La procura speciale nel giudizio civile di cassazione: un inutile formalismo.

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In sede civile, affinchè il difensore possa validamente instaurare il giudizio di cassazione, deve essergli rilasciata una procura speciale la quale, se non è contenuta a margine o in calce del ricorso o controricorso, deve necessariamente essere rilasciata in epoca anteriore alla notificazione del ricorso (o del controricorso contenente il ricorso incidentale); deve investire il difensore espressamente del potere di proporre ricorso per cassazione; deve essere rilasciata in epoca successiva alla sentenza oggetto dell’impugnazione.

La procura speciale nel giudizio civile di cassazione: un inutile formalismo.

La procura speciale nel giudizio civile di cassazione: un inutile formalismo.

Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione civile – sezione seconda – con sentenza numero 6000 del 2015.

Con la sentenza citata la Suprema Corte affronta il tema della procura speciale necessaria per la proposizione del ricorso per cassazione. E, nella specie, dichiara il ricorso inammissibile per difetto di procura speciale.

Perché nella fattispecie in esame la procura speciale non è valida.

L’avvocato  dei ricorrenti agisce in virtù di procura speciale conferitagli a margine dell’atto di appello, espressamente estesa al giudizio per cassazione.

Una siffatta procura non è valida per la proposizione del ricorso per cassazione.

Secondo la Suprema Corte, difatti, “nel giudizio di cassazione la procura speciale non può essere rilasciata a margine o in calce ad atti diversi dal ricorso o dal controricorso, stante il tassativo disposto dell’art. 83, 3° co., c.p.c., che implica la necessaria esclusione dell’utilizzabilità di atti diversi da quelli suindicati”.

Cosa deve contenere la procura speciale se non è rilasciata contestualmente a tali atti (ricorso o controricorso).

Secondo la Suprema Corte, qualora la procura speciale  non sia rilasciata contestualmente al ricorso o al controricorso,  è necessario il suo conferimento nella forma prevista dal 2° co. dello stesso articolo, cioè con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, facenti riferimento agli elementi essenziali del giudizio, quali l’indicazione delle parti e della sentenza impugnata (cfr. Cass. sez. un. (ord.) 12.6.2006, n. 13537; cfr. Cass. 20.9.2004, n. 18853), secondo cui la procura per il ricorso per cassazione ha, ex art. 365 c.p.c., carattere necessariamente speciale, dovendo riguardare ex professo il giudizio di legittimità, sulla base di una specifica valutazione della sentenza da impugnare.

Quando la procura speciale è idonea a legittimare la proposizione del ricorso per cassazione.

Prosegue la Suprema Corte affermando che “è inammissibile il ricorso incidentale, sottoscritto da un avvocato in forza di una procura generale alle liti, peraltro rilasciata in data anteriore alla pronuncia impugnata”.

Difatti, secondo Cass. sez. lav. 13.9.2006, 19560, “ai fini dell’ammissibilità del ricorso (o del ricorso incidentale) per cassazione, sotto il profilo della sussistenza della procura speciale in capo al difensore iscritto nell’apposito albo” sono essenziali tre requisiti:

  1. che la procura sia rilasciata in epoca anteriore alla notificazione del ricorso (o del controricorso contenente il ricorso incidentale);
  2. che essa investa il difensore espressamente del potere di proporre ricorso per cassazione;
  3. che sia rilasciata in epoca successiva alla sentenza oggetto dell’impugnazione.

Perché la procura rilasciata a margine del ricorso (o del controricorso) soddisfa sempre tali requisiti.

Secondo la Suprema Corte, la procura rilasciata a margine del ricorso (o del controricorso) soddisfa tali requisiti, quanto al primo, dall’essere stata la procura trascritta nella copia notificata del ricorso (o del controricorso); quanto al secondo ed al terzo, dalla menzione che, nell’atto a margine del quale la procura figura apposta, si fa della sentenza gravata.

Una breve riflessione

Da un punto di vista teorico, la ratio legis della norma che prevede la necessità della procura speciale per la proposizione del ricorso per cassazione appare condivisibile. La Suprema Corte, con la sentenza in commento scrive che “la procura per il ricorso per cassazione ha, ex art. 365 c.p.c., carattere necessariamente speciale, dovendo riguardare ex professo il giudizio di legittimità, sulla base di una specifica valutazione della sentenza da impugnare”.

Ma, da un punto di vista pratico, tale disposizione normativa si rivela priva di reale valore ed utilità. Anzi, sembra essere una disposizione (e la connessa interpretazione) posta a “falcidiare” determinati ricorsi per carenza di un profilo formale richiesto ex lege.

Vediamo il perchè.

L’ordinamento prevede che la parte non possa stare in giudizio personalmente (se si eccettuano determinate ipotesi previste per legge) e che deve, necessariamente, farsi rappresentare e difendere da un avvocato iscritto all’albo.

La regola della necessarietà di essere assistiti e rappresentati da un “organo tecnico” riposa proprio nel fatto che solo un soggetto qualificato, che ha seguito un percorso di studi e che ha superato un esame di abilitazione, possa valutare la migliore difesa nell’interesse del proprio assistito.

Esaurito il secondo grado di giurisdizione, la legislazione richiede un quid pluris: il difensore che propone il ricorso o resiste al ricorso di controparte deve essere iscritto in uno speciale albo dei difensori abilitati alla difesa innanzi le giurisdizioni superiori.

Si tratta di avvocati che hanno dimostrato di aver compiuto un determinato percorso professionale ovvero che hanno sostenuto uno specifico ed ulteriore esame di abilitazione.

In altre parole, il legislatore ha voluto che per la proposizione del ricorso per cassazione, la relativa valutazione non potesse essere rimessa ad un avvocato “qualunque”, ma solo ad un avvocato al quale viene riconosciuta una certa esperienza e competenza, il quale saprà valutare se proporre o meno il ricorso di legittimità.

E la valutazione da compiersi è una valutazione davvero difficile, in quanto implica la scelta tra più soluzioni di carattere squisitamente tecnico-giuridico.

Ecco che, allora, non si comprende perché la Suprema Corte scriva che “la procura per il ricorso per cassazione ha, ex art. 365 c.p.c., carattere necessariamente speciale, dovendo riguardare ex professo il giudizio di legittimità, sulla base di una specifica valutazione della sentenza da impugnare”.

Difatti, tale valutazione non la fa certo la parte ma il difensore (patrocinante in cassazione). La parte dovrà solo sottoscrivere un foglio al termine di un colloquio con il difensore che gli avrà illustrato gli svantaggi ed i vantaggi derivanti dalla instaurazione del giudizio di legittimità.

Stabilire che la procura apposta a margine o in calce del ricorso o del controricorso sia da considerarsi necessariamente speciale in quanto essa è stata rilasciata dopo l’emissione della sentenza impugnata e prima della notificazione del ricorso,  significa disconoscere che, nella prassi, può accadere che il cliente sottoscriva una procura  a margine senza che nella parte centrale del foglio sia ancora inserito il testo del ricorso. Quella parte centrale del ricorso sarà inserita dall’avvocato sulla base dell’accordo tra il medesimo ed il cliente, ma può darsi, anzi capita, che il cliente la firmi prima della predisposizione vera e proprio del ricorso. La procura a margine, storicamente, nasce proprio dalla necessità di consentire all’avvocato di poter redigere il ricorso dopo il rilascio della procura da parte del cliente, cosa che sarebbe stato difficile fare nel caso di procura in calce.

Ed allora, nei fatti, qualunque procura  a margine potrebbe diventare una procura speciale per il ricorso per cassazione. E ciò sulla base di un legittimo accordo cliente-avvocato, ma non si può certamente sostenere che essa sia stata rilasciata dopo l’emissione della sentenza e prima della notificazione del ricorso.

Ed allora, se la valutazione della proposizione del ricorso per cassazione è rimessa all’avvocato cassazionista, l’attuale impianto normativo e la connessa (pur corretta) interpretazione della Suprema Corte sembrano, più che altro, dei meri formalismi atti a creare delle “trappole”, come è successo nel caso in esame.

avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)

managing partner at clouvell (www.clouvell.com)

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