Regolamento di condominio: interpretazione, prassi e correttezza

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L’interpretazione di un regolamento di condominio da parte del giudice del merito è insindacabile in sede di legittimità quando non riveli violazione dei canoni di ermeneutica oppure vizi logici.
La norma regolamentare del regolamento di condominio può essere modificata per “facta concludentia” sulla base di un comportamento univoco.
Il controllo sulla gestione condominiale non deve mai risolversi in un intralcio all’amministrazione e, quindi, non può porsi in contrasto con il principio della correttezza, ex art. 1175 c.c.

Lo ha stabilito la Suprema Corte – sezione sesta civile – con ordinanza n. 12579 del 18 maggio 2017

Il caso 

Regolamento di condominio: interpretazione, prassi e correttezza

Regolamento di condominio: interpretazione, prassi e correttezza

Una condomina impugna, articolando tre motivi di ricorso, la sentenza della Corte d’Appello che aveva accolto l’appello proposto dal Condominio, riformato la sentenza del Tribunale e perciò rigettato la domanda di impugnazione della deliberazione assembleare del 19 febbraio 2009.

La sentenza di primo grado

Il Tribunale aveva annullato questa deliberazione dell’assemblea del Condominio a causa del mancato rispetto dell’art. 16 del vigente regolamento condominiale che imponeva all’amministratore di trasmettere copia dei preventivi e dei rendiconti ad ogni condomino almeno dieci giorni prima del giorno fissato per la riunione e di tenere per lo stesso periodo a disposizione dei condomini documenti e giustificativi di cassa.

La sentenza di appello

La Corte di Messina rilevava tuttavia che, dalla prodotta documentazione, si evincesse che tale disposizione fosse stata interpretata dagli amministratori succedutisi nell’ultimo decennio nel Condominio nel senso di fissare nell’avviso di convocazione dell’assemblea un giorno proprio per consentire la visione della contabilità, previo appuntamento con l’amministratore. Ciò l’amministratore nella specie aveva fatto, indicando nell’avviso di convocazione inoltrato il 7 febbraio 2009, relativo all’assemblea del 18/19 febbraio 2009, che il 16 febbraio 2009, dalle ore 16,30 alle ore 18,00, sarebbe stato possibile “visionare la documentazione relativa alla gestione 2008 presso la saletta, previo appuntamento telefonico”.
Risultava, invece, per quanto accertato dalla Corte d’Appello, che la condomina avesse spedito il 17 febbraio 2009 una raccomandata, ricevuta dall’amministratore soltanto il 19 febbraio 2009 (giorno dell’assemblea), con cui chiedeva copia della documentazione. La Corte di appello dichiarava, poi, di non affrontare la questione del conflitto di interessi, non avendo l’appellata riproposto espressamente tale questione, agli effetti dell’art. 346 c.p.c., nelle sue difese.

I motivi di ricorso

Il primo motivo del ricorso denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1129 e 1130 c.c., nonché dell’art. 16 del regolamento condominiale, difetto di motivazione, eccesso di potere e violazione dell’obbligo/diritto d’informazione. Si sostiene che la Corte d’Appello abbia fatto prevalere la prassi invalsa nel Condominio sulle norme del codice civile e del regolamento di condominio che obbligano l’amministratore a trasmettere copia dei consuntivi e dei preventivi prima dell’assemblea di approvazione.
Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1130 e 1130-bis c.c., essendo l’amministratore venuto meno all’obbligo di rendicontazione nelle modalità stabilite dalla disciplina del codice civile e dal regolamento di condominio; si censura anche la motivazione incongrua e contraddittoria e l’eccesso di potere da parte dell’amministratore, facendosi riferimento ai criteri adottati per la ripartizione delle spese di esercizio e di riparazione dell’autoclave e dell’impianto di adduzione dell’acqua.

Entrambi i primi due motivi di ricorso vengono ritenuti in parte inammissibili e per il resto comunque manifestamente infondati.

Secondo i giudici di legittimità, non si comprende dal ricorso quale fosse il contenuto della deliberazione assembleare del 19 febbraio 2009 impugnata ai sensi dell’art. 1137 c.c., quanto, in particolare, ai provvedimenti adottati, che si assumono illegittimi, nella ripartizione delle spese di autoclave e di “quote-acqua”. E’ perciò violato l’onere, incombente a pena di inammissibilità del ricorso sul ricorrente per cassazione che intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., di indicare esattamente nell’atto introduttivo in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione, e di evidenziarne il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nei suoi esatti termini, e ciò con riferimento ai documenti “sui quali il ricorso si fonda”, in quanto onere preordinato, appunto, a consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo, senza dover procedere all’esame dei fascicoli d’ufficio o di parte.

L’interpretazione del regolamento condominiale.

Ancora, per gli Ermellini, le disposizioni contenute in un regolamento di condominio hanno natura regolamentare, organizzativa o contrattuale, sicché l’interpretazione o l’applicazione di esse fatta dal giudice del merito non può essere denunciata in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., come se si trattasse di violazione o falsa applicazione di norme di diritto, per tali intendendosi soltanto quelle risultanti dal sistema delle fonti dell’ordinamento giuridico. L’omesso o errato esame di una disposizione del regolamento di condominio da parte del giudice di merito è, piuttosto, sindacabile in sede di legittimità soltanto per inosservanza dei canoni di ermeneutica oppure per vizi logici sub specie dell’omesso esame di fatto storico decisivo e controverso ex art. 360, n. 5, c.p.c. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1406 del 23/01/2007; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9355 del 14/07/2000).

Tempus regit actum

Il riferimento, poi, come norma violata all’art. 1130-bis c.p.c. non tiene conto che tale disposizione è stata introdotta dalla legge n. 220 del 2012 ed è perciò entrata in vigore il 18 giugno 2013, mentre qui è in discussione la validità di una deliberazione assembleare del febbraio 2009.

Le censure di difetto di motivazione

Per i giudici di piazza Cavour, le censure di difetto di motivazione, o di motivazione incongrua e contraddittoria, neppure tengono conto che trova applicazione il nuovo testo dell’art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., introdotto dal d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modifiche nella legge 7 agosto 2012, n. 134, in base al quale non è più configurabile il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti. La nuova formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. – prosegue la Corte di legittimità – postula la deduzione dell’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).

Secondo i giudici di legittimità, il primo motivo del ricorso non rispetta le previsioni degli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, c.p.c., in quanto il ricorrente non indica il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, limitandosi a denunciare l’omesso esame di elementi istruttori con riguardo a fatti storici comunque presi in considerazione dalla Corte d’Appello (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).

Il principio di diritto richiamato

Secondo gli Ermellini, l’interpretazione di un regolamento di condominio da parte del giudice del merito è insindacabile in sede di legittimità quando non riveli violazione dei canoni di ermeneutica oppure vizi logici (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 17893 del 31/07/2009).

L’interpretazione del regolamento di condominio da parte del giudice di merito.

Ora – proseguono i giudici di piazza Cavour – a proposito di tale art. 16 del regolamento condominiale (che imponeva all’amministratore di trasmettere copia dei preventivi e dei rendiconti ad ogni condomino almeno dieci giorni prima del giorno fissato per la riunione e di tenere per lo stesso periodo a disposizione dei condomini documenti e giustificativi di cassa), la Corte di Messina ha accertato che lo stesso avesse avuto pratica attuazione da parte dagli amministratori succedutisi nel Condominio nell’ultimo decennio nel senso di fissare nell’avviso di convocazione dell’assemblea una data, da concordare, finalizzata a consentire la visione della contabilità, prassi rispettata anche con riguardo all’assemblea del 18/19 febbraio 2009. Trattandosi di prescrizione di contenuto organizzativo, ovvero propriamente “regolamentare”, del regolamento di condominio (e, non quindi, di contenuto contrattuale, ovvero incidente sulla proprietà dei beni comuni o esclusivi), ha certamente rilievo a fini interpretativi, ai sensi dell’art. 1362, comma 2, c.c., anche il comportamento posteriore al medesimo regolamento avuto dai condomini, così com’è ammissibile che la stessa norma regolamentare venga modificata per “facta concludentia”, sulla base di un comportamento univoco.

Il controllo sulla gestione condominiale non deve mai risolversi in un intralcio all’amministrazione.

D’altro canto – ribadisce la Cassazione – se è vero che l’art. 1129, comma 2, c.c., dopo la Riforma introdotta con la legge n. 220 del 2012, prevede ora espressamente che l’amministratore debba comunicare il locale dove si trovano i registri condominiali, nonché i giorni e le ore in cui ogni interessato, previa richiesta, possa, appunto, prenderne gratuitamente visione e ottenere, previo rimborso della spesa, copia firmata, è anche costante, e meritevole tuttora di conferma, l’orientamento di questa Corte secondo cui la vigilanza ed il controllo, esercitati dai partecipanti essenzialmente, ma non soltanto, in sede di rendiconto annuale e di approvazione del bilancio da parte dell’assemblea, non devono mai risolversi in un intralcio all’amministrazione, e quindi non possono porsi in contrasto con il principio della correttezza, ex art. 1175 c.c. (Cass. Sez. 2, 21 settembre 2011, n. 19210; Cass. Sez. 2, 29 novembre 2001, n. 15159; Cass. Sez. 2, 19 settembre 2014, n. 19799). In tal senso, l’interpretazione che la Corte di Messina ha adottato dell’art. 16 del Regolamento appare logicamente coerente con l’esigenza di obbligare l’amministratore a predisporre un’organizzazione che consenta ai condomini il diritto di accedere alla documentazione contabile in vista della consapevole partecipazione all’assemblea condominiale, senza però che l’esercizio di tale facoltà paralizzi il normale svolgersi dell’attività di gestione condominiale.
Da qui il rigetto del ricorso.

Una breve riflessione

Interessante sentenza quella in rassegna. Intanto perché spiega i confini dell’interpretazione del regolamento di condominio ed il tipo di vizi che è possibile dedurre innanzi la Corte di legittimità da parte di chi eccepisca una violazione sotto il profilo ermeneutico.
Una interpretazione, per l’appunto, riservata ai giudici di merito e, come tale, insindacabile qualora “non riveli violazione dei canoni di ermeneutica oppure vizi logici”.
Interessante, poi, il richiamo al principio in forza del quale la norma regolamentare del regolamento di condominio possa essere modificata per “facta concludentia” sulla base di un comportamento univoco. Ciò era accaduto proprio nel caso in esame laddove il comportamento succedutosi nel tempo dei vari amministratori, ed accettato da tutti i condomini, è “prevalso” sul tenore letterale del regolamento condominiale che, ad un certo punto, uno (e solo uno) dei condomini ha preteso fosse seguito.
Come logico corollario di tale interpretazione, la Suprema Corte conclude affermando che il controllo sulla gestione condominiale non deve mai risolversi in un intralcio all’amministrazione e, quindi, non può porsi in contrasto con il principio della correttezza, ex art. 1175 c.c.

avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)
managing partner at clovuell (www.clouvell.com)

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