Espropriazione per pubblica utilità e dies a quo del termine di prescrizione del danno

Download PDF

In tema di espropriazione per pubblica utilità, il dies a quo del termine di prescrizione del danno (da illecito istantaneo con effetti permanenti) inizia a decorrere non dalla data dell’irreversibile trasformazione (o se antecedente dalla scadenza del periodo dell’occupazione legittima), ma dal momento in cui l’azione dell’Amministrazione venga o possa essere percepita dal proprietario come danno ingiusto ed irreversibile. In tale ipotesi, la prova del relativo dato incombe sull’Amministrazione stessa.

Lo ha stabilito la Suprema Corte di cassazione – sezione prima civile – con sentenza n. 17336 del 31 agosto 2015

Espropriazione per pubblica utilità e dies a quo del termine di prescrizione del danno

Espropriazione per pubblica utilità e dies a quo del termine di prescrizione del danno

Il caso

Con sentenza del 20/12/1995-5/1/1996, il Tribunale di Patti condannò un Comune della costa tirrenica al risarcimento del danno da occupazione appropriativa subìto da una società di capitali per la perdita di proprietà della porzione del suo fondo, irreversibilmente trasformata a strada pubblica ed a parcheggio. Il Tribunale rigettò l’eccezione di prescrizione, e ravvisò i presupposti per la liquidazione del danno richiesto, in ragione del valore venale del terreno.

Il gravame dal Comune fu, in parte, accolto dalla Corte d’Appello di Messina, ma la relativa decisione fu cassata, con sentenza n. 15949 del 2005, dalla Suprema Corte, che rilevò l’intervenuta formazione del giudicato interno sulla qualificazione come “appropriativa” dell’occupazione effettuata dal Comune, con conseguente necessità di individuare il dies a quo del termine di prescrizione.

Giudicando in sede di rinvio, la Corte messinese ritenne prescritta la domanda, proposta nel 1988, evidenziando che, in difetto di occupazione legittima, il termine iniziale del relativo quinquennio andava individuato nell’irreversibile trasformazione dell’area, intervenuta nell’anno 1979, con conseguente tardività dell’azione.

Per la cassazione della sentenza, ha proposto ricorso la società, affidato ad un mezzo, successivamente illustrato da memoria, al quale il Comune ha resistito con controricorso.

I motivi di ricorso

Col proposto ricorso, deducendo la violazione di norme di diritto, la ricorrente lamenta che la Corte territoriale non aveva tenuto conto che il dies a quo della prescrizione andava individuato, in base allo jus superveniens “non più dalla irreversibile trasformazione del suolo per la realizzazione dell’opera pubblica, ma, dalla data di entrata in vigore del DPR n. 327 del 2001”, il cui art. 43, applicabile anche per le fattispecie pregresse, esclude che l’Amministrazione diventi proprietaria di un bene in assenza di un titolo previso dalla legge, con perdurante sussistenza del diritto di proprietà e conseguente irrilevanza della data in cui si è realizzata l’opera pubblica.

Perché la Corte di cassazione accoglie il ricorso

Per gli Ermellini, l’art. 43 del DPR n. 327 del 2001, che aveva dettato una prima regolamentazione dell’acquisizione sanante nell’ambito di un sistema organico di norme destinato a superare l’istituto dell’occupazione acquisitiva, è stato dichiarato l’illegittimo, per eccesso di delega, con sentenza n. 293 del 2010 della Corte costituzionale. Inoltre, l’art. 42 bis, introdotto, per colmare il vuoto, col D.L. n. 98 del 2011, art. 34, co 1, convertito con la L n. 111 del 2011, è inapplicabile ai fatti anteriori alla data del 30 giugno 2003 di entrata in vigore del menzionato DPR n. 327 (cfr. al riguardo, Cass. SU n. 735 del 2015)

La sentenza n.15949 del 2005 della Suprema Corte

Come già rilevato dalla Suprema Corte con la precedente sentenza n. 15949 del 2005, nella fattispecie in esame, sulla qualificazione della domanda in termini di occupazione appropriativa (piuttosto che usurpativa) si è formato il giudicato, avendo in tal senso statuito il Tribunale senza che sul punto fosse stato proposto appello, ragion per cui è stato demandato al giudice del rinvio l’accertamento sulla decorrenza della prescrizione.

Il “tramonto” dell’istituto dell’occupazione acquisitiva come titolo di acquisto della proprietà in capo all’amministrazione.

Sempre nella fattispecie, la questione dell’intervenuta acquisizione a titolo originario del bene, già di proprietà del ricorrente, in capo al Comune (logicamente incompatibile con l’invocata acquisizione sanante) per effetto dell’occupazione e della manipolazione del bene stesso non può, in conclusione – per i giudici della Suprema Corte – esser più posta in discussione, considerazione che rende inapplicabile nella specie il diverso principio, affermato dalle SU della Suprema Corte con la sentenza 735 del 2015, che, in ossequio alla giurisprudenza dalla Corte EDU secondo cui l’espropriazione deve sempre avvenire in “buona e debita forma”, ha messo al bando l’istituto dell’occupazione acquisitiva come titolo di acquisto della proprietà in capo all’Amministrazione (considerandolo alla stregua di un illecito permanente di diritto comune).

Il dies a quo del termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno.

Per i giudici di piazza Cavour, tuttavia, l’esigenza di superare i punti di criticità della disciplina dell’istituto dell’occupazione acquisitiva rispetto all’art. 1 del protocollo addizionale alla Convenzione EDU come interpretato dalla Corte di Strasburgo (tra le tante, le sentenze Carbonara & Ventura c. Italia, 30 maggio 2000; Scordino c. Italia, 15 e 29 luglio 2004; Acciardi c. Italia, 19 maggio 2005; De Angelis c. Italia, 21 dicembre 2006; Pasculli c. Italia, 4 dicembre 2007), ha indotto i medesimi giudici (Cass. n. 8965 del 2014) a fissare il condivisibile principio secondo cui il dies a quo del termine di prescrizione del danno (da illecito istantaneo con effetti permanenti) inizia a decorrere non dalla data dell’irreversibile trasformazione (o se antecedente dalla scadenza del periodo dell’occupazione legittima), ma dal momento in cui l’azione dell’Amministrazione venga o possa essere percepita dal proprietario come danno ingiusto ed irreversibile, e che la prova del relativo dato incombe sull’Amministrazione stessa.

Una breve riflessione

La sentenza in rassegna è davvero interessante in quanto ribadisce, rafforzandolo, il principio espresso con la nota sentenza della Suprema Corte n.735/2015.

Nella fattispecie in esame, la Corte di legittimità ha rilevato che si era formato il giudicato sulla cd. occupazione appropriativa (piuttosto che usurpativa). Ciononostante, i giudici di piazza Cavour hanno ribaltato la decisione del giudice di merito che aveva ritenuto prescritta la domanda volta ad ottenere il risarcimento.

Per pervenire alla cassazione della sentenza impugnata, gli Ermellini cercano di superare il “conflitto” tra l’istituto della occupazione acquisitiva (ormai bandito dalla recente giurisprudenza ma valevole nella fattispecie in esame in virtù del citato giudicato) rispetto all’art. 1 del protocollo addizionale alla Convenzione EDU come interpretato dalla Corte di Strasburgo.

E la soluzione ermeneutica qual è?

Per la Suprema Corte, il dies a quo del termine di prescrizione del danno, trattandosi di illecito istantaneo con effetti permanenti, non può decorrere dalla data dell’irreversibile trasformazione (o se antecedente dalla scadenza del periodo dell’occupazione legittima), ma dal (diverso) momento in cui l’azione dell’Amministrazione venga o possa essere percepita dal proprietario come danno ingiusto ed irreversibile.

Una soluzione equa e giusta che evita ai tanti proprietari oggetto di espropriazioni illegittime e che hanno fatto affidamento nel pagamento da parte dell’ente espropriante di rimanere beffati.

avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)

managing partner at clouvell (www.clouvell.com)

 

Download PDF