Schiamazzi fuori dal locale pubblico: quando il titolare dell’esercizio è salvo

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Il titolare di un esercizio pubblico non risponde per gli schiamazzi provocati dagli avventori fuori dai locali qualora abbia posto in essere tutte le cautele per evitare la verificazione dell’evento, a prescindere se poi tale evento (disturbo al riposo delle persone) si verifichi ugualmente.

Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione – sez. III Penale – con sentenza 5 marzo 2015, n. 9633

Schiamazzi fuori dal locale pubblico: quando il titolare dell'esercizio è salvo

Schiamazzi fuori dal locale pubblico: quando il titolare dell’esercizio è salvo

Il caso 

Il titolare di un esercizio pubblico si vedeva notificato un provvedimento di sequestro preventivo per il reato di cui all’articolo 659 comma 1° c.p. “in quanto nella qualità di gestore del predetto esercizio commerciale avrebbe diffuso musica ad alto volume che, attraverso le porte lasciate aperte, si sarebbe diffusa sulla pubblica via e perché avrebbe favorito lo stazionamento sulla strada e nel cortile retrostante il locale dei clienti i quali avrebbero ivi assunto bevande schiamazzando anche in ore notturne”. Proponeva dunque ricorso al Tribunale del riesame che, però, rigettava il gravame.

Da qui il ricorso per cassazione.

Con il ricorso il titolare dell’esercizio pubblico si duole:

  • del difetto di motivazione del provvedimento cautelare in ordine alla esigibilità di un comportamento diverso rispetto a quello tenuto (egli ha evidenziato di avere fatto quanto era in suo potere per limitare la invadenza acustica derivante dalla presenza degli avventori del suo locale nell’ambiente ad esso circostante);
  • della omessa motivazione in ordine alla derivazione delle immissioni sonore in ipotesi moleste dal locale da lui gestito e non dagli altri locali pur presenti in zona;
  • della esclusa adeguatezza a salvaguardare gli interessi tutelati con il provvedimento impugnato di fronte al Tribunale di Torino del solo sequestro dell’apparato utilizzato all’interno di esso per la diffusione della musica.

Il ragionamento della Suprema Corte

L’articolo 659 c.p. prevede due distinte fattispecie

  1. l’una, (1° comma) si verifica allorquando l’evento costituivo dell’illecito, cioè il disturbo del riposo o delle occupazioni delle persone, derivi da qualcosa di diverso dal mero superamento dei limiti di rumore, per effetto di un esercizio del mestiere che ecceda le sue normali modalità o ne costituisca un uso smodato;
  2. l’altra, (2° comma) si verifica qualora la violazione dei limiti relativi alla liceità delle immissioni sonore riguardi altre prescrizioni legali o della Autorità, attinenti all’esercizio del mestiere rumoroso, diverse da quelle direttamente impositive i limiti di immissioni acustica (Corte di cassazione, Sezione III penale, 9 ottobre 2014, n. 42026).

La responsabilità del gestore di un esercizio commerciale ex art. 659 comma 1° c.p.

Il gestore di un esercizio commerciale è responsabile per gli schiamazzi e le immissioni rumorose degli avventori con conseguente disturbo delle persone in quanto la titolarità della gestione dell’esercizio comporta l’assunzione dell’obbligo giuridico di controllare che la frequentazione del locale da parte dei clienti non sfoci in condotte contrastanti con le norme concernenti la polizia di sicurezza.  Ciò ovviamente a condizione che “l’evento sia riconducibile al mancato esercizio del potere di controllo e sia quindi collegato da nesso di causalità con tale omissione”.

I rumori provocati all’interno del locale……

Secondo la Suprema Corte, “laddove gli schiamazzi o i rumori avvengano all’interno dell’esercizio non c’è dubbio che il gestore abbia la possibilità di assolvere l’obbligo di controllo degli avventori, impedendo loro comportamenti che si pongano in contrasto con le norme di polizia di sicurezza, ricorrendo, ove necessario, al cosiddetto ius excludendi in danno di coloro che, con il loro comportamento, realizzino tale contrasto.

….. e quelli provocati all’esterno.

Prosegue la Suprema Corte evidenziando che se, viceversa, “il disturbo del riposo e delle occupazioni da parte degli avventori dell’esercizio pubblico avvenga, come nell’occasione, all’esterno del locale, per poter configurare la responsabilità del gestore è necessario quanto meno fornire elementi atti a evidenziare che egli non abbia esercitato il potere di controllo e che a tale omissione sia riconducibile la verificazione dell’evento (Corte di cassazione, Sezione III, 5 settembre 2014, n. 37196).

Perché la Corte di Cassazione ribalta la decisione del Tribunale del riesame.

Nel caso in esame era emerso che il titolare dell’esercizio si era concretamente attivato per scongiurare che si verificassero i lamentati disturbi alla quiete pubblica al di fuori del locale da lui gestito, apponendo a tal fine cartelli coi quali si invitano gli avventori a non sostare sul marciapiede ed a non schiamazzare, adibendo persino due suoi collaboratori al controllo del rispetto della quiete pubblica.

Secondo il Tribunale del riesame tale condotta non poteva considerarsi sufficiente, atteso che il titolare avrebbe dovuto da un lato non somministrare bevande ai disturbatori e, dall’altro, allertare le forze dell’ordine.

La Suprema Corte, però, non condivide il ragionamento del Tribunale del riesame atteso che ciò presupporre la identificazione dei disturbatori e la efficacia dell’intervento delle forze dell’ordine. Queste ultime, chiamate in precedenza dal gestore, non solo non hanno contravvenzionato alcun avventore, ma il loro intervento non ha costituito alcun valido deterrente.

La Suprema Corte, pertanto, ritiene non proporzionale la misura cautelare del sequestro dell’intero locale e cassa l’ordinanza con rinvio al Tribunale del riesame.

Una breve riflessione.

Il problema degli schiamazzi degli avventori dei locali pubblici è un problema di moda, soprattutto nelle grandi città e nei centri abitati.

E non v’è dubbio che, alle volte, dietro tali situazioni vi possa essere una totale indifferenza dei gestori degli esercizi pubblici i quali nulla fanno per limitare le immissioni rumorose e gli schiamazzi pur di non allontanare la clientela.

Ovviamente non si può fare di tutta l’erba un fascio. Moltissimi sono i gestori che cercano, invece, di mettere “ordine” tra i propri clienti proprio per evitare che uno schiamazzo di troppo possa giustificare l’adozione di un provvedimento di sequestro.

E ciò è proprio quel che è successo nel caso in esame.

Ci troviamo di fronte ad un gestore che, addirittura, aveva collocato dei cartelli al di fuori del locale invitando i clienti a non fare schiamazzi e a non disturbare il riposo delle persone.

Certo, appare peculiare leggere in una sentenza che i diversi interventi delle forze dell’ordine non avevano costituito alcun deterrente non foss’altro perché, in occasione degli interventi sollecitati dal gestore, l’autorità intervenuta sui luoghi non aveva sanzionato alcun avventore.

Nonostante, tali cautele positive messe in atto del gestore, questi si vede notificato un decreto di sequestro preventivo dell’intero locale.

La decisione della Suprema Corte appare abbastanza coerente e precisa. Distingue i rumori verificatisi all’interno del locale rispetto a quelli verificatisi fuori dal locale. Analizza il comportamento del gestore e, alla fine, conclude che il decreto di sequestro preventivo poteva semmai essere adottato esclusivamente avuto riguardo alla musica proveniente dall’interno del locale (e non anche riguardo agli schiamazzi degli avventori all’esterno) ma non poteva riguardare la chiusura dell’intero locale in considerazione del principio di proporzionalità delle misure cautelari. Nella specie, sarebbe bastato il sequestro dell’impianto musicale.

avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)

managing partner at clouvell (www.clouvell.com)

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