Corte di Cassazione – sezione terza civile – sentenza n. 14665 del 14 luglio 2015

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

(Omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, convenne innanzi al Tribunale di Trento (Omissis), titolare della ditta individuale (Omissis), chiedendone la condanna al pagamento della somma di euro 144.404,52, pari ai danni da essa subiti per la perdita della merce oggetto di un trasporto internazionale da Barcellona all’Albania.

Premesso di agire quale cessionaria del credito vantato dal destinatario (Omissis), espose l’attrice, a sostegno della domanda, che nel novembre del 2005 la società (Omissis) aveva incaricato la ditta (Omissis) di trasferire dei capi di abbigliamento dalla Spagna a Tirana, ove era ubicata l’impresa alla quale il carico era diretto; che tuttavia il 26 novembre 2005 il conducente dell’autoarticolato

aveva denunciato ai Carabinieri di S. Michele all’Adige il furto della mercanzia, avvenuto in un’area di servizio dell’autostrada.

Resistette il convenuto, segnatamente deducendo che incaricata del trasporto non era (Omissis) ma (Omissis), della quale (Omissis) era socio.

Il giudice adito rigettò la domanda, ritenendo fondata l’eccezione di difetto di titolarità passiva del rapporto dedotto in giudizio in capo al convenuto.

Con la sentenza ora impugnata, depositata in data 13 maggio 2011, la Corte d’appello di Trento ha respinto il gravame proposto dalla società attrice.

Il ricorso di (Omissis) è affidato a tre motivi.

Non si è difeso l’intimato.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 Nel motivare il suo convincimento il giudice di merito ha osservato quanto segue: a) la lettera di vettura indicava, quale unico vettore, (Omissis), della quale il convenuto era socio; b) nella stessa veniva precisato che il trasporto era sottoposto, nonostante eventuali clausole contrarie, alla Convenzione di Ginevra relativa al contratto internazionale delle merci su ruota, c.d. CMR, approvata con legge 6 dicembre 1960, n. 1621 e poi, a seguito di talune modifiche, con legge 27 aprile 1982, n. 242; c) il richiamo comportava che il rapporto doveva intendersi disciplinato dalla sola Convenzione, con esclusione di qualsivoglia altra normativa; d) l’art. 3 di tale atto dispone che “il vettore risponde, come se fossero propri, degli atti e delle omissioni dei suoi dipendenti e di tutte le altre persone dei cui servizi si avvale per l’esecuzione del trasporto”; e) nella fattispecie (Omissis), titolare della ditta (Omissis), da qualificarsi subvettore, era carente di legittimazione passiva; f) le prove offerte da parte attrice al fine di dimostrare che il vettore non era la società (Omissis), il convenuto, non potevano essere ammesse, perché l’art. 9 della Convenzione consentiva di fornire la prova contraria, rispetto a quanto risultante dalla lettera di vettura, ma limitatamente alle “condizioni del contratto” e al “ricevimento della merce”, laddove nella fattispecie la contestazione riguardava l’individuazione di una delle parti contraenti.

2.1 Di tale decisione si duole quindi il ricorrente che, con il primo motivo di ricorso, lamenta, ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 6, paragrafo primo, lett. K della Convenzione di Ginevra, secondo cui la lettera di vettura deve contenere l’indicazione che, nonostante qualsiasi, contraria clausola, il trasporto é da essa disciplinato.

Le critiche si appuntano, in particolare, contro l’affermazione del giudice di merito secondo cui l’inserimento di tale disposizione nella lettera di vettura comporterebbe l’applicabilità, in via esclusiva, della disciplina comunitaria al contratto di trasporto laddove, secondo l’esponente, la menzionata previsione non escluderebbe affatto che la normativa nazionale sia applicabile per complementare, integrare e colmare le lacune della CMR.

2.2 Con il secondo mezzo l’impugnante denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 4 e 9 CMR, secondo cui una eventuale irregolarità della lettera di vettura non pregiudica né l’esistenza, né la validità del contratto di trasporto, che resta sottoposto alle disposizioni della Convenzione.

Sostiene che nella fattispecie incaricato del trasporto era (Omissis) e che per un mero errore materiale nella lettera di vettura era stato indicato come vettore la ditta albanese (Omissis), della quale il convenuto aveva solo noleggiato il veicolo. Evidenzia quindi che nel giudizio di gravame l’appellante aveva richiamato la documentazione in atti dimostrativa di siffatta svista, ma la Corte d’appello aveva respinto la censura, erroneamente escludendo che l’effettiva identità del vettore rientrasse tra le condizioni del contratto suscettibili di prova contraria ex art. 9 CMR.

E invece dai documenti prodotti, inerenti alla denuncia del furto e ai contatti intercorsi con Toro Assicurazioni, emergeva in maniera inconfutabile che il vettore effettivo era (Omissis).

2.3 Con il terzo motivo si deduce violazione degli artt. 3 e 13, comma 1, CMR, secondo cui, in caso di accertata perdita della merce, il destinatario è autorizzato a far valere in suo nome, nei confronti del vettore, i diritti derivanti dal contratto di trasporto, senza specificare se vettore possa essere considerato il vettore effettivo, il subvettore o il vettore contrattuale.

In tale contesto, erroneamente la Corte d’appello avrebbe desunto dall’affermata responsabilità del vettore anche per gli atti e le omissioni dei propri dipendenti e degli altri soggetti di cui lo stesso si avvale per l’esecuzione del contratto, la carenza di legittimazione passiva del subvettore nel giudizio intentato dal destinatario della merce perduta, senza considerare che sia il contratto di trasporto nazionale, regolato dal codice civile, sia (quello internazionale, disciplinato dalla Convenzione di Ginevra, si atteggiano come contratto a favore di terzo.

3 Ragioni di ordine logico consigliano di partire dall’esame del terzo motivo di ricorso.

Le critiche in esso svolte sono fondate per le ragioni che seguono.

Occorre muovere dalla considerazione che l’art. 13 della Convenzione di Ginevra del 19 maggio 1956, relativa al contratto di trasporto internazionale di merci su strada (c.d. CMR), attribuisce, al pari dell’art. 1689 cod. civ., la titolarità del diritto all’indennizzo, in ragione della incidenza del pregiudizio conseguente alla perdita, ovvero al deterioramento delle cose trasportate. Ne deriva che, sia con riferimento alla disciplina codicistica, sia con riferimento alla disciplina dettata dalla Convenzione di Ginevra, il contratto di trasporto viene a configurarsi come contratto a favore di terzi. In tale contesto l’adesione manifestata dal destinatario con la richiesta di riconsegna della merce trasportata corrisponde alla dichiarazione del terzo di voler beneficiare della stipulazione in suo favore: in particolare, la sostituzione del destinatario al mittente, nei diritti derivanti dal contratto (tra i quali pacificamente rientra quello al risarcimento del danno per la perdita o l’avaria del carico), avviene nel momento in cui, arrivate le cose a destinazione o scaduto il termine, legale o convenzionale per il loro arrivo, lo stesso ne richieda la riconsegna (cfr. Cass. civ. 30 gennaio 2014, n. 2075; Cass. civ. 17 giugno 2013, n. 15107; Cass. civ. 4 giugno 2007, n. 12963; Cass. civ. 4 ottobre 1991, n. 10392).

4 Se tutto questo è vero, non v’è ragione per escludere che il destinatario abbia qualità di terzo in relazione, altresì, al contratto di subtrasporto. E invero, qualora il vettore abbia affidato di sua iniziativa l’esecuzione totale o parziale del trasporto di cose ad altro vettore – che viene così ad assumere la qualifica di subvettore – rimane integra in relazione al contratto di subtrasporto la costruzione dello stesso in termini di contratto a favore di terzi. Ne deriva che il destinatario, quale beneficiario del contratto, è legittimato ad esercitare nei confronti del subvettore diritti derivanti dalla sua sostituzione al mittente, compreso quello di esigere il risarcimento del danno per la perdita o l’avaria delle cose trasportate (cfr. Cass. civ. 28 settembre 2009, n. 20756; Cass. civ. 7 maggio 1999, n. 4593).

5 Siffatti principi, enunciati con riferimento al contratto di trasporto regolato dalle norme codicistiche, si prestano a operare anche con riferimento a quello regolato dalla Convenzione di Ginevra, non ostandovi diposizioni di segno contrario, né, tanto meno, ragioni di ordine logico.

L’errore giuridico in cui è incorso il giudice di merito è stato invero quello di ritenere il comb. disp. degli artt. 3 e 13 CMR – e segnatamente la norma in base alla quale il vettore risponde, come se fossero propri, degli atti e delle omissioni dei suoi dipendenti e di tutte le altre persone dei cui servizi si avvale per l’esecuzione del trasporto – preclusivo della praticabilità delle tutele offerte dalla disciplina del contratto a favore di terzo in relazione al contratto di subtrasporto e conseguentemente esperibile nei soli confronti del vettore l’azione volta a far valere le inadempienze del subvettore, laddove è vero il contrario, in pieno parallelismo con la disciplina del codice civile, ove il riconoscimento al destinatario della qualità di terzo in relazione al contratto di subtrasporto non preclude la perdurante operatività della regola di cui all’art. 1228 cod. civ.

Consegue da tanto che, in accoglimento del terzo motivo di ricorso, nel quale resta assorbito l’esame degli altri, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Trento, in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione alla Corte d’appello di Trento in diversa composizione.

Roma, 22 aprile 2015

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