Corte Suprema di Cassazione – sezione terza civile – sentenza n. 2173 del 4 febbraio 2016

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I FATTI

(Prossimi congiunti Omissis) di (deceduto Omissis), convenivano in giudizio (responsabile sinistro Omissis) e la compagnia assicuratrice per la r.c.a. di questi, (Omissis), chiedendone la condanna al risarcimento dei danni da essi subiti in conseguenza dell’incidente stradale in cui aveva perso la vita (deceduto Omissis).

La domanda di risarcimento danni veniva rigettata sia in primo che in secondo grado.

La Corte d’Appello di Milano con la sentenza n. 615 del 21 febbraio 2012 qui impugnata così ricostruiva la vicenda all’esito della quale decedeva il giovane (deceduto Omissis): il (deceduto Omissis) mentre percorreva alle 7,30 del mattino del 26 dicembre 2002 l’autostrada A4 alla guida di una Ford Mondeo con a bordo tre amici perdeva il controllo della vettura, che sbandava varie volte fino ad arrestarsi nella giusta direzione di marcia ma sulla parte sinistra della semicarreggiata di pertinenza, andandosi a posizionare con le ruote di sinistra contro il guard rail centrale; i tre amici della vittima che si trovavano a bordo della vettura riuscivano ad uscire dall’auto e ad attraversare le tre corsie della semicarreggiata fino ad andarsi a collocare in posizione protetta, a destra del guard rail della corsia di emergenza, mentre il (deceduto Omissis), che “inspiegabilmente ” non aveva subito raggiunto gli amici che viaggiavano con lui a bordo della vettura usciva dalla vettura dalla parte destra del veicolo, ma qui, mentre si trovava a fianco del lato destro della vettura, prima che riuscisse anche lui ad attraversare e a porsi al riparo, veniva travolto dalla vettura Golf condotta dal (responsabile del sinistro Omissis) che sopraggiungeva da tergo. Quest’ultimo si avvedeva solo all’ultimo momento della presenza della Ford Mondeo ferma sulla corsia di sorpasso e riusciva ad evitare l’impatto con la vettura scartando verso destra, mentre non si avvedeva (tanto che non provava neppure ad evitarlo) della presenza del (deceduto Omissis) che veniva travolto e scagliato a 26 metri di distanza.

La corte d’appello riteneva che la presenza del pedone sulla carreggiata, accanto al veicolo in sosta in luogo evidentemente non consentito e pericoloso, al buio ed in posizione non protetta, di sagoma tale da non poter essere agevolmente avvistato in orario notturno, in quel preciso contesto spazio- temporale costituisse evento imprevisto ed imprevedibile tale da escludere l’applicabilità della presunzione legale di cui all’art. 2054 c.c. primo comma (escluso il 2054 secondo comma non essendosi verificato alcuno scontro tra i due veicoli) e quindi da escludere totalmente la responsabilità del (responsabile sinistro Omissis). Il comportamento della vittima veniva considerato dal giudice di appello fattore causale esclusivo dell’evento dannoso, ovvero un fatto imprevedibile atto ad integrare il caso fortuito e a far venir meno la presunzione di colpa in capo al conducente del veicolo investitore. Essa escludeva invece che avesse incidenza causale la velocità elevata della vettura investitrice, non al di sopra dei limiti in quel punto consentiti ma ritenuta dal perito del procedimento penale comunque inadeguata alle circostanze di tempo e di luogo (ora notturna, foschia, strada bagnata da pioggia caduta in precedenza).

(Prossimi congiunti Omissis) propongono due motivi di ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 615 del 2012, emessa dalla Corte d’Appello di Milano in data 21.2.2012 nei confronti di (responsabile sinistro Omissis) e (Assicurazioni Omissis) s.p.a..

Resiste la (Assicurazioni Omissis) s.p.a., conferitaria dell’azienda assicurativa (Omissis) s.p.a. con controricorso notificato ai ricorrenti in data 28.5.2013, a fronte di una notifica del ricorso avvenuta in data 8.4.2013 e di un deposito dello stesso in cancelleria in data 28.4.2013.

Vi è memoria dei ricorrenti.

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va detto che delle osservazioni della contro-ricorrente non potrà tenersi alcun conto attesa la tardività del controricorso, notificato ai ricorrenti dieci giorni oltre il termine previsto dall’art. 370 c.p.c., come risulta dalle date sopra riportate.

Con il primo motivo i ricorrenti deducono la sussistenza del vizio di motivazione ex art. 360 n. 5 c.p.c. ed in particolare la carente, insufficiente e incoerente motivazione sull’applicazione dell’art. 2729 c.c. e sulla mancata valutazione di risultanze istruttorie, ex artt. 2699 e 2700 c.c.

Contestano il riferimento contenuto nella sentenza all’art. 2729 c.c. ed affermano che la corte d’appello avrebbe erroneamente richiamato la norma sulle presunzioni per ritenere inverato il caso fortuito pur in mancanza di presunzioni gravi, precise e concordanti.

Contestano anche la valutazione della corte d’appello in relazione alla imprevedibilità di un incidente in autostrada, ed in particolare in ordine alla imprevedibilità della presenza di una vettura, ferma, a seguito dell’incidente, sulla sede stradale e con le luci accese.

In definitiva, i ricorrenti tendono ad evidenziare che la corte d’appello avrebbe proprio mal compreso gli avvenimenti e di conseguenza sarebbe giunta a conclusioni errate : non avrebbe adeguatamente considerato che, come emerge anche dalla ctu sulla dinamica, a causa della posizione di quiete assunta dalla vettura condotta dal M. dopo l’incidente (parallela allo spartitraffico centrale, con le ruote sullo spartitraffico) al M. non è stato facile uscire dalla vettura, è dovuto uscire dalla parte destra dopo essersi svincolato dal posto di guida e quindi ha tardato a raggiungere gli amici che velocemente, benché feriti, si sono affrettati a porsi al riparo, tutti essendo consapevoli che l’auto si trovava bloccata sulla corsia di sorpasso in posizione pericolosissima, quindi che l’attardarsi del M. nell’attraversare non era affatto inspiegabile come definito dalla corte d’appello ma derivante proprio dalla dinamica dell’incidente.

Contestano che nella motivazione si sia del tutto omesso di considerare un dato obiettivo, consistente in tutti i rilievi eseguiti dalla polizia stradale ed in particolare nella contestazione di violazione del codice della strada, elevata dalla polizia stradale a carico del B. (e dei due successivi conducenti di veicoli che sopraggiungevano) perché circolava, in violazione dell’art. 141, commi 3 e 8 C.d.S., “a velocità non regolata in relazione alle ore notturne e asfalto bagnato, senza essere in grado di conservare il controllo del veicolo ed arrestarsi entro i limiti del libero campo di visibilità e di fronte ad un ostacolo prevedibile” (documento prodotto e del quale si indica la collocazione nel fascicolo del giudizio di merito).

Con il secondo motivo di ricorso, i ricorrenti denunciano nuovamente la presenza di un vizio di motivazione, ovvero la presenza di una motivazione insufficiente ed incongrua in ordine alla mancata applicazione dell’art. 2054 primo comma c.c. e la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.

I due motivi possono essere considerati congiuntamente in quanto connessi.

In entrambi i motivi i ricorrenti denunciano che la corte d’appello sia incorsa in vizio di motivazione, dandone una lettura strettamente legata alla violazione di legge: sostengono che essa, selezionando nella sua ricostruzione dei fatti solo alcuni degli accadimenti emersi dalla espletata istruttoria e pretermettendone altri o svalutandone totalmente l’incidenza causale sulla fattispecie concreta, abbia errato nell’applicare la norma sulle presunzioni e nell’applicare l’art. 2054 primo comma c.c.

Può ritenersi che le censure, per come esse sono strutturate e per le argomentazioni ivi contenute, includano oltre alla censura relativa alla motivazione anche la denuncia delle violazioni di legge in relazione agli articoli indicati all’interno di ciascun motivo.

Ciò premesso, il ricorso va accolto, sia perché la motivazione appare contraddittoria, sia perché la sentenza incorre nella violazione dell’art. 2054 primo comma c.c..

E’ noto che in presenza di sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli, il giudizio espresso dal giudice di merito in ordine alla dinamica e alla eziologia dell’incidente e alla condotta dei conducenti dei veicoli scontratisi, ai fini dell’accertamento e della graduazione delle rispettive colpe e delle conseguenti responsabilità, involgendo apprezzamenti di elementi di fatto, è incensurabile in sede di legittimità, sempre che sia sorretto da motivazione adeguata e sia immune da vizi logici e da errori di diritto (Cass. n. 19188 del 2003).

Tuttavia, in questo caso, e senza per ciò sovrapporsi al compito del giudice di merito e rinnovare la ricostruzione dei fatti né la valutazione delle rispettive responsabilità da essi scaturente, la motivazione appare contraddittoria in quanto pur considerando accertati alcuni elementi di fatto, che attengono alle circostanze di tempo e di luogo in cui si è verificato l’incidente, e quindi sono comuni ad entrambi i soggetti coinvolti, li prende in considerazione esclusivamente come elementi a carico del ragazzo morto nell’incidente, al quale si addebita una particolare imprudenza nel non averne tenuto conto, mentre sono totalmente obliterati in relazione alla posizione dell’investitore.

Infatti, la motivazione della corte d’appello parte dalla considerazione che la Ford Mondeo condotta dal ragazzo rimasto ucciso si trovava nella pericolosa posizione anzidetta, (ferma in autostrada all’estrema sinistra della corsia di sorpasso, in posizione longitudinale lungo il guard rail e con le ruote di sinistra su di esso) a causa del comportamento imprudente del suo conducent M, che ne perdeva il controllo causando l’ingombro della corsia di sorpasso dell’autostrada in orario (ancora) notturno, considerando che era dicembre, e in tratto stradale non illuminato, su asfalto reso viscido dalla pioggia precedente, senza neppure collocare il segnale mobile di pericolo.

Quindi parte dall’assunto che la situazione di pericolo iniziale, alla quale si sono trovate esposte le macchine sopraggiungenti, è stata creata dal M.

A questo punto passa ad esaminare la condotta del conducente del veicolo investitore premettendo una regola di giudizio esatta  ma che, come si dirà, non si attaglia alla fattispecie concreta: anche avendo rispettato in tutto le norme del codice della strada, il conducente che si trovi dinanzi alla scorrettezza altrui, ha l’obbligo di attivarsi per evitare il sinistro, secondo l’ordinaria diligenza, ovvero scegliendo la manovra che il guidatore medio e con riferimento alla situazione concreta valutata ex ante, appariva più idonea ad evitare il danno (Cass. n. 2639\98).

A questo punto, richiama le circostanze di tempo e di luogo predette, ovvero l’ora ancora notturna, l’asfalto viscido, il tratto stradale non dotato di illuminazione propria, la presenza di foschia, a cui aggiunge, come circostanze relative al veicolo condotto dal B., che questi viaggiava con i soli anabbaglianti accesi e non con le luci di profondità e che teneva una velocità di 97 km orari che, benché consentita in autostrada, non gli avrebbe permesso (come ricostruito anche dal consulente tecnico) di effettuare l’arresto tempestivo del veicolo dinanzi ad un ostacolo prevedibile.

La corte però considera non rilevanti tutti questi elementi a carico del B., neppure ai fini di un eventuale concorso di colpa, in quanto giudica la stessa presenza di una vettura ferma sulla corsia di sorpasso e la presenza e la posizione del ragazzo, che “inspiegabilmente” non aveva ancora raggiunto i suoi amici e che, invece di proteggersi con la sagoma della vettura si trovava lungo il fianco di essa, in procinto di attraversare, come un fatto del tutto imprevedibile integrante il fortuito, idoneo a far venir meno qualsiasi responsabilità in capo al conducente del veicolo investitore.

A ciò si aggiunga l’omesso esame, nella motivazione, della rilevanza di alcune circostanze di fatto oggetto di discussione che per la loro esistenza storica non potevano essere ignorate ai fini della coerenza della motivazione: è escluso che il veicolo investitore avesse rispettato in tutto le norme del codice della strada, come affermato dalla corte d’appello, in quanto, come sopra riportato, benché viaggiasse entro i limiti di velocità consentiti in autostrada, era stata redatto a suo carico un verbale di accertamento della violazione dell’art. 141 c.d.s. da parte della polizia stradale, per aver tenuto una velocità non consona allo stato dei luoghi, non contestato dal B: quindi esisteva negli atti del processo una accertata violazione di una regola del codice della strada in capo al B . del quale la corte territoriale non solo non ha tenuto conto ma della quale ha affermato l’inesistenza.

In definitiva, la motivazione della corte d’appello è contraddittoria perché essa ha utilizzato alcuni elementi della fattispecie a carico del danneggiato ritenendo che questi si sia posto in una situazione di assoluto pericolo, ma non li ha ugualmente valorizzati o presi in considerazione nel valutare se il comportamento del B. fosse stato improntato alla prudenza esigibile in quella determinata situazione di fatto e se questi, ove si fosse uniformato alle regole di prudenza richieste dalla situazione di fatto, sarebbe stato in grado di percepire per tempo l’ostacolo sulla sua strada costituito dalla autovettura ferma e di frenare o di evitarlo con una manovra più ampia e controllata che, senza colpire il M. addossato allo sportello, gli avrebbe consentito di cogliere anche la presenza imprevista del pedone e di evitarlo.

A ciò deve aggiungersi una violazione dell’art. 2054 primo comma, applicabile alla fattispecie in quanto non di scontro di veicoli si tratta ma di investimento di un pedone da parte di una autovettura: la corte ha ritenuto che il conducente del veicolo investitore non fosse gravato dell’onere di dover provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, avendo qualificato la presenza del M. sulla sede stradale come un evento del tutto imprevisto e imprevedibile per il conducente, che nulla avrebbe potuto fare per evitarlo e dal quale non era esigibile alcun diverso comportamento.

Tuttavia, deve affermarsi che la possibilità di trovare dinanzi a sé, sulla sede stradale, una vettura ferma per incidente, è circostanza certo inusuale ma non assolutamente imprevedibile lungo una qualsiasi strada ed anche lungo un’autostrada.

E’ inoltre una circostanza percepibile con i sensi e della quale si deve esigere la percepibilità, in quanto, in particolare, il conducente che si trovi sulla corsia di sorpasso deve essere in grado, per poterla legittimamente occupare, di aver dinanzi a sé sufficiente visibilità che gli consenta di evitare eventuali ostacoli quali le macchine in moto che lo precedono, e di completare la manovra che giustifica la sua presenza sulla corsia di sorpasso in condizioni di sicurezza.

A ciò si aggiunga che l’avvistamento di una vettura ferma sulla corsia di sorpasso impone al conducente della vettura che sopraggiunge da tergo un particolare onere di moderare la velocità proprio sulla base del fatto obiettivo che si constata l’avvenuto verificarsi di un incidente con vettura ancora ferma in posizione anomala e pericolosa perché di intralcio alla normale circolazione, e della prevedibilità del fatto che possano trovarsi, all’esterno della vettura ( perché feriti, o in stato confusionale, o non in grado di muoversi, o addirittura sbalzati sulla sede stradale), alcuni degli occupanti della predetta vettura.

Si richiama a questo proposito la giurisprudenza di questa Corte in tema di attraversamento pedonale, secondo la quale in caso di investimento pedonale, la circostanza che il pedone abbia repentinamente attraversato un incrocio regolato da semaforo per lui rosso non vale ad escludere la responsabilità dell’automobilista, ove tale condotta anomala del pedone fosse – per le circostanze di tempo e di luogo, che avrebbero consigliato una maggiore prudenza e in particolare una minore velocità – ragionevolmente prevedibile. (Nella specie, il conducente si trovava in pieno centro città, in una zona di attraversamento pedonale e in una giornata piovosa) (v. Cass. n.3964 del 2014).

La presenza di una vettura ferma sulla corsia di sorpasso di una autostrada non può ritenersi quindi circostanza del tutto imprevedibile, né può ritenersi circostanza assolutamente imprevedibile (e quindi atta ad integrare il caso fortuito e ad esimere il conducente del veicolo investitore dall’onere di dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno), a fronte della esistenza sulla sede stradale della vettura incidentata, la presenza di un pedone in prossimità della vettura stessa.

La sentenza impugnata va pertanto cassata e la causa va rinviata alla corte d’appello di Milano in diversa composizione che rinnoverà la motivazione, decidendo anche sulle spese ed attenendosi al seguente principio di diritto:

“La presenza di un veicolo fermo per incidente sulla sede stradale impone ai conducenti dei veicoli sopraggiungenti di moderare la velocità e di tenere un comportamento improntato alla massima prudenza, non potendo reputarsi circostanza assolutamente imprevedibile ed al contrario rientrando nella ragionevole prevedibilità la presenza degli occupanti della vettura incidentata sulla sede stradale in prossimità della vettura stessa”.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione che deciderà anche sulle spese.

Così deciso nella camera di consiglio della Corte di cassazione il 16 ottobre 2015

Il Consigliere relatore              Il Presidente

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