Cassazione penale – sezione prima – sentenza n. 30135 del 26 giugno 2015

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Ritenuto in fatto

Con l’ordinanza indicata in epigrafe il GIP del Tribunale di Treviso, deliberando in funzione giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza dell’odierno ricorrente volta ad ottenere il riconoscimento in executivis del vincolo della continuazione, ex artt. 81 cpv. cod. pen. e 671 cod. proc. pen., tra tutti i reati di cui alle sentenze definitive di condanna ivi indicate.

Rilevava invero detto giudice come, alla stregua della consolidata giurisprudenza in materia, non fosse possibile ritenere che i vari fatti fossero esecutivi di un medesimo e dunque preventivo disegno criminoso, trattandosi piuttosto di espressioni di uno stile di vita dedito al delitto.

Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione l’anzidetto condannato, (Omissis), che limitata la propria istanza al riconoscimento della continuazione tra i soli reati oggetto di tre sentenze di condanna divenute irrevocabili nei suoi confronti (e segnatamente quella del Tribunale di Treviso del 26 maggio 2010 indicata al n. 1 del provvedimento di cumulo in data 22 novembre 2010; quella del Tribunale di Treviso – sezione distaccata di Conegliano del 22 giugno 2009, indicata al n. 22 del certificato penale allegato in atti; quella del Tribunale di Treviso – sezione distaccata di Conegliano del 15 febbraio 2010, indicata al n. 24 del certificato penale allegato in atti) motivava l’impugnazione deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, così in sintesi argomentando:

– era stata incongruamente sottovalutata l’omogeneità dei fatti, trattandosi di reati concernenti tutti la violazione delle prescrizioni imposte con l’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno;

– le condotte criminose erano analoghe nelle loro modalità di commissione (mancato rispetto della prescrizione di non rincasare la sera dopo le ore 22,00);

– i reati erano stati perpetrati nell’arco di breve spazio di tempo gli uni dagli altri (rispettivamente il 22 dicembre 2007, il 29 novembre 2007 ed il 27 novembre 2007) e la sussistenza del vincolo della continuazione, relativamente a due di essi (quello oggetto della sentenza indicata al n. 22 del certificato penale e quello oggetto della sentenza indicata al n. 24 del certificato penale) era stata già riconosciuta dal Tribunale dì Treviso – sezione distaccata di Conegliano, decisione che il giudice dell’esecuzione non aveva in alcun modo considerato;

– il riferimento ad un preteso stile di vita della condannata incompatibile con il riconoscimento del vincolo della continuazione doveva considerarsi incongruo, con specifico riferimento alle tre sentenze di condanna indicate in precedenza, non avendo il giudice dell’esecuzione adeguatamente considerato che seppure lo “stile di vita” ha normalmente un valore sintomatico non elevato e di contorno, perché non consente di distinguere tra la mera ripetizione o abitualità di certi comportamenti e la loro anticipata programmazione, nel caso di specie, invece, in considerazione della situazione personale e familiare dell’istante, soggetto senza fissa dimora e tossicodipendente, queste scelte possono assumere un elevato significato indicativo anche circa la programmazione anticipata di singole condotte, specie in presenza di altri elementi sintomatici quali la medesima tipologia dei reati commessi e la loro prossimità temporale.

Con requisitoria depositata il 12 febbraio 2015 il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato non avendo il giudice dell’esecuzione tenuto conto del provvedimento che aveva già riconosciuto la continuazione tra i reati commessi il 27 novembre ed il 29 dicembre 2007 e che l’ordinanza impugnata non fornisce alcuna spiegazione delle ragioni per cui il reato intermedio, commesso il 22 dicembre 2007, non poteva ritenersi commesso in esecuzione del medesimo disegno criminoso.

Considerato in diritto

Il ricorso, nei termini meglio precisati in prosieguo, è fondato.

1.1 Giova prendere le mosse, ribadendola, dall’ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte (Sez. 1, n. 35797 del 12/05/2006 – dep. 25/10/2006, Francini, Rv. 234980) secondo cui la continuazione presuppone l’anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già insieme presenti alla mente dei reo nella loro specificità, almeno a grandi linee, situazione ben diversa da una mera inclinazione a reiterare nel tempo violazioni della stessa specie, anche se dovuta a una determinata scelta di vita o ad un programma generico di attività delittuosa da sviluppare, nel tempo, secondo contingenti opportunità (cfr., per tutte, Sez. 2, n. 18037 del 07/04/2004 – dep. 19/04/2004, Tuzzeo, Rv. 229052; Sez. 1, n. 3834 del 15/11/2000 – dep. 31/01/2001, Barresi, Rv. 218397). La prova di detta congiunta previsione – ritenuta meritevole di più benevolo trattamento sanzionatorio attesa la minore capacità a delinquere di chi si determina a commettere gli illeciti in forza di un singolo impulso, anziché di spinte criminose indipendenti e reiterate – investendo l’inesplorabile interiorità psichica del soggetto, deve di regola essere ricavata da indici esteriori significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere. Tali indici, di cui la giurisprudenza ha fornito esemplificative elencazioni (fra gli altri, l’omogeneità delle condotte, il bene giuridico offeso, il contenuto intervallo temporale, la sistematicità e le abitudini programmate di vita), hanno normalmente un carattere sintomatico, e non direttamente dimostrativo; l’accertamento, pur officioso e non implicante oneri probatori, deve assumere il carattere di effettiva dimostrazione logica, non potendo essere affidato a semplici congetture o presunzioni. Detto accertamento, infine, è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti. In particolare, rappresenta principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che “il giudice dell’esecuzione, investito da richiesta ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., non può trascurare, ai fini del riconoscimento del vincolo della continuazione, la valutazione già operata in fase di cognizione, con riguardo a episodi criminosi commessi in un lasso di tempo al cui interno si collocano, in tutto o in parte, i fatti oggetto della domanda sottoposta al suo esame, nel senso che le valutazioni espresse in proposito nel giudizio di cognizione assumono una rilevanza indicativa da cui il giudice dell’esecuzione può anche prescindere, ma solo previa dimostrazione dell’esistenza di specifiche e significative ragioni per cui tali ultimi fatti, e soprattutto quelli omogenei rispetto a quelli tra cui il vincolo è stato riconosciuto, non possono essere ricondotti, a differenza degli altri, al delineato disegno” (Sez. 1, n. 20471 del 15/03/2001 – dep. 18/05/2001, Ibba, Rv. 219529).

Questa Corte, per altro, ha ritenuto (Sez. 1, n. 4716 del 08/11/2013 – dep. 31/01/2014, Marinkovic, Rv. 258227) che tale principio conservi una sua intrinseca valenza anche con riferimento ad un pregresso provvedimento, quand’anche adottato in sede esecutiva, che abbia riconosciuto il vincolo della continuazione sia pure soltanto tra alcuni dei reati commessi dal condannato, nel senso che, se pure allo stesso non può riconoscersi alcun carattere vincolante con riferimento alla deliberazione sulla nuova istanza ex art. 671 cod. proc. pen. proposta dal condannato, anche in considerazione della diversità del petitum, più ampio, tale provvedimento non può tuttavia essere totalmente ignorato dal giudice dell’esecuzione, in sede di deliberazione sulla nuova istanza, il quale, sia pure in piena libertà di giudizio, con tale precedente valutazione è tenuto comunque a confrontarsi, salvo discostarsene, motivatamente, in relazione al complessivo quadro delle circostanze di fatto e giuridiche emergenti dai provvedimenti giudiziali dedotti nel nuovo procedimento.

Alla stregua delle considerazioni sin qui svolte, essendosi il giudice dell’esecuzione immotivatamente discostato dagli esposti principi di diritto, si impone, l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata per nuovo, più approfondito, esame dell’istanza, tenendo presenti i rilievi sopra formulati.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al GIP del Tribunale di Treviso

Così deciso in Roma il 26 giugno 2015

 

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