agli artt. 4 e seguenti della legge 20 novembre 1982 n. 890 e, pertanto, nel caso di notificazione effettuata dal difensore della parte a mezzo servizio postale, essa si ha per eseguita alla data di spedizione del piego, da comprovare mediante prova documentale dell’avvenuta esecuzione delle formalità presso l’ufficio postale» (Cass., Sez. L, Sentenza n. 3811 del 18 febbraio 2014; conf.: Sez. 5, Sentenza n. 22226 del 30 ottobre 2015).

In relazione alla data di spedizione dell’atto (21 maggio 2013), il ricorso è tempestivo rispetto alla data di notificazione della sentenza indicata dalla stessa società controricorrente (22 marzo 2013).

3.- Il ricorso è dunque ammissibile.

Esso è altresì fondato nel merito.

Con unico motivo  viene denunziata «violazione e falsa applicazione degli artt. 81 c.p.c. e 61 della L. 11.7.1980 n. 312,  dell’art. 1891  c.c. e dell’art. 1367 c. c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.».

Il M.I.U.R. censura il capo della sentenza impugnata con cui è stata dichiarata inammissibile la propria domanda di garanzia nei confronti di MAECI Assicurazioni e Riassicurazioni S.p.A. (oggi  DUOMO UNIONE S.p.A.), fondata su contratto di assicurazione della responsabilità civile stipulato dalla locale Direzione Didattica.

La corte di merito ha escluso che il Ministero fosse soggetto assicurato e ne ha dedotto che avesse fatto valere in proprio nome un diritto altrui, in violazione dell’art. 81 c.p.c..

Assume invece l’amministrazione ricorrente:

a) che il personale della scuola è in rapporto organico (non con i singoli istituti, pur se dotati di personalità giuridica, che costituiscono comunque organi dello Stato inseriti nella relativa organizzazione, ma) con l’Amministrazione della Pubblica Istruzione, la quale risponde nei confronti dei terzi per i danni arrecati dal personale stesso nell’esercizio delle sue funzioni (ai sensi dell’art. 61 della legge 11 luglio 1980 n. 312);

b) che il contratto di assicurazione stipulato dalla Direzione Didattica indica l’Amministrazione Scolastica come contraente e beneficiario e individua l’oggetto dell’assicurazione proprio nel “fatto” degli alunni e degli insegnanti di tutte le scuole elementari del circolo, onde esso va quindi qualificato come contratto per conto altrui, ai sensi dell’art. 1891 c.c.;

c) che a tale conclusione avrebbe dovuto giungersi quanto meno in via interpretativa, ai sensi dell’art. 1367 c.c., poiché, interpretato come aveva fatto la corte di merito, il contratto non avrebbe avuto alcun effetto e probabilmente sarebbe stato addirittura privo di causa;

d) che, di conseguenza, la domanda di manleva era stata correttamente proposta in proprio nome e nel proprio interesse, nel rispetto dell’art. 81 c.p.c..

La società resistente replica sostenendo che la fattispecie di cui all’art. 1891 c.c., peraltro invocata dal Ministero per la prima volta proprio nel presente giudizio di legittimità, presuppone che il consenso delle parti si sia formato anche in merito alla circostanza che il titolare dell’interesse assicurato fosse soggetto diverso dal contraente, il che nella specie era stato correttamente escluso dalla corte di merito, atteso che nel contratto per cui è causa contraente e assicurato risultavano essere il medesimo soggetto, e cioè la Direzione Didattica (Omissis).

4.- La questione di diritto da risolvere riguarda la corretta applicazione delle disposizioni di legge sull’interpretazione dei contratti, in relazione alla polizza di assicurazione della responsabilità civile stipulata dalla Direzione Didattica (Omissis) (organo dell’amministrazione scolastica dotato di personalità giuridica autonoma), a copertura dei “fatti” illeciti addebitabili ad alunni ed insegnanti delle scuole dell’intero circolo.

La corte di merito ha ritenuto la polizza diretta a coprire esclusivamente la responsabilità propria dell’organo contraente (Direzione Didattica), non essendo in essa espressamente indicato trattarsi di assicurazione per conto altrui o di chi spetta, ai sensi dell’art. 1891 c.c..

È stata quindi esclusa la legittimazione del M.I.U.R., non indicato come contraente o beneficiario dell’assicurazione, a farne valere in giudizio i relativi diritti.

Il Ministero ricorrente sostiene che in tal modo sarebbe stata violata la disposizione di cui all’art. 1367 c.c. che prescrive il canone interpretativo legale della conservazione del contratto in quanto, se non interpretato come stipulato per conto altrui, ai sensi dell’art. 1891 c.c., il contratto di assicurazione in questione non avrebbe alcun effetto e sarebbe addirittura privo di causa.

La censura è fondata nei limiti che si espongono di seguito.

5.-  È  principio  consolidato  quello  per cui,  nell’ambito dell’amministrazione statale scolastica, legittimato passivo per le azioni di responsabilità derivanti da condotte di alunni e insegnanti poste in essere durante l’orario scolastico è unicamente il Ministero, e non i circoli didattici o i singoli istituti, in quanto questi ultimi, pur avendo autonoma personalità giuridica, restano organi della suddetta amministrazione, e l’autonomia gestionale e amministrativa di cui dispongono non impedisce di riferire a questa, nel suo complesso, e dunque al M.I.U.R., gli effetti dei loro atti, sia sotto il profilo del rapporto di servizio del personale che sotto quello della responsabilità per i fatti illeciti imputabili al personale stesso.

Infatti, come è stato chiarito in diversi precedenti di questa Corte, «la figura dell’organo con personalità giuridica, qui ricorrente, implica che lo stesso abbia legittimazione di diritto sostanziale e processuale in relazione alla titolarità di rapporti giuridici, ma che resti tuttavia soggetto, proprio in ragione della sua natura di organo, alle direttive e ai controlli dell’amministrazione di appartenenza», al che consegue che « … le istituzioni scolastiche (D.P.R. n. 275 del 1999, art. 14), … … agiscono in veste di organi statali e non di soggetti distinti dallo Stato» nonché «l’ulteriore corollario che, essendo riferibili direttamente al Ministero gli atti posti in essere dal menzionato personale, nelle controversie relative agli illeciti ascrivibili a culpa in vigilando dello stesso, legittimato passivo è il Ministero e non l’Istituto» (così, in motivazione, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 19158 del 6 novembre 2012, massimata come segue: «l’attribuzione agli istituti scolastici ed ai circoli didattici di personalità giuridica, disposta dal D.P.R. 8 marzo 1999 n. 275, ha conferito loro autonomia gestionale ed amministrativa, ma non li ha privati della qualità di organi dello Stato; ne consegue che del danno patito da un allievo per difetto di vigilanza durante l’orario scolastico continua tuttora a rispondere, ai sensi degli art. 28 Cost. e 2049 c.c., il Ministero dell’Istruzione»; nella specie è stata esclusa la legittimazione passiva dell’istituto scolastico, pur avente autonoma personalità giuridica, in una azione di responsabilità per l’infortunio subito da un alunno durante l’ora di educazione fisica; conf.: Sez. 3, Sentenza n. 9752 del 10 maggio 2005, secondo la quale «anche dopo l’estensione della personalità giuridica, per effetto della legge delega n. 59 del 1997 e dei successivi provvedimenti di attuazione, ai circoli didattici, alle scuole medie e agli istituti di istruzione secondaria, il personale docente degli istituti statali di istruzione superiore – nella specie, un liceo scientifico – che costituiscono organi dello Stato muniti di personalità giuridica ed inseriti nell’organizzazione statale – si trova in rapporto organico con l’Amministrazione della Pubblica Istruzione dello Stato e non con i singoli istituti, che sono dotati di mera autonomia amministrativa; pertanto, essendo riferibili direttamente al Ministero della Pubblica Istruzione e non ai singoli istituti gli atti, anche illeciti, posti in essere dal menzionato personale, sussiste la legittimazione passiva del Ministero nelle controversie relative agli illeciti ascrivibili a “culpa in vigilando” del personale docente, mentre difetta la legittimazione passiva dell’istituto»; sostanzialmente nel medesimo senso: Sez. 3, Sentenza n. 10042 del 29 aprile 2006; Sez. 3, Sentenza n. 2839 dell’Il febbraio 2005; Sez. 3, Sentenza n. 27246 del 14 novembre 2008; Sez. L, Sentenza n. 6372 del 21 marzo 2011).

6.- Il contratto di assicurazione della responsabilità civile per cui è causa risulta espressamente stipulato dalla Direzione Didattica (Omissis) per i fatti imputabili al personale e/o agli alunni delle scuole del circolo.

Nell’interpretare tale contratto, la corte di merito si è limitata a rilevare, sulla base della sua formale intestazione e del suo letterale contenuto, che l’organo indicato come contraente e beneficiario dell’assicurazione era la Direzione Didattica e ne ha dedotto che si trattava di assicurazione diretta e non per conto altrui o di chi spetta, escludendo che i relativi diritti potessero essere esercitati dal M.I.U.R., e cioè dal soggetto ritenuto responsabile e condannato per fatti imputabili al suddetto personale.

Ma in tale situazione si poneva evidentemente un oggettivo dubbio interpretativo.

Se, come appena osservato, per i fatti garantiti dall’assicurazione, di regola, la Direzione Didattica non può mai essere chiamata e rispondere, in quanto è il Ministero l’unico soggetto legittimato passivamente per le relative azioni risarcitorie (come riconosciuto nella stessa sentenza impugnata), il contratto di assicurazione fatto valere in giudizio – a meno che non sussistessero elementi tali da portare a ritenere che esso fosse stato effettivamente stipulato ad esclusiva copertura di eventuali diverse e specifiche responsabilità effettivamente gravanti sull’organo stipulante, benché derivanti dal fatto del personale o degli alunni – si sarebbe rivelato del tutto privo di effetti, e addirittura privo di rischio assicurato, e dunque avrebbe fatto difetto la sua stessa causa negoziale, con conseguente nullità ai sensi dell’art. 1418 c.c. (da rilevare e dichiarare eventualmente anche di ufficio ai sensi dell’art. 1421 c.c.).

La regola sancita dall’art. 1367 c.c., però, impone all’interprete, prima di giungere ad una siffatta conclusione, una ulteriore operazione ermeneutica, sancendo che «nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno» (principio della conservazione del contratto o dell’interpretazione utile).

Secondo la più accreditata ricostruzione teorica e le specificazioni datene da questa Corte, il canone interpretativo in questione va inteso nel senso che nei casi dubbi, tra più possibili interpretazioni, deve tenersi conto degli inconvenienti cui può portare una (o più) di esse, evitando di adottare una soluzione che renda l’atto improduttivo di effetti (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 24866 dell’8 ottobre 2008). Il principio cioè non consente di svolgere una esegesi sostitutiva della volontà delle parti, che va pur sempre rispettata, anche se ciò comporti la dichiarazione della nullità del contratto, ove ne ricorrano gli estremi (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 28357 del 22 dicembre 2011; Sez. 1, Sentenza n. 7972 del 30 marzo 2007; Sez. 1, Sentenza n. 19994 del 7 ottobre 2004), né di attribuire sempre all’atto un significato tale da assicurarne la più estesa applicazione (soprattutto se l’interpretazione più ampia sia esclusa dall’applicazione dei prioritari criteri di ermeneutica posti dal codice civile), ma rende possibile privilegiare quella che consente all’atto di assumere qualche effetto.

La corte di appello, nell’interpretare il contratto per cui è causa, non ha applicato il suddetto canone ermeneutico legale.

Valutando tutte le circostanze del caso, avrebbe infatti dovuto accertare se la ricostruzione dell’effettiva volontà dei contraenti consentiva l’interpretazione utile del contratto, onde evitare l’inconveniente della sua assoluta improduttività di effetti.

Avrebbe dovuto cioè verificare: a) se – interpretato come assicurazione stipulata esclusivamente in favore dell’organo contraente – il contratto per cui è causa potesse avere qualche effetto o fosse destinato non averne alcuno, dichiarandone eventualmente in tal caso anche la nullità per difetto di causa, ai sensi degli artt. 1418 e 1421 c.c., sussistendone gli estremi; b) se invece eventualmente qualche effetto esso avrebbe potuto avere ove interpretato come assicurazione per conto altrui o di chi spetta, ai sensi dell’art. 1891 c.c.; c) se tale ultima interpretazione fosse compatibile con la volontà contrattuale delle parti.

In tal caso avrebbe dovuto senz’altro privilegiare quest’ultima interpretazione.

La suddetta verifica non è stata effettuata, essendosi la corte di appello – come anticipato – limitata a rilevare che il contratto, secondo una interpretazione meramente letterale, era stato stipulato dalla Direzione Didattica e non prevedeva espressamente il Ministero quale soggetto assicurato.

La pronunzia impugnata va dunque cassata affinché vi si provveda in sede di rinvio.

È appena il caso di sottolineare che, sotto il profilo in esame, risulta del tutto irrilevante che il richiamo diretto dell’art. 1891 c.c. sia stato effettuato dal M.I.U.R. solo nella presente sede. La domanda di manleva proposta sin dal primo grado del giudizio non può che intendersi, implicitamente ma necessariamente, fondata proprio sulla suddetta disposizione normativa, mentre la violazione di legge qui denunziata riguarda il canone interpretativo legale di cui all’art. 1367 c.c..

7.- Il ricorso è accolto e la sentenza impugnata cassata in relazione, con rinvio alla Corte di Appello di Campobasso, in diversa composizione, perché rivaluti la domanda di manleva proposta dal M.I.U.R. nei confronti della DUOMO UNIONE S.p.A., conformandosi al seguente principio di diritto: «in tema di assicurazione, la circostanza che un ente (nella specie, una Direzione didattica) stipuli una polizza a copertura della  responsabilità civile per danni dei quali esso stipulante non può, per legge, essere chiamato a rispondere (per esserlo, nella specie,  unicamente il Ministero per fatto dei suoi dipendenti), impone al giudice del merito, che abbia già utilizzato i fondamentali canoni ermeneutici, una scelta interpretativa che, nel dubbio, tenga conto  del sussidiario criterio di cui all’art. 1367 c.c. (cd. interpretazione  utile), che, compatibilmente con la volontà delle parti, tenda ad attribuire al contratto (anche con l’eventuale riferimento alla  disposizione dell’art. 1891 c.c.) un qualche effetto, anziché negarglielo affatto».

Il giudice del rinvio provvederà anche a regolare le spese del giudizio di cassazione.

per questi motivi

La Corte:

– accoglie il ricorso e cassa in relazione, rinviando alla Corte di Appello di Campobasso, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, in data 25 gennaio 2016.

 

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