L’Organismo di vigilanza ex d.lvo 231/2001 e sua funzione di compliance in materia antiriciclaggio (cenni). Obblighi informativi e responsabilità per omesso impedimento del reato (cenni)

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L’organismo di vigilanza ex D. L.vo 231/2001 vigila sul funzionamento e l’osservanza del modello 231, ne cura l’aggiornamento ed è dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo.
Il decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 (in Suppl. ordinario n. 268 alla Gazz. Uff., 14 dicembre, n. 290) emanato in attuazione della direttiva 2005/60/CE disciplina invece la prevenzione dell’utilizzo del sistema concernente la prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo nonché della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione. (ANTIRICICLAGGIO).
I due provvedimenti normativi, che recano, per puro caso, lo stesso numero anche se di anno diverso, hanno in realtà diverse aree comuni.
L’organismo di vigilanza ex d.lvo 231 del 2001 assolve innanzitutto ad una funzione di compliance.
Stabilisce difatti l’art. 52 del D.lvo 231/2007, rubricato “Organi di controllo” che “1. Fermo restando quanto disposto dal codice civile e da leggi speciali, il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza, il comitato di controllo di gestione, l’organismo di vigilanza di cui all’articolo 6, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e tutti i soggetti incaricati del controllo di gestione comunque denominati presso i soggetti destinatari del presente decreto vigilano, ciascuno nell’ambito delle proprie attribuzioni e competenze, sull’osservanza delle norme in esso contenute.
L’Organismo di Vigilanza ha i seguenti principali compiti:
assicurarsi che il Modello Organizzativo sia coerente con le norme del D lgs 231/2001 e con le linee guida
verificare che il Modello Organizzativo sia nel tempo aggiornato in relazione alle novità normative e organizzative;
vigilare affinché il Modello Organizzativo sia osservato.

COMPLIANCE RISK
Per compliance risk si intende il rischio di perdite, sanzioni o di ricadute reputazionali per il mancato rispetto di norme di etero e di autoregolamentazione e ricomprende, pertanto, al suo interno, il rischio di compimento di illeciti previsti nel D.lgs. 231/2001 e nel D.lgs. 231/2007.

LE DUE 231
Dunque, l’organismo di vigilanza ex D.lgs. 231/2001 si intreccia con il D.lgs 231/2007 in materia di Antiriciclaggio. Ciò in quanto gli illeciti antiriciclaggio sono compresi nel D.lgs.231/2001 (art. 25 octies).
L’Organismo di Vigilanza è anch’esso tenuto a vigilare sulle norme antiriciclaggio e alle relative segnalazioni.
Inoltre, sussiste una sostanziale coincidenza tra i due decreti legislativi 231 nell’approccio organizzativo in quanto, per entrambi, le regolamentazioni prevedono che assetti di governance efficaci costituiscono la condizione per mitigare il rischio di comportamenti illeciti.

OBBLIGHI INFORMATIVI DELL’O.D.V. OBBLIGHI INFORMATIVI DELL’O.D.V.
IN MATERIA ANTIRICICLAGGIO
Gli organi e i soggetti di cui al comma 1 (art.52 D.Lgs. 231/2007):
a) comunicano, senza ritardo, alle autorità di vigilanza di settore tutti gli atti o i fatti di cui vengono a conoscenza nell’esercizio dei propri compiti, che possano costituire una violazione delle disposizioni emanate ai sensi dell’articolo 7, comma 2;
b) comunicano, senza ritardo, al titolare dell’attività o al legale rappresentante o a un suo delegato, le infrazioni alle disposizioni di cui all’articolo 41 di cui hanno notizia;
c) comunicano, entro trenta giorni, al Ministero dell’economia delle finanze le infrazioni alle disposizioni di cui all’articolo 49, commi 1, 5, 6, 7, 12,13 e 14 e all’articolo 50 di cui hanno notizia;
d) comunicano, entro trenta giorni, alla autorita’ di vigilanza di settore le infrazioni alle disposizioni contenute nell’articolo 36 di cui hanno notizia.

NULLUM CRIMEN SINE LEGE
Sussistono problematiche sulla responsabilità dei componenti l’O.D.V. per omesso impedimento del reato.
L’art. 57 comma 4° d.gls.231/2007 recita: “, Salvo che il fatto costituisca reato, l’omessa segnalazione di operazioni sospette è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria dall’1 per cento al 40 per cento dell’importo dell’operazione non segnalata. (…)”.

MA E’ PROPRIO COSI? IN CLARIS NON FIT INTERPRETATIO.
Sembrerebbe che la omessa segnalazione non costituisca reato in quanto è punita a titolo di sanzione amministrativa.
Ma forse… l’eccezione conferma la regola. Difatti, proprio l’eccezione potrebbe porre dei problemi in quanto la condotta prevista e punita a titolo di sanzione amministrativa potrebbe costituire reato.
Sul punto si osserva che l’art. 3 comma 1° D.gls. 231/2007 recita: “Le misure di cui al presente decreto si fondano anche sulla collaborazione attiva da parte dei destinatari delle disposizioni in esso previste, i quali adottano idonei e appropriati sistemi e procedure in materia di obblighi di adeguata verifica della clientela, di segnalazione delle operazioni sospette, di conservazione dei documenti, di controllo interno, di valutazione e di gestione del rischio, di garanzia dell’osservanza delle disposizioni pertinenti e di comunicazione per prevenire e impedire la realizzazione di operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo. Essi adempiono gli obblighi previsti avendo riguardo alle informazioni possedute o acquisite nell’ambito della propria attività istituzionale o professionale.
Dunque l’O.D.V. deve adottare sistemi e procedure che siano:
1. appropriati,
2. idonei
in modo da
3. prevenire
4. impedire la commissione dei reati in materia di riciclaggio.
Non v’è chi non veda, in definitiva, come ci troviamo di fronte ad una posizione di “garanzia” dell’O.D.V.
Dal suo canto, l’art. 40 comma 2° codice penale stabilisce che “Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”.
Ed allora, se l’O.D.V. omette l’adempimento degli obblighi discendenti dalla legge 231/2007 (omissione insufficienza di segnalazioni, mancata adozione di sistemi e procedure appropriate e idonee, ecc,), e, attraverso tale condotta omissiva, terzi soggetti consumano i reati di riciclaggio, i componenti l’O.D.V. potrebbero essere chiamati a rispondere dei medesimi reati a titolo di reato commissivo per omissione (in concorso) (art.40/2° c.p. e art.110 c.p.).

ARGOMENTI A SOSTEGNO
Proprio la riserva “salvo che il fatto costituisca reato” lascia propendere per tale ultima interpretazione.
Difatti, non tutte le omissioni o insufficienti segnalazioni potrebbero comportare la commissione di un reato di riciclaggio da parte di terzi (e rimarrebbero confinate, solo in tale ipotesi, nell’alveo delle sanzioni amministrative)

IN CONCLUSIONE
Non si può mai prevedere, ex ante, se la condotta omessa avrà o meno anche una rilevanza penale o resterà confinata nell’alveo del comportamento rilevante sotto il profilo amministrativo. E ciò rende ancor più delicato e complicato il ruolo e la funzione dei componenti gli organi di vigilanza per i diversi risvolti che l’una e l’altra ipotesi potrebbero avere anche sotto il profilo delle responsabilità nei confronti dell’Ente controllato e dei terzi.

Avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)
managing partner at clouvell (www.clouvell.com)

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