Equa riparazione ed omessa notifica del decreto di fissazione udienza

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In materia di equa riparazione per durata irragionevole del processo, il termine per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza alla controparte non è perentorio, non essendo previsto espressamente dalla legge: ne consegue che il giudice, nell’ipotesi di omessa o inesistente notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza, può, in difetto di spontanea costituzione del resistente, concedere al ricorrente un nuovo termine, avente carattere perentorio, entro il quale rinnovare la notifica.

Lo ha ribadito la Suprema Corte di Cassazione – sezione seconda civile – con sentenza n.9883 del 14 maggio 2015.

Equa riparazione ed omessa notifica del decreto di fissazione udienza

Equa riparazione ed omessa notifica del decreto di fissazione udienza

Il caso

Un soggetto incoava un giudizio per equa riparazione conseguente al mancato rispetto del termine di durata ragionevole del processo presupposto.

La Corte di appello adita, territorialmente competente, dichiarava improcedibile il ricorso rilevando che la parte ricorrente non aveva provveduto, nel termine assegnato, alla notificazione del ricorso introduttivo e del decreto con il quale era stata fissata l’udienza.

Da qui il ricorso per cassazione.

Il motivo del ricorso.

Il ricorrente, con l’unico motivo (violazione o falsa applicazione degli artt. 3, comma 4, della legge n. 89 del 2001, 154 cod. proc. civ. e 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo) si duole che la Corte d’appello abbia dichiarato improcedibile il ricorso per equa riparazione, depositato nel rispetto del termine di decadenza, in conseguenza dell’omessa notifica alla controparte unitamente al decreto di fissazione dell’udienza di comparizione delle pari.

Perché la Corte di Cassazione accoglie il ricorso.

E gli Ermellini danno ragione al ricorrente richiamando il principio elaborato dalla Corte a sezioni unite con sentenza 12 marzo 2014, n. 5700 secondo cui “in materia di equa riparazione per durata irragionevole del processo, il termine per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza alla controparte non è perentorio, non essendo previsto espressamente dalla legge: ne consegue che il giudice, nell’ipotesi di omessa o inesistente notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza, può, in difetto di spontanea costituzione del resistente, concedere al ricorrente un nuovo termine, avente carattere perentorio, entro il quale rinnovare la notifica”.

Una breve riflessione

Va innanzitutto premesso che il principio espresso e ribadito dalla Suprema Corte si applica alle ipotesi, precedenti la attuale riformulazione del testo normativo della legge n.89/2001, secondo cui la domanda per equa riparazione si introduceva con ricorso, cui faceva seguito la emissione di un decreto di fissazione di udienza camerale che veniva notificato alla controparte nei termini assegnati dalla Corte.

Cionondimeno, il principio sarà applicabile anche alle ipotesi di fissazione dell’udienza a seguito della opposizione ex art. 5-ter legge n°89/2001, ipotesi tuttora vigente.

Ciò detto, però, non possiamo non rilevare come il principio elaborato dalla Corte di cassazione a sezioni unite, che ha segnato il solco su cui si sta muovendo la giurisprudenza successiva, seppure corretto da un punto di vista strettamente giuridico, sia in antitesi con i principi di ragionevole durata del processo e di divieto di abuso del processo.

Da più di un decennio assistiamo ad una copiosa giurisprudenza in tema di nullità della notificazione e di inesistenza della notificazione; la Suprema Corte ci ha “insegnato” la differenza tra nullità ed inesistenza della notificazione, facendo conseguire all’una o all’altra conseguenze giuridiche distinte. Giacchè, una notificazione inesistente, si diceva, non può essere sanata, contrariamente a quella affetta da semplice nullità.

In altre parole, il legislatore prima e la giurisprudenza dopo, nel corso degli anni, hanno voluto sanzionare il comportamento, colpevole per così dire, di chi omette di effettuare una notifica, rispetto al comportamento (incolpevole) di chi una notifica effettua, notifica che però non si perfeziona.

Ed il principio sembrava abbastanza chiaro.

Con la sentenza a sezioni unite, richiamata dalla sentenza oggetto di commento, invece, viene concessa la possibilità di richiedere ed ottenere un nuovo termine (questa volta di natura perentoria) non solo per poter rieseguire una notifica nulla (il che non avrebbe costituito una novità) quanto piuttosto per poter eseguire (per la prima volta) una notifica che non è mai stata nemmeno richiesta.

Ciò, tra l’altro, comporta una dilatazione dei tempi processuali ed è quasi paradossale che una vicenda come quella oggetto di esame sia inserita nell’alveo delle norme che disciplinano i ricorsi per equa riparazione da lungaggini giudiziarie.

Sistema interpretativo e normativo affetti da incoerenza ove solo si osservi che a mente dell’articolo 5 della legge 89/2001 “il decreto diventa inefficace qualora la notificazione non sia eseguita nel termine di trenta giorni dal deposito in cancelleria del provvedimento e la domanda di equa riparazione non puo’ essere piu’ proposta”.

Dunque, l’orientamento della Suprema Corte, ove sia dettato per “favorire” il ricorrente, si pone in contrasto con lo spirito della norma che invece prevede delle inderogabili scansioni temporali dettate a pena di inefficacia del decreto e di non riproponibilità del ricorso.

Sembrerebbe dunque che:

  • Nel regime ante novella 2012, qualora il ricorrente non abbia notificato nei termini il ricorso ed il decreto, potrà richiedere un nuovo termine alla Corte;
  • Nel regime post novella 2012, qualora il ricorrente non abbia notificato nei termini il ricorso ed il decreto, questo perderà irrimediabilmente efficacia, ed al ricorrente sarà inibito presentare un nuovo ricorso;
  • Nel regime post novella 2012, qualora il ricorrente proponga opposizione al decreto che ha deciso sul ricorso, ai sensi dell’articolo 5-ter della legge, potrà (non vi è motivo di ritenere il contrario) beneficiare dell’orientamento della Suprema Corte e, quindi, in caso di omessa notifica, richiedere alla Corte un nuovo termine per l’incombente.

Una normativa che pecca di linearità e coerenza.

avv. Filippo Pagano (f.pagano@clovuell.com)

managing partner at clouvell (www.clouvell.com)

 

 

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